Continua l’analisi degli effetti del giudicato penale nel processo tributario. Stavolta si esamina il peso di un’assoluzione per insufficienza di prove di fronte a un accertamento fiscale fondato su operazioni soggettivamente inesistenti. La Cassazione chiarisce quando il fisco può comunque procedere.
Giudicato penale e processo tributario: la Cassazione chiarisce i limiti
Non assume rilievo la pronuncia di assoluzione sul piano della consapevolezza della frode ai fini tributari laddove, a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti, sul piano della colpevolezza, il GUP abbia assolto l’imputato in base all’insufficienza della prova in punto di dolo dei reati contestati, ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p..
Tali esiti in sede penale non contrastano infatti con l’accertamento compiuto in ambito tributario, ove sia stata appurata la presenza di operazioni oggettivamente inesistenti, per cui alcun rilievo riveste il profilo della diligenza.
Il caso: assoluzione per insufficienza di prove per operazioni soggettivamente inesistenti
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di effetti nel giudicato penale, con particolare riferimento ad un giudizio in tema di operazioni inesistenti.
Nel caso in specie, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2013, 2014 e 2015, con cui recuperava a tassazione la deduzione di costi e la detrazione IVA afferenti a operazioni oggettivamente esistenti, relative a fatture emesse da una società “cartiera”.
La contribuente impugnava gli avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale li respingeva.
Avverso tale pron