I documenti non presentati in sede di contraddittorio

I documenti e le notizie non esibiti dal contribuente in sede di contraddittorio amministrativo possono essere presi in considerazione dal giudice tributario?

Documentazione non prodotta: norma

Secondo i commi 3 e 4 dell’articolo 32 del DPR n. 600/1973 (vd. l’omologa norma dettata dall’articolo 52, comma 5 del DPR n. 633/1972) tutto ciò che non è stato esibito dal contribuente su esplicita richiesta dell’Ufficio non può essere preso in considerazione a suo favore ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari contestualmente alla produzione di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile.

 

Interrogativo

Da ciò scaturisce il seguente interrogativo: documenti e notizie non esibiti in sede di amministrativa possono essere presi in considerazione dal Giudice tributario a fondamento della propria decisione?

 

 

Ultimo intervento del giudice di legittimità in merito di documenti non prodotti in sede amministrativa

Vediamo l’ultimo insegnamento della Cassazione (Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 17 giugno 2011, n. 13289) in materia.

  • La Corte Costituzionale, con ordinanza 7 giugno 2007 n. 181, ha escluso qualsiasi vizio di costituzionalità della norma in riferimento allo “art. 53 Cost., comma 1”, chiarendo che “la preclusione prevista dallanorma censurata (comma 3 e 4 dell’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973), risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti nonforniti dal contribuente in risposta all’invito dell’amministrazione finanziaria, opera sul pianoesclusivamente processuale ed è perciò inidonea a menomare il principio di capacità contributiva“.
    Mentre il principio di capacità contribuiva tutelato dall’art. 53 Cost. ha natura sostanziale, in quanto attiene al presupposto del tributo, le preclusioni relative all’allegazione in giudizio di documenti o dati hanno invece natura processuale, in quanto attengono alla tutela giurisdizionale dei diritti; quindi, la preclusione prevista dalla norma censurata, risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti non forniti dal contribuente in risposta all’invito dell’Amministrazione finanziaria, opera sul piano esclusivamente processuale ed è perciò inidonea a menomare il principio di capacità contributiva.
  • Il suddetto divieto, per poter convivere con i principi costituzionali di cui all’art. 24 e 53 Cost., necessita di un’applicazione piuttosto rigorosa e presuppone la sussistenza di precisi indici da cui si possa desumere la cattiva fede del contribuente nel non aver collaborato volontariamente con l’Amministrazione.
    L’inutilizzabilità della prova è collegata ad uno specifico comportamento del contribuente il quale, sottraendosi alla prova stessa, fornisce validi elementi per dubitare della genuinità dei documenti che siano riaffiorati nel corso del giudizio.
  • A non essere utilizzabili sono i dati e documenti espressamente e analiticamente richiesti dall’Amministrazione Finanziaria; questo perché altrimenti, con una richiesta generica l’Agenzia potrebbe evidentemente o costringere il contribuente ad un adempimento piuttosto vessatorio, o rendere inutilizzabile ogni documento e dato non prodotto.
  • Va adottata quindi una soluzione bilanciata in quanto sussiste sia la possibilità per il contribuente di vedersi riconosciuto appieno il diritto di difesa in giudizio solo se nell’ambito del procedimento tributario abbia tenuto un atteggiamento leale nei confronti dell’Agenzia, sia l‘applicazione della preclusione se al contrario il contribuente abbia avuto, colpevolmente, un comportamento affatto collaborativo.
    La chiave di lettura del divieto oggetto di esame si risolve nel principio di buona fede, che secondo un orientamento oramai consolidato, rappresenta uno dei cardini del diritto tributario (e esplicitato ora dallo Statuto del contribuente).

 

 

Formulazione in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo

La dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell’Ufficio per causa a lui non imputabile – che egli, ai sensi dell’art. 32, c. 5, del DPR 29 settembre 1973, n. 600, può formulare al fine di impedire la produzione degli effetti previsti dal comma quarto (impossibilità che le notizie non fornite siano prese in considerazione a suo favore) – deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non richiedendosi la prova contestuale della non imputabilità della causa dell’inadempimento. (Cass. civ. Sez. V, 30-12-2009, n. 28049 ).

Quando un contribuente ha dichiarato, all’atto di produrre la documentazione giustificativa, “di aver ricevuto la notifica del questionario nei giorni immediatamente precedenti il periodo feriale“, ritenendo che tale circostanza potesse automaticamente essere considerata una causa giustificativa dell’omissione a lui non imputabile la dichiarazione che, in uno con l’allegazione dei documenti non esibiti, da diritto all’esimente deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo, come pretende la norma ora in esame – articolo 32 – “proprio perché essa non richiede la prova contestuale di non imputabilità della causa d’inadempimento…” (Cassazione, sentenza 28049/2009).

 

 

Elemento psicologico del soggetto che omette di rispondere

Giova rilevare, infine , che secondo l’articolo 32 citato

“la mancata risposta al questionario, come la mancata esibizione o trasmissione di atti, documenti, libri e registri, in risposta agli inviti dell’ufficio, producono l’effetto di impedirne la considerazione a favore del contribuente, a prescindere dalle ragioni determinanti l’omissione; la norma, infatti, fa dipendere tale conseguenza dal fatto obbiettivo dell’omissione, senza alcun riferimento alle motivazioni della parte privata, ossia all’elemento psicologico del soggetto che omette di rispondere …”.

 

In relazione all’articolo 52 del DPR 633/1972, invece, deve osservarsi che “tale norma … contempla il ‘rifiuto’ di esibire (cui sono parificate la dichiarazione di non possedere o la sottrazione all’ispezione) libri, registri, scritture e documenti nel corso di accessi, ispezioni e verifiche; sicché essa è giustamente ritenuta applicabile, quanto alle conseguenze del rifiuto, soltanto in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell’amministrazione, nel corso delle suddette operazioni, e di un rifiuto o di un occultamento intenzionali da parte del contribuente, non essendo sufficiente il fatto puro e semplice della mancata esibizione (Cass. n. 9127/2006” ;Cassazione, sentenza 28049/2009).

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 52, c. 5, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, richiamato dall’art. 33 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, il quale esclude la possibilità di prendere in considerazione a favore del contribuente, in sede amministrativa e contenziosa, i documenti (libri, scritture, registri, etc.) che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli, o perché li ha comunque sottratti al controllo, presuppone uno specifico comportamento del contribuente, che, in quanto volto a sottrarsi alla prova, fornisca validi elementi per dubitare della genuinità dei documenti la cui esistenza emerga nel corso del giudizio.

La norma, pertanto, trova applicazione soltanto in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell’Amministrazione e di un rifiuto o di un occultamento da parte del contribuente, non essendo sufficiente che quest’ultimo non abbia esibito ai verbalizzanti i documenti successivamente prodotti in sede giudiziaria (Cass. civ. Sez. V, 19-04-2006, n. 9127).

La norma facente eccezione a regole generali, che non può essere applicata oltre i casi ed i tempi da essa considerati e deve essere interpretata, in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di obbligare il contribuente alla effettuazione di pagamenti non dovuti e, quindi, nel senso che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio (Cass. civ. Sez. V, 14-07-2010, n. 16536).

 

Il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa, presuppone che vi sia stata una specifica richiesta degli agenti accertatori, (non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di qualcosa che non si è richiesto), ed opera non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione “doloso”) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere i documenti in suo possesso, o li sottragga all’ispezione, non allo scopo di impedire la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dovuto a dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc. (Cass. civ. Sez. V, 14-10-2009, n. 21768).

 

La dimenticanza non presenta le caratteristiche di esimente prevista dalla norma (secondo la quale il contribuente, al momento dell’allegazione in sede contenziosa, può dichiarare di non aver adempiuto alle richieste dell’ufficio per causa a lui non imputabile) e, inoltre, può essere considerato un comportamento colposo.

 

Riguardo l’indagine sull’elemento psicologico, in generale, la giurisprudenza di legittimità ammette che

 

“il divieto di utilizzare documenti scatti ‘non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione doloso) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative ecc.) e, quindi, per colpa” (Cass. 26 marzo 2009, n. 7269:Cassazione, sentenze 21968/2009, 21770/2009 e 22765/2009).

27 luglio 2011

Terlizzi Antonio