Perdita delle agevolazioni "prima casa": la Cassazione è ferma sull'inderogabilità delle regole

in caso di acquisto della prima casa con le agevolazioni, il contribuente deve fare attenzione a tutti i vincoli imposti per accedere al regime fiscale agevolato, pena la perdita delle agevolazioni stesse

 

Con sentenza n. 6613 del 23 marzo 2011 (ud. del 24 gennaio 2011) la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle agevolazioni prima casa, rimanendo ferma sulla inderogabilità delle precise regole previste per poter godere dei benefici fiscali.

 

Il processo

La controversia origina dall’impugnazione di una avviso di liquidazione INVIM con il quale si revocavano parzialmente le agevolazioni “prima casa” e si chiedeva il pagamento dell’imposta nella misura del classamento operato a seguito di specifica richiesta ai sensi del D.L. n. 70 del 1988, art. 12, relativamente alla vendita da parte dei contribuenti ad altro comproprietario delle quote da loro possedute relativamente ad una palazzina uso abitazione con box e di un laboratorio artigianale.

La Commissione adita accoglieva i ricorsi ritenendo che nel caso in esame la palazzina fosse stata ceduta per costituirvi un’unica unità abitativa e che in relazione al locale laboratorio non erano stati specificati gli elementi che avevano determinato la rendita attribuita al bene e che in ogni caso risultava provato un valore minore del classamento.

La decisione era riformata in appello, avverso la quale i contribuenti propongono ricorso per cassazione. Resiste l’amministrazione con controricorso.

 

La sentenza

La sentenza impugnata è fondata su una doppia ratio decidendi.

La prima è costituita dal conseguito convincimento che nella fattispecie essendo due, ed autonomi, gli appartamenti e box ceduti, identificati in un diverso mappale e diversamente classificati sotto il profilo catastale, non potesse riconoscersi l’agevolazione “prima casa”.

Vero è che questa Corte ha affermato che, “in tema di agevolazioni tributarie, i benefici per l’acquisto della ‘prima casa’ previsti dal D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, convertito con modificazioni dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, possono riguardare anche alloggi risultanti dalla riunione di più unità immobiliari, purchè le stesse siano destinate dall’acquirente, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa: pertanto, il contemporaneo acquisto di due appartamenti non è di per sè ostativo alla fruizione di tali benefici, a condizione che l’alloggio così complessivamente specificate dalla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13, nella tipologia degli alloggi ‘non di lusso’ (Cass. nn. 24986/2006, 4739/2008). Ma, perchè il beneficio sia riconosciuto quando più sono le unità immobiliari contemporaneamente acquistate, occorre che sussistano due condizioni: la destinazione da parte dell’acquirente di dette unità immobiliari, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa; la qualificabilità come alloggio non di lusso dell’immobile così ‘unificato’“.

Ma di tutto questo nel caso di specie – rileva la Cassazione – non c’è prova. E tale “onere grava sul contribuente: ma parte ricorrente, da un lato, mostra di ritenere erroneamente che debba essere l’Ufficio a dare prova della spettanza delle agevolazioni (in contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte: v. Cass. n. 20376/2006), dall’altro, non offre alcun elemento in ordine al fatto che i contribuenti avessero offerto in giudizio la prova della destinazione delle unità immobiliari a costituire un’unica abitazione (non essendo sufficiente che unica sia la titolarità delle medesime) e delle caratteristiche ‘non di lusso’ dell’immobile in questione, considerato nel suo complesso”.

 

Brevi riflessioni

Il complesso quadro normativo – previsto dalla legge 22 aprile 1982, n. 186 – , prevede l’applicazione di benefici fiscali per gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della piena proprietà o della nuda proprietà, abitazione, uso ed usufrutto relativi ad unità immobiliari non aventi le caratteristiche d’abitazioni di lusso, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

Il regime agevolato attualmente in vigore – cfr. art. 3, c. 131, della legge n. 549/95 e art. 7, c. 6, della legge n. 488/99 – offre l’applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta ( 3%) o alternativamente l’Iva con aliquota ridotta ( 4%), e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, sempre che:

  • l’abitazione oggetto di trasferimento sia un’abitazione “non di lusso “;

  • l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione;

  • nell’atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell’aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti) l’acquirente dichiari di voler stabilire la residenza nel comune dell’acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell’attività (vedi sopra );

  • di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato (se si è già goduto dei benefici prima casa è possibile goderne nuovamente se quanto acquistato in passato non è più nella titolarità del soggetto acquirente, all’atto del nuovo acquisto );

  • di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa “, a partire da quelle previste dalla legge 22.04.82 n.168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l’acquisto agevolato).

 

Si ricorda che con Ordinanza n. 13800 del 9 giugno 2010 (ud. del 29 aprile 2010) la Corte di Cassazione aveva continuato ad applicare la linea dura – ma assolutamente conforme alla norma – in materia di decadenza delle agevolazioni prima casa. In detta sentenza la C.T.R. si era limitata a tale proposito ad affermare che “la mancanza di altre abitazioni disponibili nel comune di F.d.P. è parimenti plausibile perché chi ha acquistato una casa per abitarla spera di ultimare in fretta i lavori e nello stesso tempo non conclude un contratto per altra abitazione“.Tale motivazione è stata ritenuta insufficiente “perché non rende conto dell’affermazione relativa alla mancanza di altre abitazioni disponibili e per altro verso contraddittoria perché nell’ipotizzare le ragioni che hanno portato l’acquirente a non trasferire provvisoriamente in un altro immobile del comune di F.d.P. la propria residenza smentisce la precedente affermazione circa l’irreperibilità di altri alloggi disponibili e svalorizza l’affermazione di una causa di forza maggiore consistita nella protrazione dei lavori e nella impossibilità di trovare provvisoriamente un altro alloggio da adibire a propria residenza in attesa della fine dei lavori”.La Corte, quindi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della C.T.R. del Veneto che valuterà l’eventuale esistenza di una causa di forza maggiore che abbia effettivamente impedito all’acquirente di trasferire nel termine di legge la propria residenza nel territorio del Comune di F.d.P. e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Nella sentenza in rassegna la Corte, pur prendendo atto che anche nell’ipotesi di acquisto di due appartamenti contigui è possibile godere delle agevolazioni prima casa, pur tuttavia resta necessario che l’insieme delle unità non facciano superare la soglia del lusso, e ciò lo deve provare il contribuente.

 

27 maggio 2011

Francesco Buetto