I termini di notifica della cartella esattoriale che segue il giudicato

Quando il contribuente soccombe, anche parzialmente, in un processo tributario deve pagare parte della somma contestata: quali sono i termini per notificargli la cartella?

I giudici della C.T.P. di Roma con la recente sentenza n. 62/01/11 dep. il 21/02/2011 intervengono sulla questione dei termini di notifica di una cartella riguardante somme dovute in base al giudicato.

Il problema dovrebbe riguardare invero solo l’ultima delle iscrizioni a ruolo disposte dall’ufficio (ci si riferisce evidentemente ai contenziosi su atti di accertamento), ovvero il terzo residuo della somma dovuta.

Come noto, l’ufficio finanziario nelle more del giudizio di primo grado dispone l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio

“per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”

ai sensi dell’art. 15 del D.p.r. n. 602/73 e, a seguito di sentenza favorevole e prima ancora che la stessa diventi definitiva, “per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso” ai sensi dell’art. 68 D.lgs. 546/92, in questo caso con applicazione anche delle sanzioni.

Sui termini per l’iscrizione a ruolo o, meglio, della notifica della cartella relativa a somme residue ancora dovute a seguito del passaggio in giudicato della pronuncia, si registra in effetti la contrapposizione tra la tesi dell’amministrazione finanziaria, facente leva sul termine decennale di prescrizione (come sostenuto anche nel giudizio in esame) e la tesi del contribuente secondo cui, al contrario, la notifica dovrebbe avvenire entro e non oltre “il secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo” secondo quanto stabilisce l’art. 25, lettera c) del D.p.r. 602/73.

In sostanza mentre la tesi del contribuente fa leva sull’equiparazione del passaggio in giudicato della sentenza con la definitività dell’accertamento, l’ufficio sostiene che, in mancanza di una norma che riguardi il caso in esame e dovendo escludere l’applicazione del predetto articolo 25 in quanto riferito al diverso caso dell’accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione, deve necessariamente farsi riferimento al termine ordinario di prescrizione.

 

 

Il pensiero dei giudici provinciali

I giudici Romani accolgono la tesi del contribuente, affermando in particolare come l’accertamento della somma dovuta sia divenuto definitivo con il passaggio in giudicato della sentenza.

A supporto di tale principio richiamano la giurisprudenza della Suprema Corte sent. 13333 del 10 giugno 2009 la quale ha affermato che l’accertamento può divenire definitivo, non solo per mancata impugnazione nei termini di legge ma anche, ed a maggior ragione, a seguito di una sentenza che si è pronunciata sullo stesso con conseguente impossibilità di applicazione del termine decennale di prescrizione.

Afferma testualmente il Giudice di legittimità nella citata sent. n. 13333/09 come “Il passaggio in giudicato della sentenza su un accertamento contestato comporta la definitività dell’accertamento stesso. L’accertamento infatti, può divenire definitivo per mancata impugnazione nei termini di legge e, a maggior ragione, a seguito di una sentenza che si è pronunciata sullo stesso e si connota come giudicato formale ai sensi dell’art. 324 c.p.c.. Consegue che non può ritenersi applicabile il termine prescrizionale decennale…”.

 

 

I precedenti giurisprudenziali

I rari precedenti sul punto paiono, tuttavia, mettere in evidenza un orientamento tutt’altro che uniforme.

Pochi anni addietro, nel 2008, la stessa Commissione tributaria provinciale di Roma con sent. n. 162/2/08 dep. il 10/06/2008 si esprimeva in senso apparentemente contrario alla pronuncia in esame.

Pur senza affermare esplicitamente l’applicabilità del termine ordinario di prescrizione decennale, i giudici provinciali affermavano che, per la richiesta di decadenza dal potere impositivo dell’ufficio, con riferimento ad un’iscrizione a ruolo disposta a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza di rigetto del ricorso avverso un avviso di accertamento, è improprio invocare la violazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 in quanto tale norma si riferisce chiaramente alle iscrizioni a ruolo “da accertamento definitivo” mentre, nella fattispecie in esame, titolo legittimante l’iscrizione a ruolo era la predetta pronuncia di rigetto passata in giudicato.

Intervenuto a pochi mesi di distanza dalla sent. citata n. 13333/09 è, infine, il significativo intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sent. n. 25790 del 10 dicembre 2009.

La Suprema Corte, con puntuali argomentazioni, ha affermato nell’occasione che la riscossione può essere fatta valere entro il termine decennale di prescrizione dalla formazione del giudicato.

Il ragionamento seguito dai Giudici di legittimità mette in risalto la sostanziale differenza tra l’attività di esecuzione di un atto amministrativo di accertamento divenuto definitivo ed il provvedimento del giudice che definisce la lite.

Mentre il primo si caratterizza dal presupposto dell’acquiescenza all’atto stesso da parte del destinatario, il provvedimento del giudice che definisce la lite conferisce all’atto contestato il crisma della verifica giurisdizionale, nell’ambito di un rapporto trilaterale, nel quale interviene lo Stato non più soltanto come parte (amministrazione finanziaria), ma anche in quanto “controllore di se stesso”.

Le Sezioni Unite affermano in altri termini che gli effetti del giudicato non possano essere assimilati a quelli della mera acquiescenza amministrativa che si esaurisce nell’ambito di un rapporto giuridico amministrativo bilaterale, all’interno del quale, sostanzialmente, il contribuente riconosce la legittimità della pretesa fiscale.

La conclusione è che tale pretesa “condivisa” va posta in esecuzione nei tempi più rapidi previsti dalla disciplina amministrativa, precontenziosa, propri del rapporto tributario.

 

14 aprile 2011

Ugo Mangiavacchi