La distrazione delle spese di lite processuale

Affrontiamo il caso della distrazione delle spese, ex art. 93 c.p.c., ipotesi in cui in cui il professionista si propone come anticipatario delle spese processuali e quindi beneficiario del versamento, per opera di controparte, nel caso di condanna di quest’ultima alla refusione delle spese stesse. (A cura di Antonino Russo)

Il presente articolo espone il caso del “protagonismo” diretto del difensore in tema di spese di lite, in altre parole affronta brevemente la fattispecie della distrazione delle spese, ex art. 93 c.p.c., ipotesi in cui in cui il professionista si propone come anticipatario delle spese processuali e quindi beneficiario del versamento, per opera di controparte, nel caso di condanna di quest’ultima alla refusione delle spese stesse.

 

 

Le spese di lite – Premessa

Affrontiamo il caso della distrazione delle spese, ex art. 93 c.p.c., ipotesi in cui in cui il professionista si propone come anticipatario delle spese processuali e quindi beneficiario del versamento, per opera di controparte, nel caso di condanna di quest’ultima alla refusione delle spese stesse.Il nostro ordinamento processuale contempla un sistema di regolamento delle spese di lite basato sul principio della “soccombenza”; grazie a questo criterio la parte vittoriosa in giudizio è tenuta indenne da qualsivoglia decremento di carattere economico derivante da una causa che ha decretato il fondamento delle ragioni di quella stessa parte, evidentemente costretta ad agire in giudizio indebitamente.

E’ di palmare evidenza che, nei processi che impongono la nomina del difensore (e nel processo tributario tale obbligo sussiste ex art. 12 D.lgs 546792 nelle controversie di valore superiore ad € 2582,28), se il costo delle spese non fosse “riversabile” sulla parte soccombente – in virtù del suindicato principio – si assisterebbe a numerose ipotesi di rinuncia all’azione legale, fatto equivalente ad una vera e propria abdicazione del proprio diritto di difesa, pur garantito dall’art. 24 della nostra carta costituzionale.

Così l’ assetto normativo della condanna alle spese permette alla stessa parte vittoriosa di ottenere il ristoro di quelle somme che essa ha anticipato ex art. 8 D.P.R. 30/5/2002 n.115(1), norma espressamente applicabile al processo tributario e che in pratica ha sostituito l’abrogato art.90 c.p.c..

In questo sistema, il cliente-parte è coinvolto dalla problematica delle spese processuali in una duplice veste:

  • quale anticipatario, e nei confronti del proprio patrocinante, in corso di causa ed ex art. 8 citato D.P.R. ;
  • quale indennizzato o indennizzante, e nei confronti della parte avversa, all’esito favorevole del grado di giudizio e – rispettivamente – in caso di vittoria o soccombenza .
Siffatto tipo di regolamentazione non è però immune da deroghe.

L’eccezione alla regola dell’anticipazione delle spese trova ragione in una norma del nostro codice di procedura civile (l’art. 93) che espressamente(2) concede al professionista la facoltà di anticipare le spese conferendogli, nel contempo,una adeguata tutela per il recupero delle predette.

 

 

La distrazione delle spese di lite

La distrazione delle spese di lite rappresenta l’eccezione all’ art. 8 D.P.R. 30/5/2002 n.115 e all’art. 2234 c.c.(3) in tema di onere di anticipazione delle spese al rappresentante .

Essa ha natura giuridica di provvedimento autonomo del giudice che dichiara il sorgere di un diritto di credito direttamente a favore del difensore .

Il rapporto che si instaura tra quest’ultimo e il debitore, cioè la parte soccombente, non sostituisce ma affianca il rapporto tra lo stesso difensore ed il proprio cliente, così – qualora la somma liquidata in sentenza – risultasse inferiore a quella corrispondente alle prestazioni effettuate resterebbe salva al patrocinante la facoltà di pretendere dal quest’ultimo il residuo degli onorari.

L’assistito, a sua volta, ha un vincolo peculiare , ben descritto dalla dalla Suprema Corte, sez III, nella sentenza del 12-11-2008, n. 27041 sui limiti che questa ipotesi impone alla parte che

“anche se ha provveduto al pagamento per intero delle competenze dovute al proprio difensore, per quanto distrattario, non può agire esecutivamente nei confronti della controparte per essere soddisfatta delle somme oggetto di distrazione se non dopo aver richiesto la revoca della distrazione, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., provando di aver soddisfatto il credito del difensore prima della distrazione o anche successivamente; ne consegue che, finché non sia intervenuta tale revoca, il difensore distrattario è l’unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell’importo delle spese e degli onorari”.

La ratio dell’istituto è di facile individuazione: essa si giustifica in elementi di equità ed opportunità che, a loro volta, si fondano sulla stima di un elevato grado di probabilità di vittoria nel giudizio e di una sicura “affidabilità” economica della controparte.

Ben vero, questi due parametri permettono – da un lato – a soggetti non abbienti una assistenza processuale adeguata senza ricorso ad istituti come il gratuito patrocinio e, comunque in tutti i casi, non implicano l’impiego di più operazioni quali l’anticipazione al professionista degli onorari di causa da parte del cliente e il “riversamento” , dal primo al secondo, di quanto ricevuto dalla parte soccombente in conseguenza dell’attribuzione della condanna accessoria.

 

Affinchè il giudice possa disporre la distrazione ex art. 93 c.p.c. devono quindi essere sussistenti 3 presupposti:
  1. una dichiarazione del professionista d’aver anticipato le spese del giudizio e l’istanza di distrazione delle stesse in proprio favore;
  2. la carenza di alcuna revoca , in corso di causa, della predetta istanza;
  3. la soccombenza della controparte;

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 21070/09) ha statuito che è assolutamente preclusa al giudice alcuna indagine sulla corrispondenza al vero della dichiarazione resa dal professionista, rappresentatosi come distrattario (o, secondo, altra locuzione comunemente usata : “antistatario”).

La Suprema Corte, nella medesima decisione, ha altresì ribadito che l’omessa pronuncia sulla istanza presentata ex art. 93 c.p.c. si sostanzia in una violazione dell’art. 112 c.p.c. e, pertanto, costituisce motivo di eventuale appello e non presupposto per una rettifica della sentenza affetta da errore materiale.

In pratica, il difensore acquisisce la qualità di parte limitatamente al capo della pronuncia che riguarda l’attribuzione delle spese e quindi, oltre a partecipare in proprio al giudizio di grado superiore, può muovere censure alla sentenza che abbia respinto l’istanza di distrazione o che , come detto, sia carente di pronuncia in tale senso; ne deriva che la legittimazione ad impugnare l’inadeguatezza delle spese liquidate, o “a fortiori” un eventuale provvedimento di compensazione delle stesse, resta esclusivamente posta in capo alla parte e quindi non si estende anche al patrocinante .

Per quel che attiene la forma dell’istanza di distrazione, va sottolineato che essa non necessita di forme particolari e di istruzione probatoria essendo sufficiente che il difensori si dichiari antistatario.

Il momento della proposizione di detta istanza non deve inderogabilmente coincidere con la notificazione o con il deposito del primo atto difensivo ma – essendo destinata ad una decisione del singolo grado di giudizio(4) – deve evidentemente essere rappresentata prima della relativa pronuncia giudiziale , tant’è che la Suprema Corte (sez. III, 12/01/2006, n.412) ha avuto occasione di rimarcare che

“la richiesta di distrazione delle spese in suo favore può essere formulata dall’avvocato anche nelle conclusioni o in comparsa conclusionale, senza che per questo venga violato il divieto del “novum” nel giudizio di legittimità, atteso che, per tale domanda, che è autonoma rispetto all’oggetto del giudizio, non sussiste l’esigenza di osservare il principio del contraddittorio , per difetto di interesse della controparte a contrastarla” .

Qualora poi l’esito di primo grado dovesse essere totalmente sovvertito, la condanna alla restituzione delle spese processuali versate all’intestatario investirebbe direttamente quest’ultimo e non il proprio assistito, in virtù della (già descritta) autonomia del rapporto tra il primo e il contraddittore.

Da un punto di fiscale(5), va comunque rammentato che il pagamento materiale da parte del soccombente nulla tange sull’obbligo di fatturazione del professionista in favore del proprio cliente.

 
 
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NOTE

  1. DPR 30/5/2002 n. 115 Titolo III “disposizioni generali relative al processo civile, amministrativo, contabile, tributario“ , art.8 “onere delle spese” c. 1 “Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato”; c. 2 “se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall’erario o prenotate a debito, secondo le previsioni della parte III del presente testo unico”.

  2. Art. 93 c.p.c. c.1: “il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate”, c. 2 “finchè il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese”.

  3. Art. 2234 c.c. “il cliente, salvo diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d’opera le spese occorrenti al compimento dell’opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso”.

  4. App. Roma, sez I, 25/07/2005.

  5. v. Moscato “Il regime fiscale delle spese degli onorari e delle spese gravanti sulla parte soccombente” in “Il fisco” n.4/2007.

 

 

12 luglio 2010

Antonino Russo