Stop alla compensazione delle spese di lite nel processo tributario

dopo le modifiche al codice di procedura civile, la compensazione delle spese di lite nel processo tributario non dovrebbe più essere una prassi giurisprudenziale data la palese illiceità di provvedimenti sulle spese motivati ad esempio nella seguente maniera: “sussistono giusti motivi per compensare le spese”

Stop alla compensazione delle spese di lite, i Giudici devono condannare la parte soccombente

Il principio

In ordine al nuovo testo dell’art. 92 c.p.c. si è consolidato l’orientamento per il quale le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione ed in presenza delle quali – o, in alternativa alle quali, della soccombenza reciproca – il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, devono trovare puntuale riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e comunque devono essere appunto indicate specificamente.

Non è consentito, alla stregua del testo attualmente vigente dell’art. 92 c.p.c., al giudice compensare le spese del giudizio con la mera asserzione della sussistenza di giuste ragioni, occorrendo invece la previa individuazione e l’esplicita e puntuale descrizione in motivazione di gravi ed eccezionali ragioni, diverse dalla soccombenza reciproca.

Il codice di rito prevede che, affinché il giudice possa disporre in tal senso, occorrono la previa individuazione e l’esplicita e puntuale descrizione in motivazione di gravi ed eccezionali ragioni diverse dalla soccombenza reciproca.

Tale interessante assunto è stato precisato dalla Cass. civ. Sez. III,con sentenza del 20-04-2012, n. 6279.

 

Compensazione delle spese di giudizio

Sino alla novità apportata dalla L. n. 69/2009 all’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese poteva essere disposta, oltre che per soccombenza reciproca, anche per “giusti motivi”. Secondo la novella, ferma restando la possibilità di compensare le spese per soccombenza reciproca, occorrono “gravi ed eccezionali ragioni”, il che è sintomatico della volontà del legislatore di ridurre le ipotesi di compensazione delle spese.

Il giudice salvo il caso di soccombenza reciproca può procedere alla compensazione solo se concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. Casi di soccombenza reciproca sono, ad esempio, il rigetto delle richieste di ambedue le parti, la rinuncia ad alcune domande, l’accoglimento di alcune domande o di alcuni capi della domanda.

La modifica è stata realizzata proprio con l’intento specifico di incidere sulla comoda e ormai consolidata prassi dei giudici anche tributari di dichiarare compensate le spese del giudizio in assenza di gravi ed eccezionali ragioni.

Tale modifica legislativa, applicabile nel processo tributario in virtù del principio di integrazione di cui all’articolo 1 del D.lgs. 546/92, vuole garantire una migliore attuazione del principio del victus victori e vuole incidere profondamente sul modus decidendi dei giudici tributari, i quali dovranno indicare esplicitamente in motivazione la presenza di gravi ed eccezionali motivi di compensazione ,ossia di deroga al generale principio di condanna alla refusione delle spese di lite a carico della parte soccombente.

La citata novella, applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009, costituisce un’ulteriore argomentazione per sostenere la palese illiceità di provvedimenti sulle spese motivati nella seguente maniera: “sussistono giusti motivi per compensare le spese”, o, dopo la riforma, “sussistono gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione delle spese”(1)

 

 

Nota

1) In tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza delle quali, ai sensi dell’art. 92, c. 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio non possono essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato né dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato compensate le spese in un giudizio di opposizione avverso l’irrogazione di sanzione amministrativa, sul presupposto della limitata attività difensiva della parte, correlata alla natura della controversia) (Cass. civ. Sez. VI, 15-12-2011, n. 26987).

In materia di spese processuali la compensazione è subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni che il giudice è tenuto ad indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza (fattispecie in cui è stato ritenuto insufficiente il mero richiamo alla formula generica “in considerazione delle questioni trattate”, non altrimenti specificate e senza che vi fosse soccombenza reciproca tra le parti) (Cass. civ. Sez. VI, 13-07-2011, n. 15413). L’art. 922 c. 2, c.p.c., nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche.

In particolare, anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise (nella specie, la S.C. ha cassato, decidendo poi nel merito, la statuizione sulla compensazione delle spese per aver il TSAP dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse processuale del ricorrente, senza affrontare alcuna questione “nuova”) (Cass. civ. Sez. Unite, 22-02-2012, n. 2572).

 

22 settembre 2012

Antonio Terlizzi

 

Allegato

ESECUZIONE FORZATA

Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-04-2012, n. 6279

 

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

1.1. L.A. e l’avv. Roberto Buonanno, rispettivamente procedente ed interventore in un’espropriazione presso terzi ai danni dell’ASL NA (OMISSIS) e nei confronti del suo tesoriere Banco di Napoli spa, ricorrono per la cassazione della sentenza n. 300 del 3.5.10 del tribunale di Napoli – sez. dist. di Pozzuoli, con la quale, nonostante sia stata accolta la loro ordinanza opposizione agli atti esecutivi avverso precedente ordinanza con cui erano stati loro negata l’assegnazione nonostante la positiva dichiarazione del terzo (benchè per somma oltre il limite dell’art. 546 cod. proc. civ.) e fissato il termine per l’inizio del giudizio di accertamento ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ., le spese del giudizio sono state compensate con la motivazione “sussistono giuste ragioni”;

1.2. che gli intimati ASL NA (OMISSIS) e Banco di Napoli non svolgono attività difensiva in questa sede, mentre, per la successiva pubblica udienza del 27.3.12, i ricorrenti illustrano le loro posizioni con memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., insistendo sulla questione di illegittimità costituzionale dell’art. 360-bis cod. proc. civ..

 

Motivi della decisione

2. I ricorrenti, sviluppando due motivi:

2.1. con il primo, lamentano violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nel testo applicabile alla specie (cioè, quello risultante dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, essendo stata la controversia intrapresa con ricorso del 29.1.10, avverso ordinanza resa in data 15.1.10), in mancanza di quelle gravi ed eccezionali ragioni sole a giustificare la compensazione delle spese;

2.2. con il secondo, si dolgono di omessa motivazione ed ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, essi evidenziano la carenza assoluta di specificazione delle gravi ed eccezionali ragioni, da indicare invece esplicitamente nella motivazione, a giustificazione della pure disposta compensazione;

2.3. e comunque argomentano per l’ammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ., nonostante in precedenza la giurisprudenza di legittimità si sia sempre orientata in senso opposto; ad ogni buon conto dispiegando pure questione di legittimità costituzionale della norma di rito da ultimo richiamata, per contrarietà del “filtro” con essa introdotto agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nonchè art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ritenendo appunto che il c.d. filtro introdotto con tale norma, nel caso di mancanza di precedenti difformi e comunque per l’inesistenza o l’inaffidabilità di sistemi di ricerca sugli stessi, limiterebbe oltremodo l’effettivo esercizio del diritto di difesa in sede di impugnazione.

3. Va, preliminarmente, esclusa la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 360-bis cod. proc. civ., visto che il medesimo non potrebbe trovare applicazione alla fattispecie:

infatti, la giurisprudenza di legittimità addotta dagli stessi ricorrenti come contraria alla tesi da loro sostenuta si riferisce al testo dell’art. 92 cod. proc. civ. applicabile alle cause iniziate prima delle riforme del 2005 – con la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), – e del 2009 – con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11 – e pertanto non pregiudica affatto, attesa la necessità di valutare la questione alla stregua proprio delle richiamate riforme, l’interpretazione della norma invocata, come modificata da queste ultime.

4. Infatti, già prima delle richiamate riforme l’orientamento di questa Corte si era modificato nel senso della necessità di un adeguato supporto motivazionale a sostegno della disposta compensazione (Cass. Sez. Un., 30 luglio 2008, n. 20598); e, nel frattempo, anche in ordine al nuovo testo dell’art. 92 cod. proc. civ. si è consolidato l’orientamento per il quale le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione ed in presenza delle quali – o, in alternativa alle quali, della soccombenza reciproca – il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, devono trovare puntuale riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (Cass., ord. 15 dicembre 2011, n. 26987) e comunque devono essere appunto indicate specificamente (Cass., ord. 13 luglio 2011, n. 15413; Cass. 20 ottobre 2010, n. 21521).

5. Pertanto, i due motivi di gravame, unitariamente considerati ed a prescindere dalla correttezza o meno dei richiami alle fattispecie di cui all’art. 360 cod. proc. civ., sono fondati; ne segue la necessità di cassare la sentenza quanto alle statuizioni sulle spese di lite, con rinvio al giudice del merito (da indicarsi genericamente nel tribunale di Napoli, restando la sezione distaccata di Pozzuoli una sua mera articolazione interna e rilevando la medesima direttamente in sede di riassunzione), in persona di diverso giudicante, al fine di una nuova valutazione al riguardo e della regolamentazione complessiva delle spese di lite, comprese quelle del giudizio di legittimità, che si atterrà al seguente principio: non è consentito, alla stregua del testo attualmente vigente dell’art. 92 cod. proc. civ., al giudice compensare le spese del giudizio con la mera asserzione della sussistenza di “giuste ragioni”, occorrendo invece la previa individuazione e l’esplicita e puntuale descrizione in motivazione di “gravi ed eccezionali ragioni”, diverse dalla soccombenza reciproca.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza in relazione alla censura accolta, con rinvio al tribunale di Napoli, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.