Accertamento sulle compravendite immobiliari: si può vincere contro il Fisco

Il solo scostamento del prezzo di cessione dal “valore normale” dell’immobile non giustifica l’accertamento in rettifica… e quindi si può vincere il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate…

1.Accertamenti fiscali sulle compravendite immobiliari – Premessa

Come noto, la disciplina vigente prima della riforma effettuata dalla L. 88 del 7 luglio 2009, consentiva all’Amministrazione – relativamente alle operazioni aventi ad oggetto la cessione di beni immobili e relative pertinenze – di rettificare direttamente la dichiarazione annuale IVA, Imposte sui Redditi e conseguentemente IRAP, quando il corrispettivo della cessione medesima fosse stato dichiarato in misura inferiore al c.d. “valore normale” del bene(1).

Ad introdurre la previgente normativa era stato l’art. 35 del D.L. 233 del 2006 che, modificando l’art. 54, c. 3, del D.P.R. 633/72 e l’art. 39, c. 1, lett. d, del D.P.R. 600/73, aveva introdotto la suddetta presunzione legale in base alla quale l’Ufficio poteva effettuare gli accertamenti, ai fini Iva ed imposte sui redditi, sulla base del valore normale degli immobili trasferiti.

Siffatta modalità di accertamento, in materia di IVA, ha da subito incontrato l’ostilità dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili che, sostenendo l’incompatibilità della norma in oggetto con la disciplina comunitaria, a meno di un anno dall’entrata in vigore della modifica, ha chiesto l’intervento della Commissione Europea attraverso l’attivazione, nei confronti dell’Italia, della procedura di infrazione n. 2007/4574 prevista dall’articolo 226 del trattato CE.

Nell’ambito di tale procedimento la Commissione Europea, con parere motivato, ha censurato la normativa di cui si parla accogliendo in toto le critiche esposte dall’ANCE.

Pertanto, l’art. 54, comma 3, del D.P.R. 633/72, così come modificato dall’art. 35 del D.L. 233 del 2006, è stato dichiarato in contrasto con l’articolo 73 della Direttiva IVA (2)che dispone che la base imponibile IVA è costituita dal corrispettivo pattuito dalle parti, coincidente con quello esposto in fattura, e non da valori statistici.

In sostanza, la previsione di una rettifica dell’imposta sul valore aggiunto basata su dati determinati da un soggetto terzo, estraneo al rapporto di compravendita immobiliare, viola i principi del libero mercato secondo i quali il prezzo di un bene è definito sulla base delle regole della domanda e dell’offerta.

 

 

2. La modifica legislativa e la Prassi amministrativa.

Il parere espresso dalla Commissione Europea ha indotto lo Stato italiano, con la legge Comunitaria 2008, la n. 88 del 7 luglio 2009, ad eliminare dall’art.54, c. 3, del D.P.R. 633/1972 (ai fini IVA) e dall’art.39, c. 1, lett. d, del D.P.R. 600/1973 (ai fini Imposte sui Redditi), il riferimento al “valore normale”, quale strumento di accertamento automatico del corrispettivo di cessione degli immobili.

Di conseguenza, l’eventuale difformità tra il corrispettivo di cessione ed il “valore normale” rappresenterà una mera presunzione semplice, che non potrà più legittimare accertamenti automatici in capo alle imprese.

A seguito dell’entrata in vigore della legge Comunitaria 2008 e delle modifiche da essa apportate, l’Agenzia delle Entrate, con la recentissima Circolare n. 18/E del 14 aprile 2010, ha esplicato gli effetti che suddette modifiche determinano negli accertamenti relativi alle cessioni di beni immobili, con particolare riferimento alle situazioni non ancora definite.

Nella circolare citata viene espressamente indicato che:

“l’abrogazione della presunzione legale relativa a suo tempo introdotta dal decreto-legge n. 223 del 2006, produca effetti anche con riferimento al periodo pregresso. Tanto si desume dalla circolare n. 11 del 16 febbraio 2007, paragr. 12.4, con la quale è stato affermato che la norma introdotta dal D.L. n. 223/2006 (e – a maggior ragione – la successiva norma abrogativa) ha natura procedimentale” e che, pertanto, “ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta ancora accertabili”.

 

L’Amministrazione, inoltre precisa che, essendo venuta meno la presunzione legale relativa a favore dell’Ufficio, occorrerà valutare, nelle controversie pendenti,

“se le motivazioni degli accertamenti impugnati si dimostrino comunque adeguate o se, invece, si rilevino insufficienti da richiedere l’abbandono del contenzioso in corso, tenuto conto dello stato e grado del giudizio”.

 

La posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate è chiara: lo scostamento tra il prezzo di vendita dell’immobile indicato nel contratto di compravendita e il valore normale dello stesso rappresenta una presunzione semplice che, da sola, non può comportare l’emissione di un avviso di accertamento, ed è, pertanto, necessario, che sussistano altri e diversi elementi presuntivi che tra loro associati siano idonei a sostenere la pretesa tributaria.

E ciò vale tanto per gli accertamenti in corso, quanto per quelli per i quali sia già stato instaurato il contenzioso tributario poiché, la natura procedimentale della norma, abrogata, introduttiva della presunzione legale ne consente l’applicazione e, di conseguenza, la disapplicazione anche nei casi in cui l’accertamento sia già stato effettuato e sia pendente il relativo giudizio instaurato, con ricorso, dal contribuente.

In quest’ultima ipotesi, l’Ufficio dovrà valutare la fondatezza della pretesa tributaria avanzata, ed abbandonare il processo instaurato quando essa risulti fondata esclusivamente sullo scostamento tra il valore normale dell’immobile acquistato ed il valore dichiarato nell’atto di compravendita.

 

 

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NOTE

1) Il valore normale dell’immobile è determinato dal prodotto fra la superficie in metri quadri, di regola risultante dal certificato catastale, e il valore unitario determinato sulla base delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del mercato immobiliare e dei coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell’immobile. Le quotazioni dell’Osservatorio sono riferite alla relativa zona omogenea o, in mancanza, a quella limitrofa o analoga censita, al periodo dell’atto di compravendita o a quello antecedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto che ha data certa, e allo stato conservativo “normale”.

2) Direttiva del consiglio europeo n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006.

 

16 luglio 2010

Maria Leo