Accertamenti sulle compravendite immobiliari: il valore delle presunzioni

in caso di accertamento sul valore delle compravendite immobiliari quale valore hanno le presunzioni del fisco? Uno degli indici più utilizzati è quello della banca dati dei valori OMI

La valenza delle presunzioni nel campo dell’edilizia

Con due recenti sentenze (nn. 11871 del 12 maggio 2017 e 13051 del 24 maggio 2017) la Corte di Cassazione è ritornata ad affrontare la valenza delle presunzioni nel campo dell’edilizia.

 

 

Le due sentenze di Cassazione in tema di presunzioni in edilizia 

Cassazione Sentenza n. 11871/2017

La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado che aveva annullato l’atto emesso, sulla base del Pvc redatto dalla G.D.F., nei confronti di una società di costruzioni per l’anno di imposta 2001.

Con detto avviso, l’Amministrazione aveva contestato una omessa fatturazione, contabilizzazione e dichiarazione, ai fini fiscali, di operazioni imponibili di vendita di immobili che l’Ufficio riteneva essere state concluse a prezzi superiori a quelli contabilizzati, prezzi che risultavano anche inferiori al valore di mercato.

Il giudice di appello ha escluso la fondatezza della pretesa erariale,

“affermando che non era stato prodotto alcun documento che attestasse il pagamento, da parte degli acquirenti, di corrispettivi maggiori di quelli dichiarati, documenti necessari a giustificare un ipotetico ragionamento induttivo.

Ha osservato che le parti erano libere di stabilire il prezzo, che è la risultante tra domanda ed offerta, e che il valore di mercato era irrilevante, potendo rilevare la capacità contrattuale influenzata anche da un bisogno di liquidità; ha evidenziato che nel caso specifico la contribuente aveva dimostrato la mancata corrispondenza tra le superfici riportate dall’Agenzia ed i dati catastali e che l’Agenzia non aveva giustificato la metodologia utilizzata per fissare i coefficienti, da ritenersi pertanto arbitrari ed aleatori”.

 

Per la Corte,

“le riprese erano seguite ad una complessa attività investigativa svolta soprattutto mediante indagini bancarie a tutto campo e sulla scorta della documentazione extracontabile reperita, che aveva coinvolto non solo la società e la socia amministratrice, ma anche soggetti terzi, privi di autonoma disponibilità economica, ritenuti intestatari compiacenti di conti bancari, e, ancora, gli stessi acquirenti, all’esito della quale non solo erano state evidenziate operazioni sospette o, comunque, prive di giustificazione economica, ma era stata prospettata, in modo argomentato perché puntualmente ricollegato ad una pluralità di movimenti bancari, la interconnessione tra le varie operazioni ed un modus operandi ripetuto per più acquirenti da cui emergeva, sulla scorta di uno sviluppo argomentativo per presunzioni, la cospicua sottrazione di materia imponibile”.

 

Per la Corte,

“la CTR non esamina alcuno degli elementi presuntivi offerti dall’Amministrazione, e non spiega le ragioni del rigetto, se non in modo assertivo, senza illustrare perché ne abbia escluso la rilevanza, laddove avrebbe dovuto esaminarli nel loro complesso, oltre che partitamente, ed esporre quale sia stato lo sviluppo logico giuridico della propria statuizione e gli elementi di fatto sui quali si sia fondata, debitamente comparandoli con quanto esposto dall’Ufficio.

In realtà la CTR, sostanzialmente, si limita ad aderire alle prospettazioni della società e supporta la propria decisione sulla scorta di una asserita carenza di liquidità e di una generica libertà di contrattazione del prezzo, posta a giustificazione di un prezzo di vendita inferiore a quello di mercato, oltre su una differenza delle superfici accertate dall’Agenzia, senza nemmeno esplicitare sulla base di quali elementi di fatto sia pervenuta a tale convinzione”.

 

Cassazione sentenza n. 13051/2017

Nel caso in questione, il valore di circa venti cessioni di fabbricati risultava nettamente inferiore al valore normale, e per una delle vendite il prezzo dichiarato era inferiore al mutuo ipotecario richiesto dall’acquirente, e pertanto, ritenuta inattendibile la contabilità dell’imprenditore, l’Ufficio procedeva ad accertamento analitico presuntivo (ex art. 39 c. 1 lett. d d.P.R. 600/73, e art. 54 e 55 d.P.R. 633/72).

Su ricorso del contribuente, la C.T.P. confermava la legittimità dell’accertamento, ma considerando inapplicabili i valori degli immobili desunti dal mercato immobiliare (OMI), come utilizzati dall’Ufficio, pur col coefficiente di riduzione del 4,26%, rideterminava il reddito in base a perizia tecnica di parte (che aveva quantificato il valore massimo di cessione delle unità immobiliari in misura inferiore a quanto accertato, ancorché superiore a quanto dichiarato).

Su appello principale del contribuente e incidentale dell’Ufficio, la C.T.R. ha confermato la decisione di primo grado, rigettando entrambi gli appelli.

Osserva la Corte che,

“la C.T.R. ha confermato i valori, come accertati dal primo giudice e conformi ai criteri propri della convenzione stipulata fra il costruttore e il Comune di X, sulla base di un complesso di elementi presuntivi, non superati da idonea prova contraria da parte del contribuente. In particolare: la mancata produzione di elementi concreti, atti a determinare il prezzo massimo per singolo immobile in relazione alla tipologia di edilizia residenziale convenzionata; l’ininfluenza delle argomentazioni, generiche e contrastanti con le risultanze della perizia di stima giurata, effettuate dal tecnico di parte, che ha valutato gli immobili proprio tenendo conto dei criteri indicati nella convenzione”.

 

La stessa C.T.R. ha peraltro disatteso i valori OMI,

“ritenendo non appropriate le quotazioni ufficiali di mercato desunte dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, sia pure ridotte del coefficiente del 4,6%, trattandosi di edilizia convenzionata i cui prezzi non sono determinati solo dalle leggi di mercato e dal valore normale dei beni”.

 

Inoltre, la sentenza impugnata contiene

“una congrua motivazione, sulla base di un’unitaria valutazione degli elementi considerati nella ricostruzione del valore venale dei beni, e sussistendo lo scostamento tra i prezzi dichiarati dall’impresa di costruzioni rispetto a quelli risultanti dalla perizia posta a base della decisione, legittimante l’accertamento analitico induttivo (v. dal ultimo Cass. 1539/17)”.

 

In ordine alla vendita dell’immobile, il cui prezzo era risultato inferiore al mutuo ipotecario stipulato dall’acquirente, la Corte prende atto che il contribuente nel ricorso introduttivo aveva dedotto che la differenza fra prezzo di vendita e importo del mutuo era riconducibile alle spese notarili e ai maggiori importi derivanti dalle finiture di livello superiore effettuate direttamente dal proprietario, e ritiene il motivo di ricorso per cassazione inammissibile, in quanto generico e carente sotto il profilo dell’autosufficienza.

 

 

Le presunzioni nel processo tributario – Brevi note

Nel campo tributario la prova documentale è rara, emergendo, invece, “il carattere interpretativo della prova, la sua natura di ragionamento, di argomentazione”1: di fatto, in sede di accertamento si utilizzano spesso le presunzioni che, ai sensi dell’art. 2727 del c.c., sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato, giusto il disposto dell’art. 39, c. 1, lett. d, del D. P. R. n. 600/73, che stabilisce che l’incompletezza, la falsità, l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi, ovvero l’esistenza di attività non dichiarate possono essere desunte sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise, e concordanti.

Le presunzioni, che rientrano nell’ambito delle prove indirette, vengono solitamente graduate in:

  • legali assolute, che impongono determinati obblighi fiscali per legge;
  • legali relative, che danno per dimostrata una certa situazione sfavorevole al contribuente, facendo però salva la possibilità di prova contraria da parte di quest’ultimo;
  • semplici, cioè liberamente valutabili dal giudice, ammesse nell’accertamento purché gravi, precise e concordanti ;
  • “semplicissime”, cioè non qualificate, ma ugualmente azionabili dagli uffici in determinate circostanze (esempio: art. 39, c. 2, D.P.R. n. 600/1973).

 

Il controllo documentale su una impresa di costruzioni può far emergere elementi incongruenti, o quanto meno può fornire delle indicazioni, meritevoli di approfondimento:

  • assoluta omogeneità dei prezzi di vendita nei confronti delle persone fisiche, indipendentemente dalla superficie degli immobili;

  • assoluta diversità di prezzi a secondo che l’appartamento venga venduto ad una persona fisica o ad una società;

  • incongruenza tra i corrispettivi di compravendita e l’importo dei mutui richiesti da taluni soggetti privati;

  • assenza di remuneratività dei capitali impiegati;

  • inattendibilità dei ricavi dichiarati per singolo immobile, atteso che appaiono assolutamente bassi rispetto alla zona in cui insistono;

  • prezzi indicati nelle inserzioni pubblicitarie notevolmente più alti rispetto a quelli dichiarati in atto.

 

Sul punto specifico rileviamo che secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 3092 del 26 luglio 2012) è legittima la rettifica dei ricavi dell’impresa di costruzioni che non fornisce adeguate spiegazioni sulle differenze di prezzi di vendita degli immobili fra quelli pubblicizzati e quelli contabilizzati.

Nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria, a seguito di verifica fiscale, contestava alla contribuente (una società esercente l’attività di costruzione, permuta, vendita e ristrutturazione di edifici e appartamenti) una sottofatturazione nelle vendite. In sede di controllo sostanziale erano infatti emerse numerose incongruenze, tra cui l’evidente differenza tra i prezzi di vendita pubblicizzati dalla società su una rivista specializzata e quelli desumibili sulla scorta dell’esame della contabilità, ed in particolare delle fatture emesse. Inoltre, un appartamento incluso in una villa bifamiliare risultava venduto a un prezzo superiore rispetto a quello applicato per una villa unifamiliare.

La Cassazione ha ritenuto legittimo l’accertamento emesso, affermando, fra l’altro, che

“la società non ha dato nessuna convincente spiegazione circa le modalità di determinazione dei prezzi di vendita degli appartamenti, mentre la ricostruzione dei prezzi praticata dall’Ufficio è stata ritenuta attendibile, in quanto basata sul confronto non solo tra prezzi di vendita praticati dalla società tra tipologie omogenee di unità vendute ma anche tra prezzi di vendita praticati dalla parte e prezzi di mercato indicati da riviste del settore, così accertando ricavi non contabilizzati per un ammontare di oltre un milione di euro”.

 

Ed ancora ricordiamo che con la sentenza n. 5822 del 13 aprile 2012 (ud. 25 gennaio 2012) la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la ricostruzione operata dai giudici di appello che hanno puntualmente e logicamente motivato, indicando i vari elementi caratterizzanti l’accertata attività, valorizzando

“oltre alle finalità esternate nell’atto di compravendita dell’immobile, il codice di attività denunciato, le emblematiche indicazioni contenute nel progetto di ristrutturazione presentato al Comune di A, le indicazioni contenute nelle fatture relative ai lavori effettuati nell’immobile, la pubblicità promozionale inserita su Internet”.

 

 

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29 giugno 2017

Gianfranco Antico

 

NOTE

1LUPI, in Manuale professionale di Diritto Tributario, 1998, pagg. 304 e ss..