Accertamento sintetico e redditometro: la difesa del contribuente

Una sintesi delle possibili strategie difensive a fronte delle verifiche del Fisco.

Cosiddetto «accertamento sintetico»

L’articolo 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, disciplina l’utilizzo del cosiddetto «accertamento sintetico».

L’accertamento sintetico è una tipologia di controllo dei redditi utilizzabile nei confronti delle persone fisiche e si basa sul confronto tra i redditi dichiarati e l’effettiva capacità di spesa (consumi e incrementi patrimoniali manifestati).

L’ufficio può determinare sinteticamente, ossia sulla base di stime e di presunzioni, il reddito complessivo se:

  • esistono elementi e circostanze di fatto certi (ad esempio acquisto o possesso di beni immobili, autovetture, yacht);
  • il reddito complessivo accertabile si discosta, per due o più anni , di almeno ¼ rispetto a quello dichiarato.Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.

    Il reddito accertato sinteticamente è un reddito netto che non consente la deducibilità degli oneri indicati in dichiarazione.
    Il forte incremento dell’accertamento sintetico, di cui il redditometro costituisce uno strumento di ricostruzione del reddito complessivo, è da attribuire anche alla capillare raccolta di dati avvenuta sia con flussi informatici strutturati che tramite l’acquisizione di dati sul territorio.
    In tale ambito hanno assunto particolare rilievo gli elementi che caratterizzano la capacità di spesa relativa a beni non di prima necessità quali: le imbarcazioni, le auto di lusso, possesso di cavalli, iscrizione a scuole e circoli esclusivi, acquisto di opere d’arte ecc. (Circ. n. 12/E del 12 marzo 2010 Agenzia delle entrate).
    L’Agenzia delle Entrate sta dando un forte impulso all’accertamento sintetico, ovvero l’attività di controllo basata sul confronto tra i redditi dichiarati con l’effettiva capacità di spesa del contribuente, manifestata con consumi consistenti e incrementi patrimoniali.

  • Questa metodologia è adottata estrapolando le informazioni dalle banche dati dell’Agenzia e utilizzando il penetrante strumento delle indagini finanziarie, che permette di individuare casi di evasione per importi anche rilevanti.

Accertamento sintetico e redditometro

L’accertamento sintetico e il redditometro non sono la stessa cosa: il redditometro infatti è un sottoinsieme del primo.

L’accertamento sintetico poggia, come criterio generale, sulla spesa, mentre l’accertamento da redditometro risulta fondato sulla disponibilità di beni indice, la quale rappresenta la capacità di mantenimento – quindi comunque una spesa – degli stessi beni (Circ. n. 12/E del 12 marzo 2010 Agenzia delle entrate).

Ad ogni spesa corrisponde, di norma, un reddito; e quindi attraverso la valutazione e stima di alcune spese connesse alla disponibilità di determinati beni e servizi, si può risalire indirettamente al reddito.

Il meccanismo, in definitiva, è scandito nelle seguenti fasi: a) si individua un titolo di spesa; b) si quantifica la spesa; c) si imputa la spesa a reddito.

Questo metodo consiste nella ricostruzione dei redditi posseduti dalla persona fisica partendo dalle spese che la stessa ha sostenuto, anche nell’interesse dei propri familiari(1). Se i redditi così ricostruiti superano quelli dichiarati per almeno il 25%, viene chiesto di pagare le imposte sulla differenza.

Redditometro

Il redditometro, assurge a determinazione presuntiva del reddito delle persone fisiche fondata su di un calcolo scaturente dall’applicazione di coefficienti ad importi base variabili (indici), rilevati con decreto ministeriale.

I coefficienti e gli importi corrispondenti, periodicamente aggiornati, sono calcolati con riferimento a beni e a servizi utilizzati dal contribuente (quali immobili, autoveicoli, motocicli, imbarcazioni e navi, aerei, collaboratori familiari, eccetera) e sono elaborati in ragione della capacità di spesa sottesa alla loro gestione e mantenimento; sono esclusi i beni e i servizi utilizzati nell’attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Tale procedimento di accertamento, esperibile nei confronti delle persone fisiche, ha la peculiarità di fondarsi sulla sussistenza di elementi e circostanze di fatto certi (ad esempio, acquisto/possesso di autovetture, disponibilità di residenze secondarie, consumo di energia elettrica per uso domestico, ecc.) che fanno presumere una capacità di spesa correlata ad esborsi di somme di denaro e a spese di gestione da confrontare con il reddito imponibile dichiarato.

Inversione dell’onere della prova a carico del contribuente

L’accertamento sintetico comporta una rigorosa inversione dell’onere della prova a carico del contribuente che richiede da parte del giudice tributario una valutazione saggia e prudente del quadro probatorio emerso in giudizio ed in particolare un’attenta analisi dalla condotta processuale del contribuente, che opponga alle allegazioni, ragionevoli e plausibili, dell’ufficio allegazioni probatorie del tutto inconsistenti (Cassazione civile, sez. trib. 27/10/2006, n. 23252).

Inoltre, poiché l’accertamento sintetico ha come oggetto il reddito complessivo del contribuente, la prova fornita dal contribuente stesso circa la cessazione dell’attività d’impresa, con il conseguente venir meno del relativo reddito, non è in sé sufficiente a fare venir meno il valore indiziario dei coefficienti presuntivi di reddito (Sent. n. 20708 del 14 giugno 2007 dep. il 3 ottobre 2007 della Corte Cass.).

Giustificazione delle spese in relazione a componenti del nucleo familiare

Gli uffici devono tener conto di ogni altra motivazione addotta dal contribuente, purché documentata, anche in relazione a componenti del suo nucleo familiare(2). Il contribuente può giustificare le proprie spese indicando al fisco il perimetro della sua famiglia entro il quale quest’ultimo potrà trovare la fonte reddituale che ha permesso la spesa per l’acquisto rilevatore di presunta capacità contributiva.

I contribuenti assoggettati ad accertamento mediante applicazione del redditometro possono difendersi dimostrando di possedere la capacità necessaria al mantenimento dei beni utilizzati come “indicatori della capacità contributiva” che potrebbe derivare da elementi patrimoniali accumulati in periodi d’imposta precedenti o da finanziamenti concessi da economie terze.

Giova osservare , a tal riguardo , che l’intestazione di patrimoni a nome altrui può essere giustificata da ragioni di tipo protettivo (evitare le conseguenze di una responsabilità contrattuale o extracontrattuale derivante dall’attività svolta),da ragioni fiscali (perseguire finalità di tax planning successorio) o da altre ragioni.

Gli uffici devono tener presente ogni argomentazione ed elemento di valutazione forniti dal contribuente al fine di pervenire a determinazioni reddituali pienamente convincenti; in particolare, quando la determinazione sintetica del reddito si fonda unicamente sul contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva (circolare 49/E del 9 agosto 2007 dell’Agenzia delle Entrate).

Gli uffici devono evitare che l’azione di accertamento sia rivolta verso la persona “sbagliata” allorché ci si trovi di fronte a intestazione fittizia di beni di lusso all’interno della famiglia.

In tali casi è inutile per il fisco perseguire fiscalmente l’intestatario fittizio, in quanto è molto più proficuo, previa idonea attività istruttoria ,indirizzare la pretesa fiscale verso chi ha controllo e disponibilità del bene (circolare 49/E del 9 agosto 2007 dell’Agenzia delle Entrate).

Peraltro ,per coinvolgere concretamente l’interponente non è sufficiente la semplice parentela ,poiché occorre una indispensabile attività istruttoria ulteriore con questionari inviti e ricerche(si pensi al figlio neolaureato a cui il genitore abbia regalato e intestato una vettura di lusso oppure un appartamento).

Il redditometro non si presta ad essere impiegato secondo schemi di automatismo, perché il dato formale desumibile dalle banche dati in molti casi può non corrispondere al dato sostanziale riguardante l’effettivo sostenimento del costo. Basti ricordare, in modo assai semplice, quante volte il genitore sostiene spese che riguardano il figlio (auto, leasing, centro ippico, e chi ne ha più ne metta) e quante volte il marito sopporta spese che declinano ad esclusivo beneficio la moglie (ad esempio, l’iscrizione a un costoso centro benessere). E’necessario che l’intestatario corrisponda al soggetto che, in concreto, si è fatto carico del mantenimento del cespite.

Difesa del contribuente: contrasto di giurisprudenza del giudice di legittimità

I dati presuntivi emergenti dal redditometro ben possono essere contestati dal contribuente con considerazioni specifiche anche presuntive ,quali l’età del contribuente, la professione, il territorio e l’economia locale, il periodo temporale preso in considerazione (Sent. n. 6758 del 1° marzo 2007 dep. il 21 marzo 2007 della Corte Cass. sez. tributaria).

Il contribuente, oltre a poter dimostrare di aver conseguito nel biennio esaminato redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ha facoltà di giustificare il suo tenore di vita provando di aver riscosso somme a titolo di disinvestimenti patrimoniali, di aver ottenuto finanziamenti, di essere stato beneficiario di eredità, donazioni, vincite e risarcimenti patrimoniali o dichiarando e documentando di essere stato titolare di reddito agrario, che risulta imponibile solo in minima parte, in base all’applicazione delle rendite catastali.

Il contribuente al fine di ridurre o azzerare la pretesa impositiva, può dimostrare che le spese sono state sostenute da altri soggetti autonomamente titolari di reddito(gli elementi indicativi di capacità contributiva trovano talvolta spiegazione nei redditi posseduti da altri componenti il nucleo familiare) oppure che non ha avuto la disponibilità del bene o del servizio nell’anno di imposta interessato da accertamento Secondo la sentenza n. 5991 del 17 marzo 2006 del giudice di legittimità ove l’Amministrazione proceda all’accertamento dei redditi del contribuente in base alla presunzione secondo cui l’acquisto di beni di ingente valore è indizio del possesso di un reddito adeguato a sorreggere l’acquisto stesso, il contribuente che – per contrastare simile presunzione – sostenga che il contratto di acquisto era simulato in quanto i beni in questione gli erano stati donati dagli (apparenti) venditori, può fornire la prova di ciò con ogni mezzo, non essendo una simile prova impedita dall’art. 1415, c. 1, c.c. (inopponibilità della simulazione ai terzi in buona fede).

Resta a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza(3) della capacità reddituale(frutto di smobilizzi patrimoniali, provento di successioni, provento illecito confiscato), ed, in particolare, della base da cui è stata tratta (Cassazione sez. v sentenza n. 10350 del 1/07/2003); grava sul contribuente l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio (Cassazione sez.v sentenza n. 14161 del 24/09/2003).

Secondo un preciso orientamento in tema di accertamento sintetico, ai fini dell’ammissibilità della prova liberatoria a carico del contribuente dalla presunzione di maggior reddito derivante dalle spese per incrementi patrimoniali, non è sufficiente la prova della sola disponibilità di redditi(4), e men che mai di redditi “esenti” o “soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”, ma è necessaria anche la prova che la “spesa per incrementi patrimoniali” sia stata sostenuta, non già con qualsiasi altro reddito (ovviamente dichiarato), ma proprio con “redditi esenti o… soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”.

Una interpretazione conforme alla ratio dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 in tema di accertamento sintetico non può postulare, infatti, una scissione tra la dimostrazione documentale del possesso dei redditi determinati sinteticamente dall’Ufficio – in base al fatto che il contribuente abbia sostenuto una “spesa per incrementi patrimoniali” – e la prova dell’impiego materiale di tali redditi, perché senza la dimostrazione del nesso eziologico tra possesso di redditi e spesa “per incrementi patrimoniali” tale spesa (siccome indicativa, per presunzione di legge, della percezione di un reddito corrispondente) continuerebbe a produrre i suoi effetti presuntivi a danno del contribuente, non avendo lo stesso superato la forza della presunzione posta a suo svantaggio dalla norma.(Cass. civ. Sez. V, 20-03-2009, n. 6813).

In tema di spese per incrementi patrimoniali rilevanti per il redditometro, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6813 depositata il 20 marzo 2009, ha stabilito che la prova liberatoria a carico del contribuente deve essere data unicamente dalla dimostrazione dell’identità della spesa con i redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo d’imposta.

Secondo il giudice di legittimità “non è sufficiente la prova della sola disponibilità di redditi … ma è necessaria anche la prova che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta, non già con qualsiasi altro reddito, ma proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta”.

Il rilascio di fideiussioni non è indice di maggiore capacità reddituale

Il rilascio di fideiussioni non è indice di maggiore capacità reddituale. Non corrisponde necessariamente ad alcuna reale disponibilità di denaro.

L’affermazione contraria – quella secondo cui la prestazione di fideiussioni presupporrebbe, in realtà, il possesso di beni sufficienti a garantire l’obbligazione – confonde quanto astrattamente prevedibile in capo a un soggetto che rilascia una garanzia personale con una presunzione di possesso della relativa disponibilità, che non solo non trova riscontro nel quadro normativo, ma implica una inammissibile moltiplicazione delle capacità reddituali del garante, laddove ipotizza che, a prescindere dalla consistenza patrimoniale effettiva (ed aliunde accertata), il rilascio di fideiussioni sia indice di un’ulteriore ed autonoma disponibilità patrimoniale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6753 del 19 marzo 2010, in materia di accertamento sintetico delle imposte sui redditi.

Non congruità agli indici di capacità contributiva per due o più periodi di imposta

Secondo un preciso orientamento l’Ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con decreto del Ministero delle Finanze, “quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta”; dalla interpretazione letterale della norma non si ricava che i “due o più periodi di imposta” devono essere consecutivi, nè che essi devono essere necessariamente anteriori a quello per il quale si effettua l’accertamento, essendo sufficiente, secondo la disposizione in esame, che il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta (Sent. n. 237 del 9 gennaio 2009 della Corte di Cassazione)(5).

La sezione tributaria della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26541 depositata il 5 novembre 2008, ha precisato che, in materia di accertamento induttivo conseguente alla non congruità agli indici di capacità contributiva per due o più periodi di imposta, con riferimento a questi precedenti periodi pur non essendo obbligatoria una precedente richiesta di informazioni tramite questionario, è necessario indicare nell’atto di accertamento le ragioni in base alle quali l’Ufficio ritiene non congrui gli importi in origine dichiarati dal contribuente, al fine di consentire allo stesso il diritto alla difesa Dall’atto di accertamento devono potersi desumere, così da poter essere eventualmente contestate dal contribuente, le ragioni per le quali l’Ufficio ha ritenuto non congrua la dichiarazione per le annualità prese in esame.

L’art. 38, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, infatti, subordina la possibilità di accertamento sintetico del reddito alla circostanza che il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto agli elementi di capacità contributiva individuati dall’apposito decreto ministeriale, “per due o più periodi di imposta”.

La norma non impone all’ufficio di procedere all’accertamento contestualmente per i due o più periodi di imposta per i quali esso ritiene che la dichiarazione non sia congrua, né richiede che la valutazione di non congruità sia necessariamente preceduta dall’invio del questionario, ma certamente postula che l’atto di accertamento sintetico per un determinato anno di imposta contenga – al fine di consentire la difesa del contribuente su tale aspetto – la pur sommaria indicazione delle ragioni in base alle quali la dichiarazione si ritiene incongrua anche per altri periodi di imposta, così da legittimare l’accertamento sintetico.

Per consentite l’accertamento sintetico dei redditi ai sensi del quarto comma dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 è sufficiente che, per due o più periodi d’imposta, il reddito dichiarato si discosti per almeno un quarto da quello complessivo netto “accertabile” con i parametri cui la legge rinvia; non è necessario che tale divario sussista anche in riferimento al reddito definitivamente accertato in sede giudiziaria (Sent. n. 19106 del 29 settembre 2005 della Corte Cass., Sez. tributaria).

 

Leggi anche: La Cassazione apre alle prove di resistenza dell’accertamento sintetico

 

Note

1) La circolare 49/E del 9 agosto 2007 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito precise direttive agli uffici locali al fine di assicurare un’intensa azione di controllo nei confronti di quei soggetti la cui “effettiva capacità contributiva collegata a rilevanti manifestazioni di spesa è in stridente contrasto con i redditi dichiarati”.

Secondo la citata circolare gli uffici locali devono:

a) Privilegiare la selezione di posizioni soggettive in ordine alle quali sono già disponibili informazioni relative a specifiche manifestazioni di capacità contributiva attinte dalle liste selettive elaborate a livello centrale, dalle banche dati del sistema informativo e dalle segnalazioni scaturenti dall’attività di intelligence;

b) selezionare, in via prioritaria, le posizioni soggettive riguardo cui sono state individuate anche “manifestazioni di ricchezza” assunte da atti registrati;

c) ricercare eventuali atti di disinvestimento patrimoniale o altri atti inseriti al sistema informativo dell’anagrafe tributaria che giustifichino la disponibilità di somme di denaro non indicate nella dichiarazione dei redditi;

d) valutare anche la situazione fiscale ed economica dei componenti il nucleo familiare del contribuente selezionabile.

2) Non è legittimo il ricorso all’accertamento sintetico allorquando gli incrementi patrimoniali (nella specie, acquisto di bene immobile) non giustificabili sulla base del reddito imponibile dichiarato siano il frutto di elargizioni o finanziamenti da parte del coniuge, documentalmente comprovati (Sent. n. 8 del 13 gennaio 2009 della Comm. trib. prov. di Lecce, Sez. VIII). La sentenza 376/09 della Commissione Tributaria della Campania (sezione staccata di Salerno) ha stabilito che la prova contraria al redditometro può essere data anche facendo riferimento al reddito dei familiari conviventi.

3) La Commissione tributaria provinciale di Lecce, sezione 3ª, con la sentenza n. 224, pronunciata il 23 maggio 2008 e depositata il 5 marzo 2009, ha accolto le doglianze del contribuente che ha provato in giudizio che il maggior reddito imputatogli era proveniente da elargizioni del padre adottivo. La pronuncia de qua si inserisce, pertanto, all’interno di un orientamento già ben delineato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la determinazione del reddito, effettuata sulla base dell’applicazione del c.d. “redditometro” (D.M. 10 settembre 1992 e D.M. 19 novembre 1992), non impedisce al contribuente di dimostrare, in modo concreto, che egli possieda un reddito inferiore, poichè le presunzioni poste dal redditometro sono soltanto relative e non assolute; per cui la prova contraria non è limitata a quella prevista dall’art. 38, D.P.R. n. 600/1973 (e cioè che il maggior reddito accertato è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente non esiste o esiste in misura inferiore (Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 18 giugno 2008, n. 16472). Non è fondato l’accertamento sintetico in relazione all’incremento patrimoniale costituito dall’acquisto di fabbricato qualora il contribuente, avuto riguardo all’età ed alle condizioni socio-economiche e familiari, possa avere ricevuto una provvista di liquidità donata dal genitore convivente anche in considerazione della contrazione da parte i quest’ultimo di un mutuo bancario.

Non è incremento patrimoniale, rilevante ai fini del redditometro, l’acquisto dal fratello del cinquanta per cento di una cascina agricola senza che per tale acquisto vi sia stato un esborso effettivo di denaro, e la cui cascina già fu comprata dal padre, ed il cui mutuo sostenuto per l’acquisto venne pagato da entrambi i due fratelli, e la ui cascina venne dagli stessi utilizzata nel tempo nell’esercizio di impresa agricola (Sent. n. 56 del 17 agosto 2009 della Comm. trib. prov. di Vercelli, Sez. I).

4) L’accertamento sintetico di cui all’art. 38, D.P.R. n. 600/1973 è fondato sulla valenza probatoria presuntiva legata alla titolarità di determinati beni e sulla conseguente inversione dell’onere della prova circa l’acquisto con risorse già sottoposte a tassazione ovvero esenti. Non è sufficiente ai fini della prova contraria addurre genericamente la sussistenza di liberalità (Sent. n. 88 del 6 ottobre 2009 della Comm. trib. reg. di Bologna, Sez. IV).

5) Va anche rilevato che una possibile prova contraria rispetto ad un accertamento da redditometro è quella della dimostrazione che il contribuente non ha la disponibilità, o l’ha parziale, dei beni indice rilevanti. La disponibilità dei beni e dei servizi vorrebbe rappresentare esistenza di un reddito avente carattere di”periodicità”e non di occasionalità. Ecco perché il legislatore chiede che la non congruità da redditometro si abbia perlomeno per due periodi d’imposta. I quali periodi, nonostante le indicazioni di un’isolata sentenza della Cassazione (237 del 2009) – alla quale ora, nella risposta data a Telefisco 2010,sembra appellarsi l’Agenzia – devono necessariamente rivelarsi consecutivi. Altrimenti, basterebbe, ad esempio, essere “non congrui” nel 2009 e anche nel 2003 per legittimare l’accertamento. Con il rischio di coinvolgere nel ragionamento annualità “prescritte” o per le quali non vi è più la disponibilità del bene indice (Dario Deotto, Contro il redditometro una prova allargata in Il sole-24 del 2 febbraio 2010 pag. 33).

17 maggio 2010

Pasquini Roberto