La confisca per equivalente: come funziona e per quali reati tributari si applica

Vediamo cosa prevede l’istituto della confisca per equivalente, applicabile a specifici reati tributari e nel contempo finalizzato ad arginare l’evasione fiscale mediante la confisca di beni o denaro considerati il prezzo e/o il profitto del reato stesso.

La confisca per equivalente

Con l’art. 1 – comma 143 della Legge 27 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), è stato introdotto l’istituto della “confisca per equivalente”, applicabile a specifici reati tributari e nel contempo finalizzato ad arginare l’evasione fiscale mediante la confisca di beni o denaro considerati il prezzo e/o il profitto del reato stesso.

In particolare il comma 143 recita:

“Qualora realizzino una fattispecie penalmente rilevante, si applica la confisca di cui all’art. 322/ter del Codice Penale ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, omesso versamento di Iva, indebita compensazione, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”.

 

Con tale strumento, il legislatore ha voluto colpire le condotte che determinano un profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta dovuta da parte dell’obbligato, cioè le somme di denaro.

la confisca per equivalentePertanto, se la guardia di finanza, in veste di polizia giudiziaria, nell’ambito di un procedimento penale acceso nei confronti di soggetti coinvolti in fattispecie delittuose di cui agli artt. 2,3,4,5, 8, 10 bis, 10 ter e 10 quater del Decreto Legislativo  10 marzo 2000 n. 74, potrà procedere  ai sensi del novellato comma 143 a  richiedere all’Autorità giudiziaria l’emissione di apposito decreto di confisca per equivalente ai sensi dell’art. 322-ter del codice penale.

La confisca per equivalente nasce originariamente con la Legge 7 marzo 1996 n. 108 in tema di usura, in quanto la confisca si applica alle somme di denaro, beni o utilità di cui il reo ne ha la disponibilità. Successivamente il legislatore con il comma 143 la esteso la confisca per equivalente ai reati tributari commessi in periodi d’imposta precedenti al 2008, in quanto il comma 143 in vigore dall’1.1.2008 ha esteso l’applicabilità della confisca per equivalente  ai principali delitti tributari.

Quindi la confisca per equivalente rende automaticamente possibile, ai sensi del comma 2 dell’art. 321 c.p.p. il sequestro preventivo funzionale alla successiva confisca per equivalente. Quest’ultimo periodo però non è stato considerato condivisibile, in quanto il legislatore ha utilizzato la confisca come una funzione sanzionatoria  dando ad essa una connotazione del tutto affittiva.

Infatti la Corte Costituzionale con ordinanza n. 97 del 2009 ha dichiarato non retroattiva la confisca per equivalente prima del 2008, in quanto in sintesi si tratta di una misura affittiva e non di sicurezza.

E’ la prima volta che la Corte Costituzionale è stata chiamata ad esprimersi su un argomento nato dall’estensione della confisca in relazione alla commissione di reati tributari  richiamati dall’art. 1 comma 143 della Legge 27 dicembre 2007, n. 244.

E’ bene precisare però, che sebbene la sentenza della Corte Costituzionale ha scongiurato la retroattività della norma, dal 2008 in poi, la misura della  confisca viene ad essere estremamente incisiva, in quanto il semplice verbale di constatazione redatto dalla Guardia  di Finanza o l’avviso di accertamento può divenire una procedura esecutiva con caratteristiche di grande  invasività.

Infatti, tale procedura prima di essere posta in atto, dovrà sottostare al vaglio di garanzie procedurali, ed è innegabile però che le sanzioni e gli interessi potrebbero essere contestati avvalendosi delle prerogative concesse dall’innovato DPR. N. 602/1973.  Inoltre, vi è da dire che da tutta questa attività invasiva, vi è la possibilità di confiscare i beni attraverso la forma cautelativa del sequestro preventivo  di cui all’art. 321 del c.p.p..

Da qui si capisce l’enorme portata dell’istituto della confisca per equivalente, individuata attraverso l’art. 322/ter del codice penale.

Pertanto, a far scattare la garanzia della confisca basta un verbale della Guardia di Finanza ovvero una segnalazione  inoltrata presso la Procura della Repubblica.

L’art. 322/ter c.p.p. prevede in via alternativa e sussidiaria due profili e, cioè:

–       quando i beni costituiscono il prezzo e il profitto del reato tributario salvo che gli stessi  appartengano a persona estranea all’illecito;

oppure

–       quando non rientrando nella prima situazione, viene applicata la confisca  dei beni o per equivalente degli immobili, mobili, denaro titoli, di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo.

Infine, occorre evidenziare una problematica affronta tra l’Agenzia del Territorio, in relazione a richieste emesse dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito di indagini di polizia giudiziaria, nel corso delle quali  veniva avanzata da parte di quest’ultima, la trascrizione di provvedimenti sequestro preventivo per equivalente di beni immobili sui registri immobiliari.

L’Agenzia delle Entrate sosteneva di essere impossibilitata nel provvedere all’adempimento richiesto, in quanto non previsto da alcuna norma.

Tale situazione comporta che non essendoci alcuna annotazione sugli atti immobiliari ufficiali, i proprietari dei beni immobili sequestrati potrebbero compiere qualsiasi atto di disposizione, vanificando, in tale modo gli effetti della misura cautelativa.

In particolare, nella fattispecie in esame, vi è un consolidato orientamento giurisprudenziale e, in particolare, la Corte di Cassazione con sentenza nr. 4262 del 27 novembre 2000 ha precisato che il sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321 del c.p.p., non è trascrivibile  nei registri tenuti dalla Conservatorie, ad eccezione quando detti sequestri sono finalizzati alla confisca del bene.

Quindi secondo tale interpretazione la trascrizione del sequestro preventivo dipende sostanzialmente dalle finalità cui lo stesso è preordinato.

Ovvero se lo stesso viene richiesto dall’Autorità Giudiziaria ai sensi del comma 1 dell’art. 321 c.p.p., e, cioè al fine di evitare che il bene possa aggravare o protrarre la commissione di altre condotte illecite, la sua trascrizione non risulta necessaria in quanto il provvedimento ha essenzialmente lo scopo di interrompere o evitare la reiterazione del percorso criminoso.

Viceversa se i sequestri  vengono operati ai sensi del 2° comma del medesimo art. 321, la trascrizione diventa opportuna in quanto la misura cautelare ha una finalità conservativa, volta cioè a garantire in caso di condanna del reo, la confisca del bene intestato allo stesso.

Pertanto, alla luce di quanto sopra è possibile concludere che anche i provvedimenti di sequestro per equivalente, operati ex art. 1 comma 143, della Legge 27 dicembre 2007 n. 244, possono rientrare anch’essi  nelle finalità conservative, volte a sottrarre dalla disponibilità del reo i beni che saranno suscettibili di confisca.

 

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Paolo Giovannetti

30 Maggio 2009