La consolidata valenza assiologicamente superiore dello Statuto dei diritti del contribuente

Un riflessione sullo Statuto del Contribuente che nasce dalla sentenza n. 21513 del 22 giugno 2006 della Corte di Cassazione, sezione Tributaria, in tema di affidamento legittimo della parte contribuente nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Riflessioni dopo la sentenza della Cassazione n. 21513/2006

Lo Statuto dei diritti del contribuente continua a mietere successi.

statuto del contribuente e diritti dei contribuentiPotremmo così commentare la sentenza n. 21513 del 22 giugno 2006, depositata il 6 ottobre 2006 emessa dalla Corte di Cassazione, sezione Tributaria, in tema di affidamento legittimo della parte contribuente nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Come già evidenziato in altre circostanze 1, lo statuto del contribuente è una legge dello Stato dal punto di vista formale come le altre, ma non c’è dubbio che dal punto di vista sostanziale sia una legge dal contenuto normativo di chiaro stampo costituzionale: violare i principi in essa contenuti vuol dire violare la nostra carta costituzionale.

Quando si afferma questo, anche in udienza, ancora oggi, ahimè, qualcuno sorride.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha da tempo valorizzato i superiori assunti: già con la famosa sentenza n. 7080 del 2003 si era pronunciata sul punto in maniera inequivocabile, mettendo a fuoco il ruolo assiologicamente superiore dello Statuto nella gerarchia delle fonti di produzione giuridica2: la Legge n. 212 del 2000 ha inteso attribuire alle proprie disposizioni il valore di “principi generali dell’ordinamento tributario”.

A queste specifiche “clausole rafforzative” di autoqualificazione delle disposizioni stesse deve essere attribuito, perciò, un preciso valore normativo ed interpretativo sia perché hanno la funzione di dare attuazione alle norme costituzionali richiamate dallo statuto sia perché costituiscono “principi generali dell’ordinamento tributario”.

Il legislatore, infatti, ha manifestato esplicitamente l’intenzione di attribuire ai principi espressi nelle disposizioni dello statuto, o desumibili da esso, una rilevanza del tutto particolare nell’ambito della legislazione tributaria ed una sostanziale superiorità rispetto alle altre disposizioni vigenti in materia (3).

Con altra significativa pronuncia (sentenza n. 17576 del 2002) la Suprema Corte ha ribadito che l’autoqualificazione delle disposizioni della legge come “principi generali dell’ordinamento tributario” trova puntuale rispondenza nella effettiva natura della maggior parte delle disposizioni stesse, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo e dalla loro incidenza nei confronti di altre norme della legislazione e dell’ordinamento tributario, nonché dei relativi rapporti.

Esplicita risulta quindi – secondo il pensiero dei giudici della Cassazione – l’intenzione del legislatore, acché le disposizioni stesse (al di là di ogni eventuale ostacolo “formale” o sistematico) magis valeant nella legislazione tributaria; inoltre è insita nella categoria dei “principi giuridici” la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto.

Il tratto comune ai quattro, distinti significati della locuzione principi generali dell’ordinamento tributario” è costituito, quantomeno, dalla “superiorità assiologica” dei principi espressi o desumibili dalle disposizioni dello Statuto e, quindi, dalla loro funzione di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete: in altri termini, il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla L. n. 212 del 2000, deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi statutari.

Con la sentenza n. 21513 del 22 giugno 2006, depositata il 6 ottobre 2006, il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino, viene definito dalla Cassazione

“immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa”.

A differenza di altre norme dello Statuto – si legge nella sentenza – che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la previsione del citato art. 10 è dunque espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della L. n. 212/2000, sicché essa vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione, risultando così applicabile sia ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore (Cass. n. 7080/2004, n. 17576/2002) sia ai rapporti fra contribuente ed ente impositore diverso dall’Amministrazione finanziaria dello Stato sia ad elementi dell’imposizione diversi da sanzioni ed interessi, giacché i casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del citato art. 10 (attinenti all’area dell’irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi), riguardano situazioni meramente esemplificative, legate ad ipotesi maggiormente frequenti, ma non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass. n. 17576/2002 citata)”.

Ne consegue che il principio dell’affidamento legittimo del contribuente nei comportamenti della Pubblica Amministrazione costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento, in virtù degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione richiamati dallo Statuto dei diritti del contribuente, ma che vige a prescindere ed oltre la portata delle norme stesse. Tali principi risultano pertanto applicabili anche a comportamenti anteriori alla L. n. 212/2000, in relazione alla debenza di imposta, sanzioni e interessi.

 

Conclusioni

A ben vedere, le disposizioni contenute nella legge n. 212 del 27 luglio 2000, definita Statuto dei Diritti del Contribuente contengono principi così ovvii, così evidenti, da essere stati già ampiamente disciplinati dal legislatore costituente più di mezzo secolo fa .

Basti pensare al tenore dell’articolo 1 dello Statuto:

“Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23 , 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario …”.

Viene da chiedersi: ma c’era bisogno di una norma specifica per comprendere che quanto sancito dalla Costituzione trovasse applicazione anche nel diritto tributario? Evidentemente i diritti dei contribuenti sono stati negli anni talmente dimenticati (rectius violati) dalle norme via via emanate, al punto che il legislatore è stato costretto ad una sorta di “ravvedimento operoso” che ha portato alla emanazione di una magna carta dei diritti del contribuente.

Purtroppo, il legislatore – rispondendo ad una sorta di istinto di conservazione – si è subito rifatto, omettendo di prevedere specifiche sanzioni nei casi di violazione delle disposizioni di legge.

Gli interventi della Cassazione risultano, pertanto, di fondamentale importanza per ribadire quei principi generali che qualcuno a volte dimentica, in attesa – come evidenziato da autorevole dottrina4 – che il rango costituzionale delle norme contenute nello Statuto dei Diritti del Contribuente venga confermato dagli stessi giudici della Consulta.

 

In merito allo Statuto del Contribuente leggi anche:

Statuto del Contribuente: alcune riflessioni 

Statuto del Contribuente: i diritti dei contribuenti e i doveri del Fisco

Lo Statuto del contribuente: una rassegna di giurisprudenza

La difesa del contribuente (parte I): i diritti del contribuente 

 

a cura di Massimo Conigliaro

dicembre 2006

 

NOTE

1 Cfr. CONIGLIARO, Dalla Cassazione uno stop alla legislazione pro fisco, in www.commercialistatelematico.it

2 Così E. GRASSI, Interpretazione ed attuazione dei principi generali dello Statuto dei Diritti del Contribuente, in il fisco, n. 35/2004, p. 1-5971.

3 Nella categoria dei princìpi giuridici è insita inoltre – come si desume dal comma 2 dell’art. 12 delle preleggi – la funzione di orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto. Qualsiasi dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti materiali disciplinati dalla legge n. 212 del 2000, deve perciò essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi dello statuto del contribuente, in forza del fondamentale canone ermeneutico della “interpretazione adeguatrice” a Costituzione.

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