Lo scenario che si profila all’orizzonte del tema dell’accertamento bancario sui professionisti, non è certamente privo di elementi di preoccupazione, specie con riguardo all’aspetto della prova dell’inesistenza di ricavi occulti.
L’accertamento bancario sui professionisti – Premessa
Come è stato osservato dalla Dr.ssa Lucia Muscaridola, dirigente dell’Ufficio Analisi e Controlli fiscali della Direzione Regionale della Basilicata, che ha relazionato sull’argomento delle “Indagini finanziarie”, nel corso del Convegno organizzato a Matera dall’ Ordine provinciale dei Dottori Commercialisti il 18/11/2005, sul tema: “Contrasto all’evasione e Statuto del contribuente”, allo stato dell’arte ci si deve aspettare che, l’estensione dei poteri di accertamento, in materia di indagini finanziarie, porterà ad un maggior uso di questo strumento istruttorio, per far emergere materia imponibile sottratta alla tassazione.
Quali sono le conseguenze di tali innovazioni con valenza retroattiva ? E soprattutto, siamo all’inizio di nuova stagione di possibile recrudescenza del contenzioso tributario ? Certo è – senza che questo sia interpretato come un suono di tromba che avvia un assalto alla baionetta – che i dottori e i ragionieri commercialisti non resteranno alla finestra. Al contrario, provvederanno, in tutte le sedi competenti, per se stessi o per i propri clienti, ad affrontare la tematica in discorso con l’impegno e la professionalità che da sempre li contraddistingue, nell’ottica si della collaborazione con l’Amministrazione finanziaria, ma anche della salvaguardia dei diritti dei contribuenti.
Elementi di criticità delle norme sull’accertamento bancario a carico dei professionisti
Una prima osservazione, di natura squisitamente tecnica, occorre fare in rapporto all’estensione della modalità di accertamento bancario che l’Agenzia delle Entrate può esperire. Al riguardo, va subito precisato che quello che, giornalisticamente parlando, viene definito accertamento bancario, è in realtà un accertamento finanziario – e in tal senso la conferma arriva dalla stessa relatrice della Direzione Regionale della Basilicata – perché oggetto delle attenzioni del Fisco saranno non soltanto i conti bancari, nell’accezione comunemente intesa – conti di deposito o conti correnti di corrispondenza – ma qualunque rapporto – leggasi contratto – che il contribuente porrà in essere con la propria banca. Cosicché, saranno oggetto di accertamento tutte le operazioni di investimento, che potrebbero avere come fonte di finanziamento, dei redditi imponibili occultati, cioè anche le operazioni denominate “fuori conto”. Di qui la disposizione che impone agli Istituti di credito, di conservare i dati identificativi – codice fiscale innanzitutto – dei soggetti che effettuino operazioni “sul conto” o “fuori conto”. E di qui lo slittamento, al 01/01/2006, del termine di decorrenza del nuovo obbligo di identificazione, a carico delle banche e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria.
Tutto ciò sarà sufficiente per recuperare materia imponibile sottratta all’imposizione ? E soprattutto allargherà la platea dei contribuenti, evitando che il carico tributario evaso si trasformi in una sorta di colletta a carico dei soliti contribuenti ? Il problema centrale dell’accertamento, come ha acutamente osservato il dr. Sganga, già presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, nel corso dello stesso convegno, è quello di far emergere i soggetti occulti, non quello di gravare su coloro che seppur piccoli, sono perfettamente visibili e rintracciabili.
E poi: è possibile considerare segno di civiltà giuridica, l’applicazione in senso retroattivo, di norme che stabiliscono oggi la legittimità o meno di comportamenti che nel passato non erano specificamente regolamentati secondo le linee fissate dalle norme attuali ? E’ evidente che su questo fronte, senza un uso meditato delle norme, si aprono elementi di criticità nelle relazioni tra i contribuenti e professionisti da un lato e l’Agenzia delle Entrate dall’altro.
Spazio temporale di applicazione delle norme sull’accertamento bancario a carico dei professionisti
Anche su questo fronte, nonostante la giurisprudenza(1) oramai consolidata, sul tema dell’applicabilità anche ai professionisti, relativamente alle annualità non prescritte, delle metodiche di accertamento bancario, già in vigore per le imprese, non possiamo non sottolineare, una favorevole inclinazione della giurisprudenza di legittimità, verso le pretese del Fisco. Non abbiamo difficoltà ha sostenere che una norma che incide sul potere di accertamento tributario, creando lo strumento per giungere ad una variazione dell’imponibile dichiarato in autoliquidazione dai professionisti, pur non essendo, in termini concettuali, una norma di carattere sostanziale, non può essere considerata sic et simpliciter, una norma semplicemente procedurale, per aprire le porte all’applicazione retroattiva della stessa, poiché le maggiori imposte conseguenti all’accertamento di maggiori imponibili – ad esempio per conversione dei prelevamenti bancari in ricavi occulti – sono questioni di natura sostanziale, perché incidono sulla sfera patrimoniale dei contribuenti interessati.
E non si può – lo ripetiamo – stabilire oggi nel 2005 che nel 2002 si dovevano acquisire e conservare gli elementi probatori che potessero oggi, in sede accertativa, dimostrare la correttezza del comportamento del contribuente e l’inesistenza di ricavi occulti.
Non ci preme verificare se il termine “ricavi” corrispondesse, nel testo previgente dell’art. 32 del D.P.R. 600/73, al termine “compensi”, delineando in termini semplicemente nominalistici, lo spartiacque tra norme che incidono sul reddito d’impresa e norme che incidono sul reddito professionale.
Ci preme affermare, il principio di buona fede dei contribuenti, ai quali non si può e non si deve imporre oggi di fornire elementi probatori che non erano, per legge, obbligati a precostituirsi per rispondere a norme sull’accertamento fiscale sopravvenute ed allora non conoscibili. Questo sì, sarebbe un grande segno di civiltà giuridica e di concreta attuazione delle norme contenute nello Statuto del contribuente.
La conversione dei prelevamenti in ricavi occultati: condizioni
Posto che non tutte le movimentazioni bancarie segnalano ipotesi di evasione fiscale (2), va sottolineato che le nuove norme introducono un’ulteriore ipotesi di emersione di compensi occulti oltre a quella già esistente, per la quale ai versamenti non coperti da fattura, corrispondevano, induttivamente, compensi occulti.
A parte i dubbi di legittimità, in senso assoluto, di una simile impostazione che già equiparava ai ricavi occulti, i versamenti eseguiti in assenza di operazioni imponibili documentate, potendo i versamenti avere oltre ad una fonte reddituale assoggettabile a tassazione anche a seguito di accertamento, anche una fonte patrimoniale completamente estranea ad ogni forma di prelievo, perché costituita dalla capitalizzazione di redditi già tassati, quella dei prelievi per i quali:
- non risultano annotazioni nelle scritture contabili del professionista;
- per i quali non risulta indicato il beneficiario
Quali sono gli elementi contraddittori di una simile statuizione ?
Sotto il primo profilo, quello della mancata annotazione nelle scritture contabili dei prelevamenti di fondi, non possiamo non osservare che mentre il professionista in contabilità ordinaria, per motivi di quadratura con le risultanze degli estratti conto bancari, non può esimersi dall’effettuare specifiche annotazioni nel giornale degli incassi e dei pagamenti, relativamente a tali movimentazioni, facendo emergere i prelevamenti in conto utili, che annullerebbero la pretesa di conversione degli stessi in ricavi occulti, per i professionisti in regime semplificato, il problema esiste, perché quest’ultimi si limitano, in ossequio al “principio di cassa” ad annotare la data di introito o di pagamento, rispettivamente, delle fatture emesse o delle fatture d’acquisto, nei registri I.V.A..
Quindi si dovrebbe affermare che i professionisti in regime semplificato non avrebbero alcuna chance difensiva ? Qualche dubbio aleggia e non possiamo non rilevare che surrettiziamente si sia introdotta una sorta di discriminazione dei professionisti, in ragione del regime contabile adottato. Può la contabilità ordinaria fungere da usbergo – definizione utilizzata provocatoriamente dal dr. Marco Di Capua, Direttore Centrale dell’Accertamento nel corso del suo intervento – a salvaguardia dei professionisti che l’adottano ? Certo è che la stessa resta l’unico strumento capace di offrire, ancora oggi, un minimo di valenza probatoria allo sfortunato professionista, incappato nelle maglie dell’accertamento fiscale.
E’ evidente, a questo punto, l’irrazionalità di una norma – sebbene la Corte Costituzionale, con sentenza n. 225/2005 si sia pronunciata favorevolmente in tal senso – che trasforma il momento di utilizzo dei redditi prodotti – il prelievo dei fondi dal conto corrente – in momento di produzione dei redditi, con possibili effetti di duplicazione tributaria.
Cerchiamo di spiegare con un esempio l’assunto della duplicazione. Si supponga che il dr. Rossi, commercialista, dopo aver versato in conto corrente 1.000 Euro, per aver riscosso un credito di pari importo, regolarmente fatturato e tassato, preleva successivamente, la stessa cifra, senza poter giustificare l’utilizzo del prelievo o il beneficiario – potrebbe essere egli stesso nella fattispecie – con ogni probabilità a seguito delle indagini finanziarie correlate all’accertamento tributario si vedrà convertito il prelievo di 1.000 Euro, in ricavo occulto di 1.000 Euro, rendendo pari a 2.000 Euro la presunta evasione, a fronte di un reddito prodotto e documentato pari alla metà. Questa si che è finanza creativa ! E che dire a quei professionisti che per motivi di corretta amministrazione – per non confondere le informazioni sulle fonti di introito – hanno sempre tenuto, due conti bancari distinti, uno professionale e l’altro personale, dovranno rassegnarsi a tenere la contabilità per i movimenti sul conto bancario privato e con quale valenza probatoria, conservando gli scontrini per gli acquisti dal pizzicagnolo o dal fruttivendolo o all’ipermercato e le ricevute fiscali delle cene offerte al coniuge il sabato sera ? E ancora, come potrà documentare le uscite per l’acquisto di quotidiani, settimanali o altro, per i quali non esiste un documento fiscale rilasciato dall’esercente, dovrà obbligatoriamente abbonarsi al quotidiano o al settimanale per giustificare i prelievi bancari per la propria formazione culturale ? E che dire degli assegni emessi all’ordine di se stesso – gli assegni M.M. nel gergo comune – per poter prelevare, per scopi personali, i fondi regolarmente Conclusioni
Che dire in conclusione di una normativa che prospetticamente inventa e raddoppia la ricchezza prodotta dai professionisti. Ben poco, oltre l’amarezza di constatare che ove l’Agenzia delle Entrate, nell’avviare le prossime campagne di accertamento nei costituiti sul conto corrente o dei prelievi Bancomat, in cui il beneficiario, tranne l’ipotesi di furto o di clonazione della carta, deve essere necessariamente il professionista intestatario del conto corrente, devono essere considerati pericolosi e occorrerà rinunciare ad servizi bancari di uso comune, per evitare che il Fisco li trasformi in ricavi occulti, con effetto retroattivo in relazione alle annualità non prescritte ? Insomma, può essere considerata razionale una norma del genere ?
confronti dei professionisti, se non utilizzerà in modo ragionato il nuovo articolo 32 del D.P.R. 600/73 – evitando che prelievi effettuati fino a concorrenza dei redditi prodotti e documentati siano convertiti in ricavi occulti, per il solo fatto che non risulti il beneficiario – non potrà non aspettarsi un aumento della litigiosità tributaria, poiché un simile atteggiamento non colpirebbe i professionisti in quanto produttori di redditi occulti, quanto piuttosto i professionisti, quali contribuenti, supposti inopinatamente omertosi.
Su questo argomento leggi anche:
Indagini bancarie a professionisti: presunzioni semplici e presunzioni legali relative
Movimenti bancari non giustificati: liberalità o incassi professionali?
Accertamento bancario e distribuzione dell’onere della prova
di Enrico Larocca
Novembre 2005
NOTE
1 Cass. n. 14789 del 18/10/2002, Cass. n. 7344 del 13/05/2003, Cass. n. 9956 del 14/10/2005
2 A. Buscema in Accertamento: non sempre le movimentazioni bancarie segnalano un’evasione, in il Fisco n. 35/2005, ed. ETI, Roma, pag. 5509 e ss., fasc. 1 che acutamente osserva come l’estensione dell’accertamento bancario ai professionisti, con valenza retroattiva, può comportare la menomazione del diritto di difesa del professionista, specie in rapporto a movimentazioni finanziarie delle quali non può fornire né il beneficiario né la causa.