La Corte di Cassazione ha affrontato la questione relativa alla ricostruzione dei ricavi nei confronti dei taxisti, legittimando il metodo di ricostruzione adottato dal Fisco.
Ricostruzione dei ricavi dei taxisti: i fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di un esercente attività di taxista nella città di Firenze, per l’anno 2005, avviso di accertamento, ai sensi degli artt. 39, primo comma, d.P.R. 29/09/1973 n. 600 e 62 sexies, comma 3, DL 30/08/1993 n. 331, con il quale rideterminava i ricavi in euro 39.059,00, e conseguentemente un reddito di impresa di spettanza dell’imprenditore pari ad euro 43.601,00, a fronte di quelli dichiarati di euro 1.812,00, ai fini Irpef ed Irap, oltre interessi e sanzioni.
L’Agenzia delle Entrate evidenziava l’inattendibilità del ricavo giornaliero tenendo in considerazione alcuni elementi, tra i quali, il costo di una corsa media sulla base delle tariffe regolamentari, nonché la lunghezza media delle corse di 3,2 Km, oltre che il numero di chilometri dichiarati dal contribuente.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento, contestando in toto l’accertamento dell’Ufficio e chiedendone l’annullamento che veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale.
Tesi che reggeva anche in appello, dove veniva confermato l’accertamento dell’Ufficio circa l’“assoluta antieconomicità” dell’attività svolta dal taxista.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.
Il pensiero della Corte
Osservano gli Ermellini che la sentenza impugnata ha ritenuto che la ricostruzione con metodo analitico-induttivo del maggior reddito del tassista fosse sorretta da presunzioni gravi, precise e concordanti «a proposito delle evidenti incongruenze emerse relativamente ai ricavi dichiarati, tali da far ritenere l’inattendibilità della dichiarazione resa dal contribuente».
Ha suffragato tale convincimento sulla base delle risultanze della documentazione in atti, affermando che da essa…
…«appare evidente che l’ufficio pure in presenza di un’attività congrua e coerente agli studi di settore ha ritenuto esigui, incongruenti e inatte