In caso di contestazione del reato di omesso versamento IVA, è irrilevante il fatto che l’importo indicato nella dichiarazione Iva fosse il frutto di un errore del commercialista, in quanto non era credibile che una piccola ditta individuale, senza dipendenti, potesse aver fatturato importi superiori al milione di euro. La responsabilità dell’imputato sussiste per avere egli firmato la dichiarazione, dato che, afferma la Corte, ai fini della integrazione del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10 – ter del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’entità della somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante dalla dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazioni contabili. La presentazione della dichiarazione, infatti, costituisce un presupposto necessario ai fini della consumazione del reato. Il tema della non corrispondenza del debito dichiarato (superiore alla cd. soglia) con quello che risulta dalla contabilità dell’impresa (in ipotesi ad essa inferiore) non ha perciò alcuna rilevanza posto che la fattispecie non è strutturata intorno al debito effettivo, ma solo a quello dichiarato. (Cassazione, sez. 3 penale, sent. n. 12738/2020 massimata da Giovambattista Palumbo)
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