L’omessa o irregolare compilazione dell’inventario, con mancata suddivisione delle rimanenze per categorie omogenee, compromette l’attendibilità delle scritture contabili e apre al Fisco la possibilità di procedere con l’accertamento induttivo in fase di verifica fiscale. Gli inventari, redatti attorno alla data del 31 dicembre, sono fondamentali per garantire la trasparenza contabile.
In assenza di tale documentazione, il contribuente deve fornire elementi convincenti per contrastare le presunzioni fiscali.
Approfondiamo i dettagli e i casi esaminati dalla Corte di Cassazione.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, si determina un ostacolo nell’analisi contabile del Fisco, così che ne discende l’incompletezza e l’inattendibilità delle scritture contabili, che giustificano anche l’accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), del medesimo d.P.R. e il ricorso alle presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Pertanto, ove il contribuente non abbia assolto – già in sede di accesso, ispezione o verifica – l’onere di mettere a disposizione degli accertatori le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario, egli è tenuto ad esibirle, al più tardi, in sede contenziosa, onde consentire al giudice di merito, ferma la legittimità del metodo dell’accertamento, di valutarne l’attendibilità.
Il caso: accertamento induttivo per assenza di inventario
È questo, in sostanza, il pensiero della Corte di Cassazione, espresso nell’ordinanza n. 25744 del 26 settembre 2024.
La Corte prosegue, richiamando un recente pronunciamento – Cassazione 13/06/2024, n. 16528 – secondo cui:
“il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l’accertamento induttivo “puro”, fondato su presunzioni cd. supersemplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l’Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l’utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva”.
Resta fermo che:
“in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e