Esaminiamo un caso pratico di contenzioso sulle operazioni soggettivamente inesistenti. Puntiamo il mouse sul doppio binario probatorio tributario e penale e sulle prove ammissibili nel processo tributario. Valutiamo le argomentazioni della difesa; il pensiero della Corte di Cassazione, le prove ammissibili, le controprove e le considerazioni dell’autore
La Corte di Cassazione è intervenuta ancora una volta sul dibattito relativo alle operazioni soggettivamente inesistenti, confermando il cd. doppio binario.
Prova per le operazioni soggettivamente inesistenti: introduzione al caso di Cassazione
L’Agenzia delle entrate ha notificato ad una s.p.a. un avviso d’accertamento, relativo all’anno d’imposta 2008, con cui ha contestato, fra l’altro, la partecipazione della contribuente ad operazioni soggettivamente inesistenti.
L’accertamento trovava genesi nella verifica eseguita nei confronti di una s.r.l., ritenuta una cartiera.
Il giudizio di primo grado, favorevole alla società, è stato ribaltato in appello.
Il giudice regionale, nel merito, ha rilevato che l’Agenzia delle entrate aveva dato prova della frode organizzata da un complesso di cartiere, delle responsabilità della contribuente, che di contro non aveva dimostrato la sua estraneità alla vicenda.
Ricorso in Cassazione: le argomentazioni della difesa
Da qui il ricorso in Cassazione.
Nella illustrazione del motivo, la difesa della società si sofferma su quelli che reputa gli errori commessi dal giudice d’appello nel riconoscere le responsabilità della ricorrente, per:
- non aver considerato che a tal fine è necessaria la “connivenza nella frode” o la “consapevolezza” da parte della cessionaria;
- non aver valorizzato la circostanza che per annualità pregresse le medesime contestazioni fiscali erano state annullate da altre pronunce, divenute definitive;
- aver fondato il proprio convincimento su fatti non rispondenti alla realtà, quali il riscontro di rapporti della società con una pluralità di altre società cartiera;
- non aver tenuto conto dell’archiviazione, in sede penale, delle indagini nei confronti del legale rappresentante;
- non aver tenuto nella giusta considerazione l’esiguità dell’incidenza economica delle operazioni concluse rispetto al proprio fatturato complessivo, nonché gli ulteriori elementi addotti nel processo a conforto della buona fede della società, da ritenersi quanto meno quale esimente rispetto alle responsabilità addebitate e alla conseguente contestazione della indetraibilità dell’Iva.
Il pensiero della Corte sulle operazioni soggettivamente inesistenti
Il doppio binario probatorio tributario e penale
Per la Corte, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e ai fini Iva:
“quando l’Amministrazione finanziaria contesta che la fatturazione attenga a tale tipo di operazioni, incombe sulla stessa l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza nel destinatario che l’operazione si sia inserita in una evasione d’imposta.
A tal fine deve dimostrare, anche in via presuntiva ed in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente.