Manteniamo il controllo…di gestione

È un contesto di mercato senza precedenti quello in cui oggi le aziende si trovano ad operare. Globalizzazione, innovazione tecnologica, politiche ambientali, temi di ecosostenibilità, difficoltà negli approvvigionamenti, fattori geopolitici, normative sempre più stringenti, rappresentano ostacoli quotidiani alla corretta conduzione di tutte le attività aziendali, tanto da accrescere sensibilmente la complessità nella gestione delle risorse.
I modelli di business che fino a pochi anni addietro risultavano idonei a garantire il raggiungimento degli obiettivi strategici, appaiono oggi quasi inadeguati rispetto all’ambiente in cui le imprese si trovano ad operare.
La governance aziendale è chiamata a pensare a soluzioni strategiche idonee a fronteggiare nuove e più complesse situazioni di rischio e a cogliere le opportunità che al cambiamento non mancano mai di accompagnarsi, al fine di garantire la sopravvivenza del sistema impresa nel tempo, preservandone il valore.
In tale scenario assume notevole importanza quale fattore competitivo la capacità delle aziende di possedere e mantenere un sistema capace di dirigere le decisioni aziendali. (A cura di Enrico Fippaldini)

Il compito della Governance Aziendale

controllo di gestioneIl sistema di Pianificazione e Controllo rappresenta lo strumento in grado di fornire il supporto informativo necessario al processo decisionale nelle governance delle aziende.

Ed è proprio partendo dal significato del termine “controllo”, importato dall’inglese “control” inteso nella sua accezione di “governo” e “direzione” che ritroviamo tale sistema a supporto dei processi decisionali.

Controllare significa dunque governare le attività aziendali in modo non schematizzato, ma in base alle peculiarità di ciascuna realtà imprenditoriale ed al contesto in cui l’azienda opera.

La nascita dei sistemi di controllo viene fatta risalire all’Ottocento negli Stati Uniti.

In questa fase di sviluppo preindustriale, gli strumenti utilizzati per il controllo erano molto semplici ed elementari.

Successivamente, la creazione di aziende specializzate di tipo industriale, si accompagnò allo sviluppo di controlli che si proponevano il presidio di efficacia ed efficienza, ed erano finalizzati alla determinazione del costo di produzione sulla base delle risorse effettivamente impiegate nei reparti produttivi, in contesti caratterizzati da una bassa integrazione verticale e dalla prevalenza di materie prime e di lavoro diretto.

Vi era una forte prevalenza del controllo sull’esecuzione dei compiti e le competenze dei controller erano anche tecniche per la fissazione degli standard, partendo dal presupposto che i processi fossero ripetibili nel tempo e standardizzabili.

Nei primi decenni del 900, si assiste ad una evoluzione del controllo: la necessità di crescita dimensionale delle organizzazioni spinse alla ricerca di fonti di finanziamento esterne, con una conseguente attenzione alla comunicazione esterna di dati contabili.

Emerse in tal modo con chiarezza l’importanza del rapporto fra informazioni e controllo.

Il controllo in tutte le sue accezioni diventa progressivamente qualcosa di non episodico ma, piuttosto di sistemico come evidenziato dalla letteratura in materia (esempio Robert Anthony nel suo libro “Sistemi di Pianificazione e Controllo”).

Oggi il ruolo del controllo in azienda va nuovamente ripensato non più solo come strumento “reattivo” in grado di individuare le cause degli scostamenti tra risultati ed obiettivi, ma anche e soprattutto quale sistema “proattivo” in grado di simulare ipotesi di scenario in funzione delle variabili che potenzialmente possono intervenire causando condizioni di rischio in caso di non adeguata risposta da parte della governance aziendale.

L’attuale contesto ipercompetitivo impone strategie esplicite e flessibili alle quali deve, con altrettanta flessibilità e trasparenza agganciarsi il controllo di gestione.

Un controllo attento alle dinamiche dei ricavi, che tiene sotto osservazione i costi in modo che rimangano in linea con il budget, strumento o fondamentale di questo controllo, oggi non è più sufficiente.

Questo controllo “tradizionale” nel nuovo contesto competitivo sarebbe parziale e talvolta potrebbe anche essere pericolosamente distorcente della realtà.

Nell’era dell’ipercompetizione al centro delle attenzioni deve esserci la strategia aziendale e il conseguente riposizionamento strategico continuo dell’impresa attraverso analisi di scenari e dei possibili impatti sulla redditività e sulla finanza in ottica di perseguimento della continuità aziendale.

Oggi, quindi ogni società può e deve “attrezzarsi” per prendere buone decisioni, indipendentemente dalle sue dimensioni.

 

Controllo di gestione da opportunità a necessità

Lo scorso 15 luglio 2022 è entrato in vigore il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” così come è stato definito dal D. Lgs 14/2019 (e successivamente modificato dal D.Lgs 83/22 del 15 giugno 2022).

Si tratta di un complesso di norme che riforma in maniera profonda, dopo oltre 70 anni, la disciplina in materia fallimentare.

Il D. Lgs 14/2919 introduce una modifica al Codice civile prevedendo l’aggiunta del comma 2 all’art. 2086 codice civile che dispone con validità per tutte le società, quanto segue:

“L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

In prima battuta la legge obbliga in maniera esplicita le aziende – anche quelle meno strutturate – a dotarsi di un assetto organizzativo e gestionale adeguato alla rilevazione precoce dei segnali di crisi.

Non è un caso che le parole d’ordine siano quelle tipiche dei sistemi di gestione: analisi del rischio, prevenzione, pianificazione, controllo dei processi, definizione delle procedure, selezione e monitoraggio degli indicatori.

L’assetto di una organizzazione è rappresentato dall’insieme di responsabilità, regole e criteri di controllo che servono per “governare” l’azienda.

Governare l’azienda significa fare in modo che vada nella direzione giusta, nel rispetto degli obiettivi definiti ottimizzando il più possibile le risorse impegnate.

Gli obiettivi dipendono dalle strategie e dalle risorse disponibili.

Da qui potremmo definire come assetto organizzativo adeguato “l’insieme delle regole, responsabilità e controlli finalizzati al raggiungimento degli obiettivi”.

L’adeguatezza, come conseguenza logica sarà soddisfatta se l’assetto organizzativo è bilanciato con gli obiettivi e questi sono perseguibili.

L’assetto amministrativo e contabile si ritiene adeguato se permette “la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione, la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio” (CNDCEC, Febbraio 2018).

 

Il sistema di pianificazione e controllo

Elemento centrale nella valutazione degli assetti aziendali è la presenza di un adeguato ed efficiente sistema di pianificazione e controllo che permetta all’azienda di sviluppare un vantaggio in termini di individuazione preventiva dei rischi ai quali la stessa è esposta e la loro conseguente mitigazione o eliminazione.

Sistemi di pianificazione e controllo efficaci sono in grado di individuare i segnali di squilibrio e di attivare tempestivamente le opportune azioni correttive ed eventualmente gli strumenti e le procedure di allerta previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza, al fine di evitare situazioni di crisi e di preservare la continuità aziendale.

Come già è accaduto con altre riforme, le aziende sono di fronte a un obbligo che può diventare opportunità.

L’obbligo è rappresentato dall’adeguamento alla nuova normativa, l’opportunità consiste nel tradurre questo adeguamento in un modello organizzativo al servizio degli obiettivi strategici e dell’operatività ordinaria dell’impresa.

In pratica, le imprese devono dotarsi di strumenti idonei a monitorare lo stato di salute dell’azienda e, soprattutto, a farlo con cadenza ricorrente e ravvicinata, in un’ottica soprattutto preventiva e di controllo, non meramente consuntiva.

La vita di un’impresa è caratterizzata dall’alternarsi di fasi di successo e di difficoltà che a volte possono sfociare in una fase di declino oltre il quale si può manifestare la crisi.

Il fattore temporale nella gestione e soluzione della crisi è un elemento determinante in quanto un ritardo può portare ad una situazione irreversibile che può portare l’impresa verso il dissesto.

Nella fase iniziale ogni situazione di crisi può essere considerata reversibile e solo una pronta valutazione degli squilibri presenti e delle cause possono dare un quadro esatto della possibilità di risoluzione della situazione di difficoltà creatasi.

Le recenti esperienze mostrano come il tradizionale percorso dell’impresa che, dalla situazione di normalità volge verso una situazione di crisi, preceduta da una fase di declino, abbia subito una evidente riduzione in termini temporali.

Le imprese devono quindi sviluppare una capacità di prevenire la crisi anche mediante l’utilizzo di strumenti e di attività tipiche del controllo di gestione.

Nelle aziende esistono spesso dei sistemi di programmazione (budgeting) e controllo imperniati sulla sola variabile economica e sulla misurazione dei risultati ottenuti.

Le attività svolte in termini di controllo si limitano spesso alla sola analisi degli scostamenti.

In un’ottica di prevenzione è necessario introdurre altri sistemi più articolati e/o evoluti che permettano di:

  • svolgere non solo le attività di analisi degli scostamenti ma anche l’effettuazione delle analisi delle varianze;
     
  • passare dalla sola dimensione economica a quella finanziaria;
     
  • orientare il sistema al futuro attraverso l’utilizzo del forecasting e degli scenari.

In un’ottica economica la contemporanea presenza della possibilità di effettuare l’analisi degli scostamenti e l’analisi delle varianze permette alle imprese di conoscere non solo le aree aziendali che devono essere oggetto di un approfondimento, bensì di effettuarlo andando ad individuare elementi come: gli effetti prezzo, quantità e di mix che possono essere indici di criticità.

Il passaggio da un processo di programmazione e controllo che, oltre ai fattori economici, prende in esame anche gli aspetti finanziari si traduce nell’introduzione di elementi come: il budget di tesoreria; lo stato patrimoniale e il rendiconto finanziario previsionali.

L’utilità di questi strumenti è legata in particolare alla possibilità di verificare la sostenibilità finanziaria delle politiche economiche che l’azienda intende perseguire.

Il processo di budgeting diventa, quindi, più articolato e, una volta definito il dato economico previsionale, è possibile verificarne l’impatto in termini di struttura patrimoniale e finanziaria anche con l’ausilio degli indicatori definiti in fase di analisi di bilancio.        

Da tale nuova disposizione scaturiscono in capo agli organi di governance i seguenti obblighi:

  1. l’istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla rilevazione della crisi e della mancanza di continuità aziendale;
     
  2. l’adozione di uno strumento, tra quelli previsti dal Codice, per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale;
     
  3. e l’attuazione dello strumento adottato.

In sostanza, l’utilizzo dinamico e funzionale dell’assetto organizzativo alla rilevazione anticipata dello stato di crisi e della perdita di continuità aziendale richiede la presenza di un sistema di rilevazione anticipata dei rischi significativi, che possano minacciare l’equilibrio finanziario e la sopravvivenza dell’impresa.

Tale obiettivo può essere raggiunto solo attraverso l’istituzione di un’adeguata pianificazione finanziaria, che attraverso il bilancio di previsione e il connesso sistema di raccolta dati (indicatori patrimoniali, economici e finanziari), consenta di verificarne con tempestività gli scostamenti con gli indicatori della crisi.

 

Come implementare un sistema di controllo

I sistemi più evoluti di controllo di gestione aziendali fanno riferimento i sistemi al modello delle Balanced Scorecard di Kaplan.

Tale modello integra efficacemente le esigenze aziendali di breve termine con gli obiettivi di continuità e miglioramento di medio periodo.

Il modello propone quattro aree di monitoraggio per il controllo di gestione aziendale.

 

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1) Area Economico-Finanziaria:

Attraverso le analisi dei risultati economici e finanziari di periodo vengono effettuate le misurazioni degli scostamenti rispetto agli obiettivi fissati dai piani aziendali con evidenza delle cause generanti.

La reportistica prevede la costruzione di modelli di simulazione disegnati appositamente per il settore, il contesto competitivo, la strategia di business che consentono alle imprese di effettuare scelte in base agli obiettivi economico-finanziari, quali ad esempio, l’aumento dei ricavi, l’incremento della produttività, la riduzione dei costi, l’utilizzo delle risorse patrimoniali, la capacità finanziaria a sostenere la gestione operativa e non operativa, la gestione del rischio aziendale.

 

2) Area Commerciale

Attraverso le analisi quantitative e qualitative delle vendite l’azienda dispone delle informazioni per rispondere prima e meglio dei concorrenti alle veloci mutazioni della domanda e mantenere ed incrementare rapporti profittevoli con i clienti target e monitorare l’andamento dei mercati di riferimento.

 

3) Area dei Processi

Attraverso le analisi dei processi si definiscono la gamma delle varie misure riconducibili ai fattori chiave: costi (variabili, fissi, diretti, indiretti, etc..), qualità in senso generale (offerta e percepita) e tempo: per ciascuno di questi fattori si individuano misure ed indici di convenienza economica, efficienza, make or buy, lead time, etc.

 

4) Area Asset e Risorse Umane

Attraverso una serie di analisi mirate si procede con la verifica degli asset aziendali e della loro coerenza con gli obiettivi, sia per le infrastrutture che per il personale per il quale vengono definiti appositi indicatori di performance (kpi) per il monitoraggio dell’efficienza nelle attività svolte da ciascuna risorsa.

Premesso che la definizione di una struttura di controllo non può essere definita attraverso una procedura standardizzata stante l’unicità del sistema azienda, l’implementazione di strumenti di controllo di gestione deve comunque avvenire attraverso una metodologia sistematica che, partendo dall’analisi dello stato attuale, si concluda con la progettazione del modello di controllo e la sua implementazione, tenendo conto della dimensione aziendale, la sua struttura organizzativa e le risorse disponibili a tale attività.

 

I cinque passaggi fondamentali

Pensando ad un ideale percorso di implementazione, le fasi attraverso le quali definire tale piano di lavoro possono essere individuate in cinque passaggi.

 

1) Analisi del modello di business in corso

analisi dello stato attuale prendendo in esame il modello di business ed i processi che lo governano attraverso l’analisi delle attività svolte nelle diverse funzioni aziendali.

In tale fase di progettazione vengono inoltre definiti gli oggetti del controllo (a titolo d’esempio il fatturato, la produzione, l’entità scorte, il personale, la redditività, il costo industriale ecc.), le loro dimensioni ed i Kpi.

È opportuno e necessario che, in fase di progettazione degli elementi del sistema di controllo, si prendano in considerazione tutti gli oggetti e le dimensioni possibili ancorché poi non utilizzate nei report.

Avere un set di variabili flessibile e completo, che a livello di sistema sia implementato nella sua interezza, consente, qualora si modifichino alcune esigenze aziendali, di non modificare i sistemi a livello di database, ma solo a livello di singoli report.

La scelta degli oggetti e delle dimensioni del controllo evidenzia come l’azienda intende competere sul mercato.

Così, ad esempio, nel caso in cui il vantaggio competitivo perseguito dipenda maggiormente da variabili produttive e tecnologiche, gli aspetti organizzativo e produttivi ed i costi relativi dovranno essere le prime variabili da evidenziare quali oggetti di controllo.

Nel caso, viceversa, in cui il vantaggio competitivo perseguito dipenda maggiormente da variabili di mercato gli oggetti di controllo dovranno essere strutturati per evidenziare soprattutto risultati intermedi (margini) di tipo commerciale.

 

2) Il cost accounting

Scelta del modello di cost accounting (direct costing, full costing, ecc): la definizione del modello condiziona il sistema di rilevazione delle informazioni che alimentano il sistema di controllo, sia per quanto riguarda i dati provenienti dal sistema di imputazione primaria (contabilità analitica), sia per quanto riguarda i dati provenienti dai sottosistemi di processo.

Non esiste un’unica modalità universalmente corretta di impostare il calcolo analitico dei ricavi e dei costi in relazione ad un prescelto oggetto di analisi, esistono costi diversi in situazioni aziendali e di ambiente esterno differenti in quanto ogni situazione richiede soluzioni che rispondano nel modo migliore ai fabbisogni strategici e di controllo della direzione d’impresa.

Infatti, l’utilizzo in alternativa del calcolo a costi variabili, del calcolo a costi diretti (direct costing) o del calcolo a costo pieni (full costing) consente di dare una maggior enfasi su alcune aree funzionali e su alcune variabili gestionali piuttosto che ad altre.

Così con l’utilizzo di una configurazione a costi diretti si pone l’enfasi sull’efficienza e sui volumi di vendita, mentre con l’utilizzo di una configurazione full costing l’impresa è stimolata a concentrarsi sui volumi di produzione, e da ultimo con il direct costing si pone un’enfasi diffusa su aree di risultato e, in particolare, sui centri di responsabilità.

 

3) Scelta del modello di contabilità analitica

La contabilità analitica è uno strumento della struttura informativa tecnico-contabile mediante il quale sono raccolte ed elaborate informazioni di tipo quantitativo-monetario di supporto alle decisioni del management e, più in generale, al controllo di gestione.

La contabilità analitica elabora prevalentemente informazioni quantitativo-monetarie relative al consumo dei fattori produttivi (costi).

È questo il motivo per il quale si usa molto spesso la locuzione analisi e contabilità dei costi per identificare lo strumento in oggetto.

In realtà, gli output informativi della contabilità analitica sono più ampi: le informazioni prodotte dalla contabilità analitica concernono, costi, ricavi e risultati economici di particolari oggetti individuabili nell’ambito del sistema aziendale, tipicamente prodotti, ma anche reparti, clienti, processi gestionali, ecc..

Tramite la procedura di contabilità analitica è possibile ottenere il controllo economico della gestione aziendale.

Attraverso la misurazione delle singole operazioni aziendali, la contabilità analitica fornisce i costi ed i ricavi per reparto, per commessa, per linea di prodotto, per gruppi di persone e risorse ecc.: aspetti analitici che la contabilità ordinaria non è in grado di fornire in quanto, allo scopo di determinare il risultato di esercizio distingue i fatti amministrativi per natura e non per destinazione.

A tale riguardo vengono individuati i Centri di Costo o di Ricavo che consentono di attribuire le risorse sulla base del loro effettivo utilizzo ripartendo i costi e i ricavi su tali entità omogenee.

Il Centro di Costo rappresenta quindi uno strumento contabile parallelo che serve per attribuire in modo più appropriato i costi ai prodotti (o ai servizi): è un’unità organizzativa cui è assegnata la responsabilità di gestire risorse che generano costi; sulla base di specifiche rilevazioni è possibile stabilire come sono state impiegate le risorse dall’unità organizzativa e verificare se ed in che modo gli obiettivi di costo, prefissati in sede preventiva, sono stati conseguiti.

L’uso dei Centri di Costo è necessario per diversi scopi:
  • per ripartire in modo corretto i costi comuni a più prodotti;
     
  • per responsabilizzare gli organi decisionali preposti alla direzione dell’unità organizzativa (sia per contenere la spesa, sia per realizzare livelli di efficienza e produttività adeguati);
     
  • e per disporre di dati informativi e conoscitivi atti a illuminare le scelte e ad influire sulle decisioni.

La progettazione di una contabilità dei costi intesa come strumento che rileva e organizza, rispetto a prescelti oggetti, quantità economico-finanziarie elementari relative ad accadimenti già verificatesi, impone una serie di scelte.

Tali scelte riguardano:

  • il metodo di calcolo dei costi per il quale optare;
     
  • gli oggetti rispetto ai quali rilevare le informazioni analitiche;
     
  • gli elementi di costo da evidenziare e il loro grado di dettaglio.

 

4) Scelta del sistema informativo

Nelle aziende moderne le informazioni transitano e vengono gestite in modo preferenziale attraverso tecnologie informatiche, la progettazione del sistema di controllo non può prescindere dall’analisi relativa alla struttura informativa dell’azienda, ovvero all’identificazione delle caratteristiche relativamente ad articolazione, forma, tempestività e frequenza di alimentazione, elaborazione e rilascio dell’informativa.

L’analisi deve essere condotta attraverso più direttrici:

  • architettura del software e la modalità di interfacciamento in particolare con il sistema di Contabilità Generale e i suoi sottosistemi collegati;
     
  • architettura dei dati e collegamento con i cicli operativi, mediante verifica delle modalità di gestione dei cicli attivi e passivi: dall’emissione – ricevimento dell’ordine al completamento del ciclo mediante pagamento – incasso della fattura, evidenziandone i disallineamenti e le criticità di processo operativo;
     
  • gestione degli accessi e delle responsabilità preposte all’alimentazione, gestione dell’informativa e garanti dell’integrità del dato.

In assenza di un sistema ERP integrato, per disegnare l’architettura del sistema di controllo è indispensabile integrare i dati attualmente presenti nel sistema informativo contabile e relativi alla contabilità generale con le informazioni inserite in altri data base funzionali, quali ad esempio i sistemi informativi:

  • del personale per poter addebitare il costo del lavoro al relativo centro di costo, al fine di misurare economicità e produttività;
     
  • dei “capex” per poter mappare il costo degli ammortamenti dei beni immobilizzati e per associarlo al relativo centro di costo;
     
  • dei ricavi, in modo tale da poter costruire un dato stimato di ricavo ed un’analisi qualitativa e quantitativa delle vendite;
     
  • di produzione che raccolga dati fisico-tecnici degli stati di avanzamento di lavorazione per ciascun reparto o fase di produzione;
     
  • dei costi operativi per il monitoraggio dell’utilizzo efficace delle risorse a disposizione.

Le differenti fonti informative vengono fatte confluire in un unico ambiente (il sottosistema informativo di controllo) che sarà utilizzato come base dati per la contabilità analitica al fine di supportare la produzione delle informazioni contenute nel sistema di reporting.

 

5) Definizione de sistema di reporting:

i sistemi di reporting sono anche denominati “sistemi di performance management” ovvero strumenti di supporto alle decisioni aziendali, che consentono di favorire e monitorare la gestione dei risultati, in termini sia qualitativi che quantitativi.

Il reporting è strutturato come insieme di rendiconti periodici di controllo finalizzato alla produzione di informazioni “just in time” tramite raccolta ed elaborazione dei dati a supporto del processo decisionale.

Nella costruzione definizione di un sistema di reporting si deve necessariamente prestare attenzione alle dimensioni ed alle variabili degli oggetti di controllo (quali ad esempio il Conto Economico gestionale per area di mercato; l’analisi dei consumi-ricavi-incassi; l’analisi delle produttività e dei costi di produzione; l’implementazione di KPI economico – tecnici per la valutazione delle risorse; l’analisi dello stato d’avanzamento del piano industriale e di eventuali progetti speciali).

Le informazioni contenute nel reporting devono avere un grado di dettaglio idoneo a far comprendere la situazione delle variabili da governare (cogliere problemi) creando la possibilità di prendere decisioni e mettere in atto azioni correttive (intervenire).

Le informazioni inoltre devono essere in grado di far valutare i risultati delle attività (controllare gli effetti) e devono essere tarate sul livello gerarchico (reale potere decisionale).

I vari operatori con i vari ruoli e livelli gerarchici infatti hanno bisogno di informazioni

diversificate soprattutto nel grado di dettaglio ed aggregazione e nella specificità dei contenuti.

 

E se la governance ha dubbi?

Le principali remore che distolgono la governance di molte aziende dall’implementare un controllo di gestione sono legate ai costi che esso potrebbe comportare, senza pensare alle decisioni corrette che potrebbe generare e, conseguentemente, ai maggiori guadagni che potrebbe favorire o alle perdite che permetterebbe di evitare.

In realtà gli ostacoli veri sono costituiti dal tempo necessario per implementare alcune tecniche di controllo di gestione, dalla necessità di formare adeguatamente il personale e di dotarsi di sistemi informatici adeguati.

Proprio su quest’ultimo aspetto occorre notare che, ad esempio in piccole imprese del comparto manifatturiero, la possibilità di calcolare il costo reale del prodotto mediante tecniche gestionali tutto sommato semplici dal punto di vista concettuale si arena a fronte della difficoltà di reperire dati attendibili sui tempi di produzione dei vari lotti di prodotti e sulla corretta ripartizione dei costi indiretti.

In pratica se non si conosce il tempo effettivo di ogni singola fase del ciclo produttivo, comprese le fasi di controllo qualità; il tempo impiegato dal personale produttivo per avviare e controllare la produzione; i costi effettivi di ogni macchina di produzione (costo di acquisto, costi di manutenzione, costi per materiali di consumo ecc.); è sostanzialmente impossibile giungere a calcolare un costo effettivo del prodotto attendibile.

Anche la carenza di competenze del personale costituisce un aspetto importante che tuttavia può essere superato acquisendo esternamente risorse con expertise adeguate (Controller in outsourcing), rimane comunque la necessità di formare il personale incaricato a gestire le informazioni chiave per il controllo di gestione affinché non vengano imputati dati imprecisi che renderebbero vani gli sforzi dell’azienda per implementare un sistema di controllo di gestione.

Come in altre situazioni (sistema qualità, sistemi informatici, ecc.) deve essere investito il tempo necessario affinché il personale sia adeguatamente preparato e consapevole della rilevanza delle attività direttamente gestite.

 

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A cura di Enrico Fippaldini

Venerdì 13 gennaio 2023