Adeguati assetti societari: obblighi, responsabilità e opportunità

di Claudio Sabbatini

Pubblicato il 27 ottobre 2022

Con le modifiche apportate al Codice della crisi d’impresa l’obbligo è posto anche in capo alle imprese individuali.
Un assetto organizzativo risulta adeguato se consente la chiara, precisa e puntuale indicazione dei principali fattori di rischio, anche potenziali, che incombono sull’esercizio dell’attività di impresa, consentendone, allo stesso tempo, il costante monitoraggio e la corretta gestione.
Ad esempio, adottando strumenti di controllo qualitativo, basati sui principi della Balanced scorecard.

Finalità degli adeguati assetti societari

adeguato assetto societarioL’articolo 2086, comma 2, Codice civile[1] prevede che «L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale»[2].

L’obbligo, in capo all’imprenditore, di istituire un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile (di seguito anche solo «adeguati assetti») fa seguito all’obbligo – imposto già con la riforma societaria del 2003[3] - posto in capo ad amministratori e sindaci di valutare periodicamente l’adeguatezza degli assetti organizzativi ed esprimere al riguardo il proprio parere (articoli 2381, commi 3 e 5 e 2401, comma 1, Codice civile)[4].

Secondo il Tribunale di Roma, sentenza 15 settembre 2020, l’elemento di novità introdotto con il comma 2 dell’articolo 2086 consiste nel fatto di aver assegnato a tali assetti un preciso (ed ulteriore) scopo, ossia quello di consentire di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita di continuità aziendale e di attivare prontamente gli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero del going concern.

Pertanto, l’intenzione del legislatore, nell’introdurre il comma 2 dell’articolo 2086 è quello di gestire la crisi d’impresa mediante l’emersione anticipata della situazione di difficoltà (mediante un monitoraggio continuo) e la tempestiva adozione di strumenti legali atti a rimuoverla[5].

 

Assetto societario:
Assetto organizzativo

Individuazione delle funzioni e dei poteri. Si realizza con un organigramma (riferito a tutti i reparti operativi), un insieme di procedure e di un mansionario

Assetto amministrativo

Procedure atte a garantire il corretto ed ordinato svolgimento della tipica attività d’impresa, in tutte le sue fasi

Assetto contabile

Procedure finalizzata a rilevare e comunicare correttamente e tempestivamente i fatti di gestione

 

Dal 16 marzo 2019, data in cui entra in vigore il citato comma 2 dell’articolo 2086, gli adeguati assetti, oltre a consentire di gestire la società secondo i corretti principi economici e di corretta amministrazione, sono diventati uno strumento premonitore di crisi e di perdita della continuità aziendale.

L’adeguatezza degli assetti dipende anche dalla dimensione dell’impresa: il legislatore non ha fornito un parametro di riferimento, pertanto potrebbe farsi riferimento al concetto – statunitense – del business judgment rule, nel senso che l’imprenditore e l’organo amministrativo, nel prendere le decisioni devono agire informati e in buona fede, come pure devono farsi guidare dall’interesse della società nel compiere l’operazione[6].

Come diremo in seguito il judgment rule sostanzialmente può essere benissimo una BSC, di cui parleremo più diffusamente al termine del presente elaborato.

La crisi d’impresa, è bene ricordarlo, è un concetto diverso dall’insolvenza (articolo 5, legge fallimentare), per la quale sono previsti gli strumenti della legge fallimentare.

La crisi d’impresa è definita dall’articolo 2, lettera a), Dlgs 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi e dell’insolvenza o CCI) come «lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi».

Essa viene dopo la perdita della continuità aziendale (going concern) la quale è solo in indizio della crisi.

Sono proprio questi indizi che fanno scattare gli strumenti di allerta previsti dal CCI, ossia gli obblighi di segnalazione, posti a carico degli organi di controllo societari e dei creditori pubblici qualificati[7].

 

Le situazioni patologiche:
Livello di difficoltà
Stato di insolvenza
Stato di crisi
Perdita della continuità aziendale

Crisi accertata

Crisi probabile

Crisi possibile

Strumenti da adottare per la soluzione della difficoltà

Legge fallimentare

Codice della crisi e dell’insolvenza

Adeguati assetti

Es. fallimento

Sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione

Strumenti di allerta (tempestiva segnalazione)

 

La continuità aziendale

Come si nota dalla precedente tabella, gli adeguati assetti servono per monitorare la sussistenza della continuità aziendale.

Quest’ultima rappresenta un postulato fondamentale nella redazione del bilancio (articolo 2423, comma 1, numero 1), Codice civile).

In assenza di una definizione nel Codice civile, la definizione del presupposto della continuità aziendale può essere ricercata in:

  • articolo 3, comma 3, lettera a) CCI che impone di individuare gli elementi specifici in grado di compromettere la continuità aziendale, ossia «rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore»;
     
  • principio contabile OIC 11, paragrafi da 21 a 24, che enfatizzano l’importanza di una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro,