Fine della convivenza di fatto e decadenza dall’agevolazione prima casa

di Giovambattista Palumbo

Pubblicato il 16 agosto 2022

L'esigenza di agevolare fiscalmente una soluzione idonea a garantire l'adempimento delle obbligazioni che gravano in occasione della cessazione del rapporto di coniugio non riguarda anche l'ipotesi di crisi delle convivenze di fatto.
Vero è che i nuovi istituti hanno recepito un diverso modo di intendere e concepire l'istituzione familiare, slegato da un modello generale e immutabile, che ha trovato via via riconoscimento nella giurisprudenza ordinaria ed in quella della Corte Costituzionale.
Tuttavia permane pur sempre la distinzione, già sul piano costituzionale, dalla famiglia fondata sul matrimonio. E ciò non è privo di conseguenze sui relativi regimi di tassazione.

La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di cessazione della convivenza di fatto (more uxorio) e decadenza dall’agevolazione prima casa.

 

I benefici prima casa in caso di convivenza more uxorio

convivenza more uxorio prima casaNel caso di specie, la contribuente proponeva autonomi ricorsi, poi riuniti, avverso gli avvisi di liquidazione con cui l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, nonché rideterminato l'imposta sostitutiva relativa ad un mutuo agevolato, oltre sanzioni ed interessi, in relazione ad immobile acquistato con i benefici "prima casa", nell'ambito di un rapporto di convivenza more uxorio successivamente venuto meno; immobile che la contribuente aveva venduto prima dello scadere dei cinque anni.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva i ricorsi, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale evidenziava che il trasferimento dell'immobile era destinato a regolare i rapporti patrimoniali con il convivente e che:

"(è) fuor di dubbio che la contribuente con la cessazione della convivenza si sia trovata in gravi difficoltà economiche (...) che avevano indotto all'accordo, in modo responsabile ed ineccepibile, gli ex conviventi, titolari, rispettivamente, di una quota del 50% (...)dell'intero diritto di proprietà indivisa della casa di abitazione acquistata, godendo dei benefici prima casa, e del debito residuo derivante dal relativo contratto bancario di mutuo, stipulato con la Banca Nazionale del Lavoro, utilizzato per l'acquisto della medesima casa, su cui era stata applicata l'aliquota agevolata dello 0,25% dell'imposta di registro sostitutiva".

Precisava il giudice di appello che il trasferimento dell'immobile...

..."non ha arrecato alla parte cedente alcun beneficio economico, né vi è stato passaggio di denaro, giusta quanto riportato nell'atto di compravendita, in quanto il valore attribuito alla cessione è risultato pari alla quota di mutuo contratto con la Banca Nazionale del Lavoro dalla ricorrente in comunione con l'acquirente ed ex convivente",

per cui la contribuente non aveva ritratto alcun corrispettivo da impiegare per l'acquisto di altro immobile.

Concludeva, quindi, che la ragione della decisione "non si basa esclusivamente sulla causa di forza maggiore, bensì riguarda prevalentemente la regolazione di rapporti obbligatori esistenti già alla data della cessazione della convivenza" attraverso un accordo di natura novativa.

Avverso tale sentenza propone infine ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, deducendo la violazione dell’art. 1, nota II bis della tariffa, parte prima, allegata al Dpr. 131 del 1986 ed all'art. 1235 cod. civ., essendo incorsa la CTR in errore di diritto laddove aveva escluso la decadenza dall'agevolazione prima casa per effetto della v