Fattura elettronica datata 2018 ricevuta nel 2021: cosa fare?

Come ci si deve comportare se si riceve una fattura elettronica errata? Il dubbio degli operatori, se vi sia l’obbligo di registrarla e come procedere allo storno… Ecco alcuni suggerimenti pratici.

Come comportarsi in caso di fattura elettronica del 2018 ricevuta nel 2021

 

DOMANDA

Ho ricevuto oggi, tramite il Sistema di Interscambio (SdI), una fattura elettronica datata 2018.

Ho contattato l’emittente che mi dice che la fatturazione è avvenuta per un problema del software, il quale ha generato un duplicato di una fattura regolarmente emessa in formato cartaceo nel 2018 e regolarmente da noi pagata.

Non so se devo registrare o meno la fattura appena ricevuta.

Anche in altre occasioni capita di ricevere fatture che non sono di mia competenza, e mi chiedo quali obblighi impone la normativa circa la registrazione di queste fatture.

 

RISPOSTA

Nel rispondere al quesito analizzeremo:

  • la trasmissione di fatture elettroniche tramite il SdI;
  • l’obbligo di registrazione di fatture ricevute;
  • il legame tra fatture per operazioni inesistenti e le note di credito.

 

Fatture trasmesse tramite il SdI

storno fattura elettronicaIl SdI non accetta le fatture riportanti una data successiva all’invio, ma accetta quelle con data antecedente all’invio.

Pertanto, purtroppo, è ben possibile aver ricevuto oggi una fattura recante la data dell’anno 2018.

Si propone quindi la questione circa l’obbligo o meno della registrazione di una fattura ricevuta.

 

Registrazione delle fatture di acquisto

In genere, per le fatture emesse dal 2017 (in virtù della nuova formulazione dell’art. 25, Dpr 633/1972) vige l’obbligo di registrazione, anche per quelle fatture per le quali l’Iva risulta essere indetraibile.

Ciò sulla base della formulazione letterale dell’art. 25 citato secondo cui l’annotazione deve avvenire o nei termini per l’esercizio della detrazione (art. 19 comma 1, Dpr 633) e “comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura”.

Quest’ultimo inciso lascerebbe intendere che vi è un obbligo di registrazione anche nel caso fossero spirati i termini per esercitare il diritto alla detrazione.

Però, si osserva che non è mai stata abrogata la disposizione contenuta nell’articolo 6, comma 7, Dpr 695/1996 secondo cui:

non sussiste, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’obbligo di annotare le fatture e le bollette doganali relative ad acquisti e importazioni per i quali ricorrono le condizioni di indetraibilità dell’imposta stabilite dal secondo comma dell’articolo 19 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

 

Fattura per operazioni inesistenti

Nel caso specifico, la fattura cartacea emessa nel 2018 è relativa ad una operazione realmente esistente e per la quale il diritto alla detrazione è già stato (a suo tempo) esercitato dal cessionario/committente.

Per cui diremmo che la fattura ricevuta oggi non può essere relativa alla stessa operazione.

O meglio, la fattura ora ricevuta non certifica alcuna nuova operazione effettuata.

In tal caso la questione è molto prossima ad una fattura per operazioni inesistenti, che:

  1. da un lato impediscono al cessionario/committente di esercitare il diritto alla detrazione (art. 19 comma 1 Dpr 633/1972, in quanto l’imposta indicata sul documento non attiene ad un tributo assolta o addebitata nell’esercizio di una operazione rientrante nell’attività di impresa esercitata).
    In tal caso il problema non è se la fattura vada o meno registrata, data l’indetraibilità dell’Iva, ma è ben più importante: si apre la questione delle fatture per operazioni inesistenti, che impedisce all’acquirente di annotare documenti per i quali non vi è una operazione sottostante, al fine di non essere considerati consapevoli del reato previsto dalle norme sulle sanzioni penali-tributarie (artt. 2 e 8, Dlgs 74/2000).
    E’ opportuno che l’acquirente scriva una pec affermando che non ha mai fatto l’acquisto del bene o del servizio di cui alla fattura ricevuta. Sul punto si riporta la Faq 18 sulle fatture elettroniche (https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/287582/16+Tutte+le+faq+%28aggiornate+al+1+luglio+2021%29_2.pdf/8972a305-aaa1-a15b-3b11-9147e4f204e8 ):

    FAQ n. 18 pubblicata il 27 novembre 2018

    Domanda

    Nel caso riceva una fattura per merce mai acquistata, cosa devo fare?

    Risposta

    L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non ha introdotto disposizioni riguardanti il “rifiuto” di una fattura.

    Pertanto, nel caso in esempio, il cessionario che riceva una fattura per una partita di merce mai ricevuta potrà rifiutarla o contestarla comunicando direttamente con il cedente (es. via email, telefono ecc.): non è possibile veicolare alcun tipo di comunicazione di rifiuto o contestazione attraverso il canale del SdI”;
     

  2. da un lato diviene opportuno per l’emittente stornare la fattura erroneamente emessa.
    Si ricorda che l’emissione della nota di credito è una facoltà per l’emittente (art. 26, commi 2 e 3, Dpr 633/1972).
    Ma in questo caso diventa opportuno, in quanto diversamente l’imposta resta dovuta da parte dell’emittente (articolo 21, comma 7, Dpr 633/1972).

 

Nota di credito a storno di fatture per operazioni inesistenti

La delicatezza della questione è messa ben in risalto dalla giurisprudenza che ha toccato il tema del rapporto tra fattura per operazioni inesistenti e nota di credito.

Il contribuente che ha emesso fatture per operazioni inesistenti non può accedere alla procedura di regolarizzazione dell’IVA indebitamente fatturata, tramite il ricorso alle note di variazione, se non dimostra la sua buona fede o l’eliminazione, in tempo utile, del rischio di perdite di gettito erariale (Cassazione, 18.11.2011, n. 24231).

La sentenza di Cassazione 9.6.2014, n. 12995 conferma che l’emittente di fatture fittizie non può giovarsi dell’emissione di una nota di credito per evitare il pagamento dell’IVA indebitamente fatturata perché in tema di IVA, la speciale procedura di variazione prevista dall’art. 26, presuppone necessariamente che l’operazione per la quale sia stata emessa fattura, da rettificare perché venuta meno in tutto o in parte in conseguenza di uno degli specifici motivi indicati nel secondo comma della norma stessa, sia una operazione vera e reale e non già del tutto inesistente.

Ciò proprio in forza dell’art. 21, co. 7, D.P.R. 633/1972 che, da un lato incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio di cartolarità, e, dall’altro, incide indirettamente, in combinato disposto con gli artt. 19, co. 1, e 26, comma 3, D.P.R. 633/1972 anche sul destinatario della fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta in totale carenza del suo presupposto, e cioè dell’acquisto (o dell’importazione) di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (Cassazione 3 giugno 2015, n. 11396).

Il quadro normativo complessivo, concernente il regime fiscale connesso alla emissione di fattura per operazione in tutto od in parte inesistente, può dunque compendiarsi nello schema seguente, che dà luogo alla formulazione del principio di diritto (Cassazione 27 maggio 2015, n. 10939):
  1. il destinatario della fattura non è legittimato a portare in detrazione l’IVA indebitamente fatturata, laddove non sussista – o non venga ripristinato con procedura di variazione o ancora non sia possibile ripristinare – la corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica;
     
  2. l’emittente della fattura è tenuto, quale soggetto passivo, a versare l’IVA liquidata in fattura, nel caso in cui non abbia tempestivamente provveduto ad avvalersi della specifica disciplina predisposta dallo Stato membro (nella specie dettata dall’art. 26) per emendare gli errori concernenti la emissione o la indicazione dei dati riportati nella fattura: il ripristino della corrispondenza tra realtà economica e rappresentazione cartolare della stessa, riconduce a regolarità il funzionamento del sistema IVA, consentendo l’applicazione della esatta imposta dovuta ed il corretto esercizio del diritto a detrazione, da parte del destinatario della fattura emendata da errori;
     
  3. la inottemperanza dell’emittente agli adempimenti richiesti dalla predetta normativa statale per provvedere alla correzione od all’annullamento della fattura erroneamente emessa, non può tuttavia ritenersi ostativa al riconoscimento del rimborso dell’IVA indebita versata in eccedenza, né può ritenersi condizione integrativa della pretesa  – fatta valere dalla Amministrazione finanziaria – del pagamento della imposta erroneamente liquidata nella fattura, laddove, con accertamento in fatto riservato al Giudice di merito, risulti che sia stato in tempo utile definitivamente eliminato qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale, perdita che si verifica allorché il destinatario della fattura – erroneamente emessa o nella quale è stata indebitamente liquidata l’imposta – abbia esercitato in base a tale documento il diritto alla detrazione (o al rimborso), o comunque possa attualmente esercitare tale diritto: deve riconoscersi la definitiva eliminazione del rischio in questione, quando risulti accertato che la fattura o il documento ad essa considerato equipollente non sia stata “emessa” ai sensi dell’art. 21, comma 1, D.P.R. 633/1972, ovvero quando la fattura erroneamente “emessa”  sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale, o ancora quando l’Amministrazione finanziaria abbia fatto uso fiscale, o ancora quando l’Amministrazione finanziaria abbia contestato e definitivamente disconosciuto con provvedimento divenuto definitivo – o riconosciuto legittimo con accertamento passato in giudicato – il diritto alla detrazione vantato dal destinatario della predetta fattura.

L’eliminazione, in tempo utile, del rischio di perdita del gettito fiscale si ottiene quando il soggetto che ha emesso la fattura ha recuperato dal destinatario la fattura trasmessagli, prima che quello potesse utilizzarla, ovvero, pur non avendo potuto recuperare il documento, è riuscito comunque ad impedire che la fattura emessa potesse essere portata in detrazione dal destinatario (ad esempio comunicando all’ufficio finanziario competente tutti i dati e le informazioni che hanno poi consentito di adottare l’avviso con il quale è stato definitivamente negato al destinatario della fattura il diritto alla detrazione dell’IVA “a monte”).

 

Conclusioni: quali le soluzioni possibili

In definitiva, l’impresa che ha ricevuto la fattura potrà non registrare (sarebbe meglio dire, “non dovrà” registrare la fattura) né pretendere l’emissione della nota di credito.

Semplicemente deve astenersi dal registrare e pagare la fattura.

Sarà opportuno comunicare queste intenzioni in una pec, affermando con chiarezza che la fattura ricevuta non ha un rapporto sottostante di acquisto di beni e servizi.

Quanto all’emittente, farà bene a stornare la fattura erroneamente emessa al fine di evitare di dover versare l’imposta indicata sul documento e per impedire il rischio di evasione legata alla possibilità del destinatario di esercitare il diritto alla detrazione.

 

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A cura di Claudio Sabbatini

Giovedì 22 luglio 2021