Il mancato pagamento del cliente Pubblica Amministrazione che genera crisi di liquidità all’impresa può essere un’esimente dall’applicazione delle sanzioni tributarie per causa di forza maggiore?
La sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi di liquidità aziendale non costituisce, di per sé, forza maggiore, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 472/1997, essendo necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, mediante l’adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 472/1997, per individuare un’ipotesi di causa di forza maggiore nel ritardato pagamento da parte del cliente pubblica amministrazione, è necessario dunque dimostrare che tale ritardo, tenuto conto delle condizioni di mercato e della prassi commerciale, sia del tutto anormale e non consenta al contribuente di adottare misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Il caso di crisi di liquidità di fronte alla Cassazione
La Corte di Cassazione ha recentemente affermato rilevanti considerazioni in tema di possibile esimente dalle sanzioni, ex art. 6, comma 5, Dlgs n. 472/97.
Nel caso di specie, la società contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento, relativa al periodo di imposta 2009, emessa a termini degli artt. 36-bis Dpr. 29 settembre 1973, n. 600 e 54-bis Dpr. 26 ottobre 1972, n. 633, per omesso versamento di imposte.
La società contribuente deduceva – per quanto di interesse – l