Il contributo a fondo perduto e la cessazione dell'attività

Le partite IVA che hanno cessato l’attività in data antecedente al 23 marzo 2021 non possono richiedere il contributo a Fondo Perduto previsto dal decreto Sostegni… ecco alcuni chiarimenti sul nuovo fondo perduto.

Fondo perduto e partita IVA

Il Decreto Sostegni e i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con la Guida pubblicata sul proprio sito internet istituzionale, sembrano dare rilievo, al fine di fruire del contributo a fondo perduto, al dato formale dell’attivazione della partita IVA.

Questa indicazione è in linea di principio corretta, ma la valutazione delle diverse fattispecie deve essere effettuata di volta in volta.

Non si può escludere, infatti, che i contribuenti in possesso della partita Iva, non si trovino nelle condizioni di poter richiedere il predetto contributo.

L’eventuale richiesta, attraverso l’invio telematico dell’apposita istanza, potrebbe dare luogo a sgradite sorprese e, quindi, all’emissione di un atto di recupero rispetto alla somma accredita sul conto corrente del richiedente.

 

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Requisito principale: partita IVA attiva

Il punto di “equilibrio” è rappresentato dal comma 2 secondo cui:

“Il contributo a fondo perduto di cui al comma 1 non spetta, in ogni caso, ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del presente decreto – legge, ai soggetti che hanno attivato la partita Iva dopo l’entrata in vigore del presente decreto – legge, …”.

La rilevanza del dato formale di attivazione della partita Iva si desume da più punti della Guida dell’Agenzia delle Entrate.

In particolare, viene precisato che:

“In caso di attivazione della partita Iva tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020, ai fini del calcolo dei mesi di attività da considerare, il mese nel quale è stata attivata la partita Iva non deve essere considerato”.

Si deve “partire”, quindi, dal 1° gennaio del mese successivo a nulla rilevando, conseguentemente, la comunicazione di inizio dell’attività alla competente Camera di Commercio.

Ad esempio, se la partita Iva è stata attribuita il 10 luglio 2019, devono essere presi in considerazione i mesi e il fatturato dal 1° agosto al 31 dicembre (cinque mesi dell’anno 2019).

Sarà dunque ininfluente la circostanza che l’attività sia concretamente iniziata, ad esempio, il 1° ottobre 2019 con l’emissione delle fatture a partire da tale data.

Assumerà rilevanza esclusivamente la formale attivazione del numero di partita Iva.

 

Cessazione attività al 23/3/2021 e perdita del diritto al contributo

Il contributo non spetta, come detto, ai contribuenti la cui attività risulti cessata alla data del 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del decreto – legge).

Si potrebbe a tal proposito osservare come il semplice possesso della partita Iva dia diritto al contributo, ma in realtà l’affermazione non è del tutto corretta e la valutazione dovrà essere effettuata di volta in volta.

E’ necessario distinguere il formale possesso della partita Iva, rispetto all’avvenuta cessazione, in punto di fatto dell’attività.

Infatti, l’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 impone di comunicare la cessazione dell’attività entro 30 giorni dall’evento.

Si consideri ad esempio, un contribuente che alla data del 23 marzo 2021 sia formalmente in possesso del numero di partita Iva.

Il contribuente potrebbe differire appositamente la comunicazione di cessazione dell’attività con l’unico intento di trovarsi nelle condizioni che gli consentirebbero di presentare l’istanza.

Il contribuente potrebbe trovarsi nella situazione descritta, anche per effetto della pandemia, cioè di vedere azzerato completamente il suo fatturato, anche per effetto delle chiusure.

Tale situazione riguarda, ad esempio, le palestre.

E’ evidente, però, che sia pure subordinatamente alla riapertura dell’attività, il venir meno della sospensione della chiusura, determinerà nuovamente il conseguimento dei corrispettivi.

Invece, ben diversa sarebbe la situazione dei contribuenti che di fatto hanno cessato l’attività, e che non hanno ancora completato formalmente gli adempimenti richiesti dalla legge come, ad esempio,  la comunicazione ai fini Iva. 

In tal caso, come detto, l’Agenzia delle entrate, nell’esercizio dell’attività di controllo, ispezione e verifica, indipendentemente dal possesso del numero di partita Iva, potrebbe considerare cessata l’attività.

In tale ipotesi, come detto, il contribuente non avrebbe diritto a fruire del contributo a fondo perduto e l’eventuale richiesta, seguita dall’accredito della somma, determinerà inevitabilmente l’emissione di un atto di recupero.

E’ evidente che queste situazioni non consentono l’emissione di un atto di recupero automatizzato.

Sarà necessario verificare di volta in volta la situazione.

E’ intuibile, però, come l’Agenzia delle entrate tenga in considerazione con sospetto le comunicazioni della cessazione dell’attività effettuate subito dopo l’entrata in vigore del decreto sostegni (23 marzo 2021) dopo aver ottenuto l’irrogazione del contributo a fondo perduto.

 

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A cura di Nicola Forte

Martedì 6 aprile 2021