Adeguato assetto organizzativo: in cosa consiste?

Cosa si intende per adeguato assetto organizzativo? Quali sono gli strumenti contabili e amministrativi da scegliere per arrivare alla corretta analisi dei dati aziendali?

adeguato assetto organizzativoIn molti si sono interrogati su cosa si intenda per adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile: alcuni hanno utilizzato il dettato normativo per ribadire l’importanza del controllo di gestione come unica salvezza, salvo poi non chiarire cosa si intenda per controllo di gestione, ritrovandosi di conseguenza al punto di partenza, altri hanno tirato in ballo paradigmi strategici e strumenti di conduzione aziendale più o meno avanzata, altri ancora hanno ridotto l’adeguato assetto alla manualistica analoga a quella usata per la qualità o per la L. n. 231/2001, di fronte a tale confusione è quasi giustificata la reazione dei più: ignorare il problema ripromettendosi di occuparsene alla prima occasione.

Il rischio di rimandare è però quello di farsi trovare impreparati: per adeguarsi ci vuole tempo e sono già comparse le prime sentenze di condanna agli amministratori per mancata istituzione dell’adeguato assetto.

E allora, mi sia concessa una personale opinione, frutto dell’esperienza e di quanto mi ha più colpito tra quanto ho avuto occasione di leggere.

Partiamo dalle parole, di solito funziona: contabile, organizzativo e amministrativo e adeguato.

 

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Adeguato assetto organizzativo: contabilità e amministrazione

L’assetto deve essere sì contabile, ma non può ridursi alla sola contabilità e pertanto i dati deriveranno dal sistema informativo e dall’impianto contabile aziendale ma non potranno ridursi a mere riproposizioni di bilanci periodici.

adeguato assetto organizzativoL’assetto deve essere amministrativo e pertanto deve coinvolgere tutti i processi di gestione e amministrazione dell’impresa.

Inoltre l’assetto deve essere organizzativo e richiede pertanto da un lato la presenza di un team che se ne occupi, dall’altro un coinvolgimento più ampio esteso a tutti i livelli aziendali.

Infine, l’assetto deve essere adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

L’adeguatezza dell’assetto alle dimensioni non significa escludere le PMI a priori in quanto inadeguate ma, semplicemente, argomentare che talune procedure di controllo potrebbero nel caso di specie rivelarsi inutili o persino dannose.

 

I quattro che caratterizzano l’adeguato assetto organizzativo dell’azienda

I quattro grandi temi che caratterizzano qualunque azienda e che quindi devono sorreggere l’adeguato assetto sono riassunti nella figura: l’organizzazione, che osserva i dati storici e prende atto del proprio rating, pianifica la gestione con opportune azioni volte al miglioramento che si riflettono sul giudizio sull’affidabilità dell’azienda.

Concentrarsi sull’organizzazione significa comprendere a quali attori sarà affidato il compito di tenere vivo l’adeguato assetto.

Le figure coinvolte appartengono a quattro ruoli organizzativi: la governance, gli organi di audit, l’amministrazione e il controller.

La governance è la principale responsabile (anche sotto il profilo civile e penale) del funzionamento dell’adeguato assetto.

Dovrà fissarne gli obiettivi, che dipenderanno a loro volta dallo scenario e dalla strategia aziendale e verificare la validità delle risposte ottenute.

Gli organi di controllo da un lato dovranno giudicare l’adeguatezza del sistema quale presupposto della correttezza dei risultati, dall’altro contribuiranno a integrare il sistema suggerendo strumenti e procedure atte a migliorarne l’efficienza e l’efficacia.

Sarà solo attraverso una partecipazione attiva della funzione amministrativa che potremo creare sistemi in grado di assicurare il loro funzionamento nel tempo.

Il rischio, infatti, quando si inseriscono strumenti di controllo, è sempre quello di rendere il controllo più oneroso del valore dei risultati ottenuti.

Sarà proprio la funzione amministrativa a dover misurare e segnalare in fase preliminare questo impatto, riferendo alla governance eventuali problemi nell’ottenimento di determinati dati e suggerendo eventuali modifiche alle procedure o introducendone di nuove.

Al controller il ruolo di regista e facilitatore della produzione e fruizione dei dati.

 

Analisi dei dati e bilancio d’esercizio

Le analisi dei dati si suddividono in due grandi categorie: le analisi ex post su dati consuntivi più o meno recenti e quelle ex ante relative a previsioni (di scenario) e pianificazione.

Le seconde hanno bisogno delle prime e le prime devono sfociare nelle seconde.

 

Le analisi a posteriori

Ogni analisi a posteriori andrà pertanto condotta con l’ottica di fornire a chi la leggerà di cogliere sia il visibile, sia l’invisibile e soprattutto individuare spunti di miglioramento.

Uno dei documenti fondamentali di questa analisi è sicuramente la Centrale Rischi di Banca d’Italia, irrinunciabile per qualsiasi azienda di tipo e dimensione.

Oltre alle segnalazioni inframensili di sofferenza e invito al rientro, da un’analisi di una Centrale Rischi dovrebbe emergere l’indicazione in merito al corretto utilizzo delle linee di credito e la corretta pianificazione finanziaria anche alla luce dei flussi di cassa attesi.

Il bilancio periodico è altrettanto vitale.

La periodicità migliore è quella mensile poi, una volta rodato il sistema, potrà essere valutabile un passaggio al trimestrale.

Il documento dovrà contenere conto economico, completo di tutte le appostazioni infraperiodali, lo stato patrimoniale e il rendiconto finanziario.

L’analisi dei dati di bilancio per non restare fine a se stessa deve essere approfondita con l’analisi di fatturato e della marginalità, intesa come differenza tra ricavi e costi per i materiali e le lavorazioni dirette e gli altri costi variabili.

Quanti più elementi l’azienda avrà a disposizione, tanto più facilmente potrà individuare nicchie di guadagno e sacche di perdita.

È questa la chiave di qualsiasi sistema di controllo: all’osservazione dovrà sempre seguire un’azione possibilmente opportunamente pianificata, monitorabile e monitorata.

Solo così sarà possibile un miglioramento del rating.

 

La Pianificazione e il Rating

Quando affrontiamo il tema della Pianificazione, ci accorgiamo come il pianificare stesso ci faccia sentire vulnerabili, forse perché si ha paura di quanto potrebbe emergere o forse perché siamo convinti che sia materialmente impossibile prevedere alcunché, specie nell’era della discontinuità e ancora di più nel particolare momento storico che stiamo vivendo.

Pianificare però non significa prevedere: si tratta di focalizzare un obiettivo, capirne le implicazioni e agire di conseguenza, occorre passare dalla strategia alle azioni.

Come si può notare dall’immagine, la pianificazione precede il rating e di fatto lo progetta.

Il punto di partenza per una buona pianificazione è sempre l’analisi di scenario che consiste nell’individuare quali saranno le tendenze future distinguendo i così detti megatrend dalle “mode passeggere” e cercando di individuare la velocità di evoluzione di tali trend.

È innegabile che il COVID-19 abbia e stia rappresentando una netta cesura nell’analisi di scenario: esattamente come esiste un pre e post 11 settembre 2001, un pre e post 15 settembre 2008 (Lehmnan Brothers) esiste un pre e post COVID-19 e il “post” non è ancora iniziato e al momento solo immaginabile.

Ancora una volta le persone sono al centro: la tecnica dello “scenario planning” vede quali protagonisti i soggetti principali (manager, imprenditori, consulenti, etc …), sono loro che possono immaginare quali scenari possano profilarsi in futuro e su quali possano essere gli effetti sulla domanda dei propri prodotti servizi.

Qualora i piani più pessimisti, ma con un grado di realizzabilità medio-alto, dovessero non garantire la continuità aziendale, occorrerà predisporre anche piani di emergenza, per limitare i danni nel caso lo scenario sfavorevole dovesse realizzarsi.

Gli strumenti ad oggi a supporto della pianificazione strategica sono veramente vasti e richiedono intensi approfondimenti. Si tratta di strumenti pensati e realizzabili per ciascun tipo di azienda a prescindere dalle caratteristiche dimensionali e di attività.

Pensiamo alla SWOT, al Business Model Canvas e alla Balanced Scorecard solo per citare i più importanti.

Proprio nella Balanced scorecard il passaggio dell’esecuzione di una strategia (Strategy Execution) rappresenta il cuore della vita di un’azienda.

ln estrema sintesi, la BSC afferma che le aziende per raggiungere risultati economico finanziari, che soddisfino soci e finanziatori, devono interrogarsi su come debbano apparire alla propria clientela, attraverso il miglioramento e il monitoraggio di alcuni processi chiave che devono essere supportati da una crescita e un progresso continuo delle risorse tecnologiche e umane.

Si coglie quindi un sottile ma solido filo rosso tra Balanced scorecard e Business Plan, protagonista assoluto dell’adeguato assetto e della continuità aziendale.

In fondo cos’è il business plan se non la descrizione del passaggio da un posizionamento strategico attuale ad uno desiderato, avendo cura di indicare le leve che andranno mosse e dimostrando la capacità di monitorare i risultati che verranno?

Gli imprenditori hanno e avranno sempre più bisogno di figure che li affianchino nel modellare il proprio business, professionisti che aiutino semplicemente l’imprenditore a porsi le domande corrette.

La formulazione di un modello di business è quanto di più prospettico e di attuale allo stesso tempo possa esistere: occorre evitare di scrivere il “libro dei sogni” ma di essere più concreti possibili con consapevolezza dei punti di forza e debolezza dell’azienda e delle minacce e opportunità derivanti dall’ambiente in cui opera.

 

A cura di Alessandro Mattavelli

Mercoledì 28 aprile 2021

 

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