Indebita compensazione: la responsabilità penale del contribuente e del commercialista

di Isabella Buscema

Pubblicato il 27 luglio 2020

Fra gli illeciti del diritto penale tributario, quello più frequente è il delitto di indebita compensazione di debiti erariali. La caratteristica di tale illecito, che lo differenzia rispetto alle altre fattispecie risiede nella circostanza che si riscontra quasi sempre la presenza, quale concorrente del reato accanto al contribuente, del professionista, il quale in alcuni casi partecipa all’illecito mediante il rilascio del c.d. visto di conformità e in altri casi invece è il protagonista principale della vicenda, ideando la frode e dando corpo alla stessa, ricevendo poi dal privato il compenso per tale sua attività.
Il contribuente cerca di difendersi sostenendo di essere ignaro della frode posta in essere in via autonoma dal suo commercialista, che aveva agito a sua piena insaputa. Sono imputabili per indebita compensazione di crediti inesistenti o non spettanti sia il legale rappresentante dell’impresa sia il commercialista?

indebita compensazione responsabilitàIl reato di indebita compensazione

Il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10 quater del D.Lgs. n.74/2000 è integrato dal mancato versamento di somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti, ai sensi dell’art. 17 D. Lgs. 241 del 1997.

Non è sufficiente solo il mancato versamento; occorre una operazione di compensazione a mezzo di presentazione di modello F24, momento che segna la consumazione del reato, indipendentemente dalla presentazione della dichiarazione dei redditi.

(Per approfondire..."Indebita compensazione: la prova risiede nell'F24" di Gianfranco Antico)

Il delitto in questione si configura come istantaneo, consumandosi nel momento in cui si procede, nel medesimo periodo d’imposta, alla compensazione di un ulteriore importo di crediti non spettanti o inesistenti che, sommato agli importi già utilizzati in compensazione, sia superiore a cinquantamila euro e si perfeziona all’atto dell’invio o della presentazione del modello F24 all’istituto di credito convenzionato cui è stata conferita apposita delega irrevocabile, ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 241/97.(sentenza Cassazione n. 25336 del 7 giugno 2019).

 

Crediti non spettanti e crediti inesistenti

L’art. 9 del D.Lgs. n. 158/2015, riformulando integralmente l’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000, ha operato una scissione tra crediti non spettanti e crediti inesistenti:

  • con il primo comma, pur confermandosi la fattispecie, viene ridisegnata in maniera autonoma, eliminando il richiamo all’art. 10-bis e prevedendo che la sanzione della reclusione da sei mesi a due anni prevista per chi non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art.17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241, crediti “non spettanti”, si configuri solo al superamento della soglia di punibilità fissata in cinquantamila euro;
     
  • con il secondo comma, invece, è punita più gravemente, con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, la fattispecie di utilizzo in compensazione di crediti “inesistenti” per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

E’ rilevante la definizione di crediti inesistenti fornita dall’art. 13, comma 5, secondo periodo, del D.Lgs. n. 471/97, come modificato dal D.Lgs. n. 158/2015, in base al quale:

“si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo