La Corte di Cassazione, nel confermare che l’accesso presso i locali ad uso promiscuo necessita dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica (ma non la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria), ha tuttavia precisato che, in ogni caso, l’inutilizzabilità delle prove non può riguardare quelle che trovano nell’accesso una mera occasione, come è di regola per le informazioni di terzi e soprattutto per le dichiarazioni del contribuente, le quali potrebbero essere raccolte allo stesso modo anche per strada o direttamente presso gli Uffici dell’organo deputato all’indagine.
Accesso illegittimo: il fatto
L’ordinanza n. 612 del 15 gennaio 2020 della Corte di Cassazione, sul tema dell’accesso illegittimo, rileva che l’Agenzia delle Entrate, a seguito di verifica a carico di un panificio, procedeva ad accertare, in relazione all’anno d’imposta 2007, maggiori ricavi per euro 121.584,69 a fronte di un reddito dichiarato di euro 8.250,00 e ad emettere avviso di accertamento che veniva impugnato.
La Commissione provinciale di Treviso accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando il reddito in euro 24.395,00, come da proposta dell’Amministrazione in sede di conciliazione.
Interposto appello principale dal contribuente ed appello incidentale dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione regionale confermava la sentenza impugnata.
Ricorre per cassazione il contribuente, sostenendo che la decisione impugnata non ha fatto corretta applicazione dell’art. 52, primo e secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, essendo stato accertato in giudizio che le verifiche fiscali hanno avuto luogo in locali ad uso <<promiscuo>> con la sola autorizzazione del Capo Ufficio.
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Verifiche effettuaute in locali ad uso promiscuo
I locali dove era stato effettuato l’accesso e dove si erano svolte le verifiche, oltre ad avere una destinazione <<promiscua>> perché adibiti a luogo di esercizio dell’impresa e ad abitazione, rientravano anche nella tipologia dei <<locali diversi>> in quanto di proprietà di terzi (ossia del padre del cont