Cash Tax – Tassa sui Contanti per contrastare l'Evasione Fiscale: criticità e alternative

A parte le più o meno fondate ipotesi di stampa (mero spunto per riflessioni generali), è sempre certamente proficuo un dibattito sul come incentivare misure cashless, in modo tale da ridurre l’utilizzo del contante e agevolare la lotta all’evasione fiscale. L’articolo evidenzia alcuni profili critici ed anche le esperienze già in atto all’estero.

Il fine di una tale proposta sarebbe stato, in sostanza, quello di penalizzare chi non usa mezzi di pagamento tracciabili.

 

Lotta all’evasione fiscale e lotta ai contanti

tassa sui prelievi di contantiIn parole povere una lotta al contante tramite due azioni congiunte:

1) Far scattare le clausole di salvaguardia Iva, prevedendo però che, per le sole prestazioni e cessioni pagate con mezzi tracciabili, vi fosse un meccanismo di compensazione ai fini imposte dirette del maggior carico Iva;

2) Introdurre una “cash tax(tassa sui contanti), intesa come prelievo/tassazione sui prelievi di contante dal bancomat sopra una certa soglia.

 

Ora, a prescindere da “se” l’ipotesi fosse o meno realistica ed effettiva, ciò su cui preme appuntare l’attenzione è, in ogni caso, l’importanza di incentivare strumenti cashless, non tralasciando comunque anche l’occasione per evidenziare alcuni profili critici legati alla suddetta (supposta) ipotesi.

 

 

Criticità della lotta ai contanti

Tra le possibili criticità si evidenziano infatti le seguenti:

  • Una tale misura potrebbe innanzitutto incentivare fenomeni più gravi di circolazione illecita del contante;
  • A parte la questione politica legata allo scenario di far scattare le clausole di salvaguardia Iva, e a parte l’anomalia tecnico/giuridica di compensare l’aumento Iva con una detrazione ai fini imposte dirette, il meccanismo del credito di imposta non varrebbe comunque per circa 10 milioni di contribuenti incapienti;
  • La spesa legata al credito di imposta rischierebbe di essere una spesa “al buio” senza sapere quale possa essere l’effettivo gettito a copertura.
  • La “cash tax”, che, nello schema descritto, dovrebbe fungere, in pratica, da copertura per il credito di imposta, potrebbe violare vari principi giuridici e costituzionali, tra cui, ad esempio, quello del divieto di doppia imposizione e di capacità contributiva;
  • Laddove fosse il venditore a fare uno sconto al consumatore, utilizzando poi lui direttamente il credito di imposta vi potrebbero essere profili di incompatibilità comunitaria, visto che si avrebbe una integrazione di corrispettivo da parte di terzo, incidendo anche sulla base imponibile Iva;
  • Infine, se il credito di imposta fosse basso, il tasso di emersione sarebbe, comunque, molto contenuto, dato che sarebbe molto più alto il “guadagno” dall’evasione (Iva e IIDD).   
     
    Lo “sconto” per fare emergere davvero base imponibile dovrebbe essere infatti nella misura di almeno il 50%.

Ma, si ripete, a parte più o meno fondate ipotesi di stampa (mero spunto per riflessioni generali), è sempre certamente proficuo un dibattito sul come incentivare misure cashless.

 

Proposte per la lotta all’evasione legata all’uso di contanti

E dunque, venendo a proposte forse più concrete, sarebbe certamente opportuno adottare misure congiunte, di natura non fiscale, che incentivino l’emersione dell’economia sommersa legata all’uso dei contanti, anche considerato che una previsione di imposizione fiscale sui prelievi in contanti, come incentivo all’uso del cashless, rischierebbe di essere regressiva (dato che coloro che utilizzano i pagamenti elettronici sono, in generale, soggetti a più alta capacità contributiva).

 

Ridurre le commissioni per gli esercenti 

Sarebbe dunque probabilmente preferibile procedere, in via primaria, con altri strumenti che non quelli fiscali, intervenendo, tra le altre, sul profilo economico delle commissioni a carico degli esercenti e sui comportamenti di classi meno abbienti (più use al contante), alle quali, ad esempio, fornire card da utilizzare solo per pagamenti elettronici (come nel reddito di cittadinanza).

 

Incentivare i pagamenti attraverso smartphone

Vista l’ampia disponibilità del mezzo, sarebbe inoltre importante incentivare l’uso del mobile payment e dei pagamenti attraverso smartphone, che, di fatto, sono destinati a diventare una vera e propria carta di credito virtuale, con costi di transazione più bassi di quelli del normale circuito bancario.

 

Disciplinare le sanzioni per mancato uso dei POS

pagamenti cashless anti-evasione fiscaleBisognerebbe poi disciplinare, per norma primaria, il regime sanzionatorio in caso di mancato utilizzo dei POS.

Prima del parere contrario del Consiglio di Stato di giugno 2018, era infatti obbligatorio avere il POS e accettare i pagamenti con strumenti elettronici ed erano previste sanzioni fino a 30 Euro per ogni pagamento elettronico rifiutato.

Tale norma faceva affidamento sul già esistente articolo 693 del Codice penale, esteso successivamente anche alla moneta elettronica:

“chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a 30 Euro”.

 

Tuttavia, il 1° giugno 2018 il Consiglio di Stato ha bocciato lo schema di regolamento del Ministero dello Sviluppo Economico (per criticità legate alla violazione del principio di legalità, mancando una chiara norma primaria di precetto) ed eliminato le sanzioni per commercianti e professionisti che non accettano i pagamenti con carta.

 

Obbligo di una percentuale annua di spesa cashless

Infine, se proprio si volesse adottare una misura specificatamente fiscale, anche in funzione di riduzione delle tax expenditures, si potrebbe legare la detraibilità delle spese all’obbligo di una percentuale minima obbligatoria di spese annue da sostenere con strumenti di pagamento elettronici.

La percentuale minima di utilizzo dei pagamenti elettronici potrebbe essere definita in base al reddito lordo annuo adottando una logica progressiva.

 

 

Combattere l’evasione incentivando il cashless

Più che colpire i contanti bisogna dunque incentivare il cashless.

E in tal senso le misure fiscali non sono il solo (e forse neppure il migliore) strumento.

 

Esempi dall’estero di incentivo del cashless 

Cercando conferma nelle esperienze internazionali, a parte il caso (il più citato) della Corea del Sud, altri casi internazionali di misure di incentivazione del cashless li troviamo in Argentina, Uruguay, Colombia, Grecia, Taiwan, Slovacchia e Croazia (tralasciando quelli già percorsi ora anche in Italia della lotteria degli scontrini, come in Portogallo, Messico etc.).

Il meccanismo, in ogni caso, è su per giù sempre lo stesso e cioè: iniziative volte a diminuire l’impatto economico sia su esercenti che su consumatori nel momento in cui si usano i pagamenti elettronici, abbassando, da una parte, le fee (commissione) per i merchant (esercenti) ed applicando uno “sconto” fiscale per chi sceglie di pagare con carte di debito e di credito, dall’altro.

 

Corea del Sud, capofila nell’incentivo al cashless

Nel caso della Corea del Sud, che è quello di maggiore successo, si prevede, ad esempio, una detrazione su imposte dirette, in quel caso stabilita nella misura massima del 20% delle spese effettuate con carta di credito, con doppio limite però di un tetto di circa 2500 dollari e di spese che superino il 25% del reddito lordo e, per gli esercenti, un abbassamento dell’Iva del 2% per le operazioni d’incasso effettuate tramite POS.

 

Il caso della Grecia

Anche in Grecia, dal 2017, ogni contribuente, a seconda della sua fascia di reddito, può portare in detrazione dal 10 al 20% di quello che ha speso con un pagamento elettronico.

La quota minima di spesa da pagare cashless è proporzionale al reddito annuo imponibile:

  • reddito fino a 10.000 Euro: 10%
  • reddito tra i 10.000 e i 30.000 Euro: 15%
  • reddito uguale o superiore ai 30.000 Euro: 20% e fino ad un massimo di 30.000 Euro.

Nel caso in cui la soglia non venga raggiunta, l’aliquota di tassazione però aumenta.

 

Il caso dell’Argentina

Nel caso dell’Argentina, altro caso di successo, è stata invece attuata una politica di rimborso dell’IVA a favore dei consumatori, che variava dal 3 al 5%, per tutti i pagamenti effettuati con il POS.

 

 

Cashless Revolution

In conclusione, come risulta anche dalla quarta edizione del report Ambrosetti “Cashless Revolution”, se nel nostro Paese aumentassero i pagamenti digitali e diminuissero le transazioni regolate in contanti si ridurrebbe l’incidenza dell’economia sommersa e dell’Iva evasa rispetto al Pil, fino a toccare valori, rispettivamente, compresi tra l’11,8% e l’8,8% e l’1,6% e lo 0,4%.

E, grazie a tali riduzioni, si potrebbero recuperare tra un minimo di 11,3 miliardi di euro e un massimo di 63,5 miliardi di euro di economia sommersa e tra 6 miliardi di euro e 28 miliardi di euro di Iva evasa.

Insomma un obiettivo non da poco.

 

 

A cura di Gianbattista Palumbo

Sabato 14 Settembre 2019