Crisi d’impresa e ruolo degli organi di controllo delle società

Oltre al cambiamento dei casi in cui è obbligatoria la nomina dell’organo di controllo nelle società a responsabilità limitata e nelle società cooperative, il Codice della crisi di impresa incide profondamente anche sul ruolo operativo di esso, attribuendogli delle funzioni specifiche di vigilanza e di “allerta”, cioè di segnalazione quanto più tempestiva possibile del manifestarsi di una crisi dell’impresa, intendendo per tale “lo stato di difficoltà economico – finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

Crisi d’impresa e nuovo ruolo degli organi di controllo delle societàOltre al cambiamento dei casi in cui è obbligatoria la nomina dell’organo di controllo nelle società a responsabilità limitata e nelle società cooperative, il Codice della crisi di impresa incide profondamente anche sul ruolo operativo di esso attribuendogli delle funzioni specifiche di vigilanza e di “allerta”, cioè di segnalazione quanto più tempestiva possibile del manifestarsi di una crisi dell’impresa, intendendo per tale “lo stato di difficoltà economico – finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”, come recita la lettera a) dell’art. 2 di questo codice.

Le norme del Codice della crisi che esaminiamo in questo articolo entrano in vigore 18 mesi dopo la pubblicazione di esso nella Gazzetta Ufficiale, quindi il 16 Agosto 2020.

La norma fondamentale su questo argomento è l’art. 14 del Codice della crisi di impresa. Esso stabilisce che gli organi di controllo societari[1], cioè il collegio sindacale, il sindaco unico, il revisore unico e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare: che l’organo amministrativo (consiglio di amministrazione o amministratore unico) valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative:

  • se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato,
  • se sussiste l’equilibrio economico – finanziario di essa,
  • quale è il prevedibile andamento della sua gestione.

 

Oltre a ciò l’organo di controllo ha l’obbligo di segnalare immediatamente all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi dell’impresa (1° comma).

Tale comunicazione deve essere motivata, fatta per iscritto, inviata a mezzo posta elettronica certificata (PEC) o con altro mezzo che assicuri la prova dell’avvenuta ricezione (per esempio: fax, raccomandata cartacea con avviso di ricevimento, ecc.) e deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire all’organo di controllo in merito alle soluzioni individuate ed alle iniziative intraprese.

In caso di omessa o inadeguata risposta ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni[2] delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi da parte dell’organo amministrativo[3], l’organo di controllo ha l’obbligo di informare senza indugio l’OCRI – Organismo di composizione delle Crisi di Impresa[4] costituito presso la Camera di Commercio competente fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, cioè dell’avvio o meno della procedura di composizione assistita della crisi e della nomina o meno del collegio di tre esperti che la deve svolgere, anche in deroga al 1° comma dell’art. 2407 c.c. che prevede l’obbligo di segretezza per i sindaci riguardo ai fatti e ai documenti della società di cui vengono a conoscenza in ragione delle loro funzioni (2° comma dell’art. 14 del Codice della crisi).

E’ facile notare che i primi due commi dell’art. 14 del Codice della crisi di impresa costituiscono una riforma importantissima nel campo del diritto societario dovuta alla crescita dell’ampiezza dei poteri degli organi di controllo in merito alla vigilanza ed alla segnalazione (anche all’esterno, cioè all’OCRI) dei sintomi della crisi dell’impresa rispetto a quella dei poteri dell’organo amministrativo che, anzi, ha l’obbligo di dare delle risposte alle segnalazioni di questo tipo che verranno dall’organo di controllo.

Ovviamente, l’organo di controllo deve stare attento a non abusare di questa crescita dei suoi poteri perché, specie in tempi di difficoltà economiche come quella attuale, c’è il rischio di inondare gli amministratori di comunicazioni sui pericoli dell’insorgenza di quello “stato di difficoltà economico – finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore” in cui consiste la crisi dell’impresa.

Di conseguenza, tale potere deve essere utilizzato solo nel caso di indizi fondati, cioè reali e gravi, dell’avvio di questo processo degenerativo come, del resto, prescrive il 1° comma dell’art. 14 citato. In caso contrario c’è il rischio di arrecare grossi problemi al funzionamento delle società che già hanno difficoltà ad affrontare una situazione economica generale e di mercato difficile e non si possono permettere pure una dialettica interna esasperata fra un organo di controllo ed un organo amministrativo con poteri molto più equilibrati rispetto al passato. La leale collaborazione tra i due organi è assolutamente necessaria. [5]

Non dobbiamo nemmeno nasconderci il rischio che l’ampliamento dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo e la crescita dei poteri di quest’ultimo, se male applicati nella pratica, possano agire da incentivo per gli amministratori delle società[6] a restare sotto i parametri oltre i quali è obbligatoria la nomina dei sindaci o del revisore.

In altre parole, una mini – riforma delle società che nasce per avvistare tempestivamente la crisi delle’impresa e, possibilmente, per risolverla più facilmente, rischia di diventare un incentivo al “nanismo” dell’impresa stessa.[7]

Il 3° comma dell’art. 14 stabilisce poi che la tempestiva segnalazione dell’organo di controllo all’organo amministrativo dell’esistenza di fondati indizi della crisi dell’impresa costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale civile e, riteniamo, anche penale dei componenti degli organi di controllo per le conseguenze pregiudizievoli delle azioni od omissioni successivamente poste in essere dall’organo amministrativo che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione.

Ciò si verifica a condizione che, in caso di omessa o inadeguata risposta ovvero di mancata adozione[8] delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi da parte dell’organo amministrativo di cui al 2° comma dell’art. 14, sia stata effettuata una tempestiva segnalazione all’OCRI. Inoltre, non costituisce giusta causa di revoca dall’incarico di sindaco o di revisore la segnalazione all’organo amministrativo o all’OCRI dell’esistenza di fondati indizi dello stato di crisi dell’impresa effettuata a norma sempre dell’art. 14 del Codice della crisi di impresa.

Infine, le banche e gli altri intermediari finanziari iscritti nell’Albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del Testo unico bancario (Dlgs 385/1993), nel momento in cui comunicano alla società, cioè all’organo amministrativo di essa[9], variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti, hanno l’obbligo di darne notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti (4° comma dell’art. 14).

Per quanto riguarda poi gli indicatori della crisi sono identificati dal comma 1° dell’art. 15 del Codice della crisi di impresa come gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa, intesa sia come organizzazione che come tipologia di attività imprenditoriale esercitata, tenuto conto della data di costituzione e di quella dell’inizio di attività di essa, che sono rilevabili attraverso appositi indici di bilancio che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso (quindi, per massimo un anno) o, quando la durata dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.

Per questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento (in termini di interessi e di quote di capitale prestato da pagare nel periodo considerato) con i flussi di cassa, cioè dell’autofinanziamento, che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto ai mezzi di terzi, vale a dire il rapporto fra queste due grandezze ed anche, secondo noi, se con i mezzi propri la società riesce a finanziare una quota rilevante delle attività a medio – lungo termine e, magari, anche una percentuale delle attività a breve termine, valutazione che pure sarebbe opportuna.

Costituiscono indicatori di crisi anche i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi da parte dell’impresa (della società in questo caso), anche sulla base di quanto previsto dall’art. 24 del Codice della crisi di impresa vale a dire quando si verifica, alternativamente p contemporaneamente:

  1. l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno sessanta giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno centoventi giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. il superamento, nell’ultimo bilancio approvato, o comunque per oltre tre mesi, degli indici elaborati ai sensi dell’art. 13, commi 2° e 3° che trattiamo nei capoversi successivi.

 

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT (in primo luogo quindi secondo la classificazione ATECO), gli indici di cui ai capoversi precedenti che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa.

In particolare, il Consiglio elabora indici specifici per le start-up innovative (Decreto-Legge n° 179 dl 2012, convertito in Legge n° 221 del 2012), le PMI innovative (Decreto-Legge n° 3 del 2015, convertito in Legge n° 22 del 2015), le società in liquidazione e le imprese costituite da almeno due anni. Gli indici elaborati sono approvati con un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (2° comma).

L’utilizzo di questi indici non è obbligatorio, in quanto, l’impresa che non li ritenga adeguati alle proprie caratteristiche ne può specificare le ragioni nella nota integrativa al proprio bilancio di esercizio indicando, nella medesima nota, altri indici idonei a fare ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi. Un professionista indipendente attesta l’adeguatezza di tali indici alle specificità dell’impresa.

L’attestazione è allegata alla nota integrativa al bilancio di esercizio e ne costituisce parte integrante. Essa produce effetti per l’esercizio successivo, nel senso che tali indici si applicheranno anche in esso (3° comma).

L’art. 13 non chiarisce se e in che modo l’impresa possa superare la presunzione del suo stato di crisi[10] desunto sulla base degli indici di cui ai capoversi precedenti o se debba per forza intraprendere una delle procedure previste nel Codice della crisi di impresa. In tal modo c’è il rischio di mettere sotto tutela tutte le imprese in qualche difficoltà ma non decotte o, almeno, insolventi e di rendere loro più difficile la vita gravandole dei costi di queste procedure invece di aiutarle a superare ordinari momenti di difficoltà da cui, nella maggior parte dei casi, possono uscire con le proprie forze. Questo rischio ovviamente si amplifica in un momento di crisi economica diffusa come quello che stiamo attraversando.

Anche in questo caso occorre a nostro giudizio molta prudenza nell’uso di questi indicatori della crisi e sarebbe opportuno prevedere una modalità per cui l’impresa che li sfora di poco possa dimostrare che sta attraversando un momento di difficoltà ma non tale da sfociare nell’insolvenza e da compromettere la continuità dell’attività, vale a dire il 16 Agosto 2020.

 

 

NOTE

[1] Ovviamente la norma si riferisce agli organi di controllo delle società di capitali (Spa, Sapa ed Srl) e cooperative che hanno l’obbligo di istituirli o che comunque, pur non essendo obbligate, li istituiscono di loro volontà.

[2] Riteniamo che questo termine parta dalla scadenza del termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione e non dalla data di quest’ultima.

[3] E questo non solo nel caso in cui l’organo amministrativo non voglia adottare tali misure, ma anche in quello in cui esso non abbia la possibilità di prenderle per l’avanzato stato di crisi dell’impresa.

[4] Anche in questo caso la comunicazione va inviata al referente dell’OCRI previsto dall’art. 16 del Codice della crisi di impresa.

[5] Inoltre, occorre anche considerare quanto nella pratica sia spesso difficile distinguere gli indizi di una crisi dell’impresa grave da quelli di una non grave oppure quelli di una difficoltà passeggera da quelli di una duratura. Proprio per questo occorre molto prudenza nell’uso degli strumenti che l’art. 14 del Codice della crisi di impresa mette a disposizione dell’organo di controllo. Specie poi quando la maggioranza delle imprese italiane hanno problemi di sottocapitalizzazione, di carenza di liquidità, di ritardi nei pagamenti e di eccessiva dipendenza dal credito bancario a breve termine che ben difficilmente possono essere risolti solo da una riforma del diritto societario o da una delle procedure concorsuali.

[6] Abituati, finora, ad essere il dominus della società stessa e a vedere i sindaci e i revisori sostanzialmente quasi come dei loro dipendenti. E questo non è e non è mai stato un bene.

[7] Così come è stato per decenni il limite di 15 dipendenti oltre il quale si applicava l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (Legge 300/1970).

Riteniamo, inoltre, che se le norme citate nel testo non saranno applicate con oculatezza, potrà anche succedere che fra qualche anno i limiti previsti dal 1° comma dell’art. 2477 c.c. verranno fatti tornare agli importi precedenti o ad importi addirittura superiori a questi ultimi, allargando di nuovo la platea delle Srl che non devono nominare l’organo di controllo. 

[8] Sempre entro 60 giorni dalla scadenza del termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione all’organo amministrativo.

[9] O, più spesso nella pratica, agli uffici operativi della società che curano i rapporti con le banche e che, ovviamente, dipendono dall’organo amministrativo di essa.

 

Gianfranco Visconti

25 marzo 2019