Il mancato rispetto del principio di diritto enunciato dalla sentenza del giudice di legittimità assurge a violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c; pertanto, il giudice di rinvio non può eludere il principio di diritto affermato dal giudice di legittimità in tema di accertamento della esistenza della contabilità “in nero”
In ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto[1], onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità (Corte di cassazione 0rdinanza 03 gennaio 2019, n. 45).
L’enunciazione del principio di diritto “vincola il giudice del rinvio che ad esso deve uniformarsi, anche se nel frattempo sono intervenuti mutamenti in seno alla giurisprudenza di legittimità. Quando il principio di diritto al quale deve uniformarsi il giudice del rinvio, nelle more dello stesso, viene superato da una pronuncia della Corte di Giustizia o della Corte Costituzionale che abbiano immediata efficacia, il giudice del rinvio ne deve tenere conto, trattandosi di jus superveniens. Nel giudizio di rinvio è inibito alle parti prendere conclusioni diverse dalle precedenti o c