Ai fini dell’integrazione della fattispecie illecita di dichiarazione fraudolenta, è sufficiente che gli elementi negativi di reddito fittiziamente dichiarati siano supportati da qualsiasi documento che, secondo l’ordinamento tributario, possa essere oggetto di registrazione (con riferimento agli imponibili) nelle scritture contabili obbligatorie ovvero siano detenuti, a fini probatori, nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria; quanto precede, a prescindere se i suddetti documenti abbiano o meno la “forma” di fattura

A tal fine non è necessario stabilire ex post se il documento possa avere tale attitudine, ma è sufficiente che, per le sue caratteristiche estrinseche e per il suo contenuto, tale natura non possa essere esclusa ictu oculi in base alle norme dell’ordinamento tributario sin dalla fase dell’accertamento fiscale.
In altre parole, con la pronuncia in esame, il Supremo Collegio – in aderenza al richiamato testo normativo – afferma che, ai fini dell’integrazione della fattispecie illecita di dichiarazione fraudolenta disciplinata dal menzionato art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, è sufficiente che gli elementi negativi di reddito fittiziamente dichiarati siano supportati da qualsiasi documento che, secondo l’ordinamento tributario, possa essere oggetto di registrazione (con riferimento agli imponibili) nelle scritture contabili obbligatorie ovvero siano detenuti, a fini probatori, nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria; quanto precede, a prescindere se i suddetti documenti hanno o meno la “forma” di fattura.
Infatti, come evidenziato nella sentenza in argomento, l’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 disciplina solamente il contenuto delle fattura, ma non individua una “forma standardizzata” della stessa, prevedendo semplicemente che, per ciascuna operazione imponibile ai fini IVA, il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestaz

