Ai fini dell’integrazione della fattispecie illecita di dichiarazione fraudolenta, è sufficiente che gli elementi negativi di reddito fittiziamente dichiarati siano supportati da qualsiasi documento che, secondo l’ordinamento tributario, possa essere oggetto di registrazione (con riferimento agli imponibili) nelle scritture contabili obbligatorie ovvero siano detenuti, a fini probatori, nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria; quanto precede, a prescindere se i suddetti documenti abbiano o meno la “forma” di fattura
La Corte di Cassazione – con la recente sentenza n. 40448 del 12 settembre 2018 – ha chiarito che, ai fini della sussistenza del reato di dichiarazione fraudolenta di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti devono intendersi quelli che, a prescindere dal nomen, hanno l’attitudine, in base alle norme dell’ordinamento tributario, a fornire la prova delle operazioni in essi documentate.
A tal fine non è necessario stabilire ex post se il documento possa avere tale attitudine, ma è sufficiente che, per le sue caratteristiche estrinseche e per il suo contenuto, tale natura non possa essere esclusa ictu oculi in base alle norme dell’ordinamento tributario sin dalla fase dell’accertamento fiscale.
In altre parole, con la pronuncia in esame, il Supremo Collegio – in aderenza al richiamato testo normativo – afferma che, ai fini dell’integrazione della fattispecie illecita di dichiarazione fraudolenta disciplinata dal menzionato art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, è sufficiente che gli elementi negativi di reddito fittiziamente dichiarati siano supportati da qualsiasi documento che, secondo l’ordinamento tributario, possa essere oggetto di registrazione (con riferimento agli imponibili) nelle scritture contabili obbligatorie ovvero siano detenuti, a fini probatori, nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria; quanto precede, a prescindere se i suddetti documenti hanno o meno la “forma” di fattura.
Infatti, come evidenziato nella sentenza in argomento, l’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 disciplina solamente il contenuto delle fattura, ma non individua una “forma standardizzata” della stessa, prevedendo semplicemente che, per ciascuna operazione imponibile ai fini IVA, il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestaz