Presto spirerà il termine per poter fruire del TFR in busta paga per i soggetti che ne hanno fatto richiesta ai sensi dell’opportunità fornita dalla Legge di Stabilità 2015. la quale aveva previsto l’introduzione dell’istituto in via sperimentale dall’1 marzo 2015 al 30 giugno 2018; lo strumento non è però stato reso strutturale da parte del Legislatore, così che a partire dalla paga di luglio 2018 si renderà necessario ritornare alle regole ordinarie di conferimento del TFR
Presto spirerà il termine per poter fruire del TFR in busta paga per i soggetti che ne hanno fatto richiesta ai sensi dell’opportunità fornita dalla L. n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015): essa infatti aveva previsto l’introduzione dell’istituto in via sperimentale dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018; lo strumento non è però stato reso strutturale da parte del Legislatore, così che a partire dalla paga di luglio 2018 si renderà necessario ritornare alle regole ordinarIe di conferimento del TFR.
TFR: si torna alla “normalità”
È ormai agli sgoccioli il tempo rimasto per aziende e lavoratori che hanno optato per il conferimento del TFR in busta paga, ovverosia quella misura introdotta dalla Legge di Stabilità 2015 che ha previsto che “in relazione ai periodi di paga decorrenti dal 1º marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato […] che abbiano un rapporto di lavoro in essere da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro, possono richiedere al datore di lavoro medesimo […] di percepire la quota maturanda di cui all’articolo 2120 del codice civile […] tramite liquidazione diretta mensile della medesima quota maturanda come parte integrativa della retribuzione”.
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Soggetti interessati ed esclusi
Così il TFR in busta paga è disponibile peri lavoratori del settore privato che abbiano un contratto con il proprio datore di lavoro da almeno 6 mesi ad esclusione di:
- lavoratori domestici;
- lavoratori del settore agricolo (per i quali, ai sensi della Circolare INPS n. 82 del 2015 devono intendersi tutti i lavoratori subordinati del settore a prescindere dalla specifica qualifica);
- lavoratori dipendenti per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro, anche mediante il rinvio alla contrattazione di secondo livello, prevede la corresponsione periodica del TFR ovvero l’accantonamento del TFR medesimo presso soggetti terzi (es. marittimi componenti gli equipaggi delle navi in regime di Legge n. 413/1984, lavoratori dell’edilizia per i quali il TFR è accantonato presso le Casse Edili);
- lavoratori dipendenti da datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
- lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano iscritto nel registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero un piano di risanamento attestato di cui all’art. 67, comma 2, lettera d), della Legge fallimentare;
- lavoratori dipendenti da datori di lavoro per i quali siano stati autorizzati interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga, se in prosecuzione dell’integrazione straordinaria stessa.
- lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti di cui all’art. 7, della legge 27 gennaio 2012, n.3;
- lavoratori dipendenti che hanno utilizzato il proprio TFR come garanzia di contratti di finanziamento stipulati.
Scarso appeal della misura
Tale possibilità concessa – disponibile fino al 30 giugno 2018 – in via sperimentale, non è stata però resa strutturale, cosicché al prossimo 30 giugno spirerà definitivamente tale opzione da parte del lavoratore.
In considerazione del termine ormai noto per la percezione del TFR in busta paga, è opportuno fare una ricognizione dell’istituto per comprendere quanto e come cambierà lo stipendio mensile dei dipendenti; prima di esaminare però tale aspetto è da ricordare come la misura non abbia sortito gli effetti sperati, in quanto solo una minima parte di lavoratori ha richiesto la fruizione dello strumento: ciò ha dimostrato sostanzialmente una grande propensione dei lavoratori a creare una riserva monetaria da non spendere nell’immediato ma da tenere ferma per il futuro quale liquidazione per cessazione del contratto di lavoro, oltre che a una minore convenienza nella corresponsione del TFR mensilmente in quanto soggetto a tassazione ordinaria piuttosto che alle regole di tassazione separata e migliori per la sua corresponsione alla conclusione del rapporto di lavoro.
Ritorno al regime ordinario
Così, l’opportunità di ricevere il TFR in busta paga era disponibile a partire dal 1° marzo 2015 e fino al 30 giugno 2018, cioè per un massimo di 38 mesi per coloro che hanno deciso fin dall’inizio di utilizzare tale opportunità concessa allo scopo di aumentare la disponibilità monetaria nell’immediato.
In considerazione di ciò i datori di lavoro a partire dal periodo di paga di luglio 2018, saranno tenuti, se in precedenza operavano versamenti del TFR in busta paga, ad operare secondo le normali regole di conferimento del TFR, per cui:
- nelle aziende con meno di 50 dipendenti sarà necessario tornare a utilizzare il regime civilistico previsto all’articolo 2120 del Codice civile, con il relativo conferimento in azienda;
- nelle imprese di più grandi dimensioni, le somme destinate a finanziare il TFR dovranno invece essere versate presso il Fondo di Tesoreria INPS anche per quei soggetti che hanno aderito all’opzione “TFR in busta paga”.
Tale inversione di marcia comporterà che i lavoratori che hanno aderito al TFR in busta paga avranno una busta paga di valore inferiore, ma potranno decidere di destinare le somme finora liquidate mensilmente anche a fondi di previdenza complementare.
Con riguardo poi alle aziende di minori dimensioni è da segnalare come il rientro del TFR in azienda farà perdere la titolarità ai datori di lavoro delle misure compensative di cui hanno beneficiato durante il periodo di operatività del TFR in busta paga.
QUIR e Bonus 80 euro
Un piccolo cenno a tal proposito merita la gestione del Bonus Renzi in quanto potrebbe sorgere il dubbio ai lavoratori che hanno usufruito del TFR in busta paga sull’eventualità di poter percepire o meno il Bonus Renzi. A tal proposito va ricordato infatti che tale somma è destinata ai lavoratori dipendenti con un reddito compreso tra 8.174,00 euro e 24 mila euro (26.600 euro se consideriamo il meccanismo del “décalage”). Per cui ci si potrebbe chiedere: se diminuisce la somma mensile percepita rientrando nel limite dei 26.600 euro, è possibile usufruire del Bonus Renzi? A tale domanda è da rispondere negativamente: infatti il TFR in busta paga è una somma che pur concorrendo al calcolo delle detrazioni spettanti, non concorre (e non lo ha mai fatto) invece alla formazione dei redditi da tenere in considerazione per la spettanza o meno del Bonus 80 euro.
Antonella Madia
22 giugno 2018