Web Tax: base erosion and profit shifting – prospettive fiscali per il commercio elettronico

commercio elettronico e web tax: il problema della creazione di redditi apolidi e dell’inadeguatezza dei criteri tradizionali per individuare il luogo di produzione dei redditi d’impresa; si stanno elaborando nuovi parametri per l’attribuzione e la tassazione del reddito prodotto da commercio elettronico

web taxPer molto tempo, in ambito internazionale è prevalso l’orientamento neutralistico per la gestione fiscale delle operazioni commerciali per via elettronica1, nel senso che queste devono essere tassate seguendo le stesse chiavi interpretative utilizzate per le transazioni poste in essere con altri strumenti (principio della neutralità del Web ai fini fiscali).

In sostanza, se la Rete viene usata per concludere una vendita, questa dev’essere tassata né più né meno che se fosse conclusa con altri mezzi (ad esempio, con la posta o con il fax).

Tale principio ha implicato l’adattamento al commercio telematico delle regole tradizionali dell’imposizione fiscale, sebbene tale approccio si sia dimostrato non del tutto idoneo per identificare la competenza territoriale a tassare il reddito prodotto con le nuove tecnologie.

Infatti, nel 2015 l’OCSE ha stimato2 tra i 100 e i 240 miliardi di dollari l’anno l’erosione delle basi imponibili realizzata dai Gruppi di imprese multinazionali per via della graduale diffusione di schemi di pianificazione fiscale internazionale finalizzati all’allocazione del reddito in Paesi con aliquote nominali di imposta meno gravose e all’ottenimento, presso le locali Autorità fiscali, di aggressivi tax ruling comportanti stateless income (detassazione reddituale in un Paese a prescindere dalla tassazione della stessa materia in altro Paese, “doppia non imposizione”).

In concreto, taluni Paesi come l’Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Belgio hanno concordato con alcuni grandi Gruppi dell’E-Commerce tassazioni parziali di ricchezza prodotta, determinate sulla base di un profitto forfettario, “congruo”, soggetto a tenue tassazione.

Ecco dunque il formarsi di “redditi bianchi”, cioè di redditi non tassati perché non attribuibili ad alcuna giurisdizione fiscale.

Questo esito fiscalmente patologico ha indotto l’Unione europea a prendere coscienza che un mercato in cui continuano a fronteggiarsi e a contrapporsi Stati sovrani autonomi, talora in aperta competizione tra di loro anche sul piano fiscale, può offrire opportunità di evasione fiscale a livello globale, che nessun Stato membro dell’Unione europea può contrastare per conto proprio

La Direzione Concorrenza della Commissione UE ha quindi provato ad eccepire la ricorrenza di “aiuti di Stato” a carico di alcune imprese che hanno usufruito di regimi fiscali e di ruling di favore, incompatibili con i criteri di fiscalità internazionale condivisi in sede OCSE3.

In relazione alle riportate questioni approfondiamo di seguito taluni aspetti.

 

1 OCSE – Declaration on Global elettronic commerce – Ottawa (1998)

2 Cfr. http://www.oecd.org/ctp/measuring-and-monitoring-beps-action-11-2015-final-report-9789264241343-en.htm BEPS Action 11 “Measuring and Monitoring BEPS”, Final Report 2015

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