Le perdite fiscali nelle società personali

regime fiscale delle perdite nelle società: i principi generali del TUIR, la riportabilità, i limiti al riporto, i casi di trasformazione…

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateNel sistema del reddito di impresa, ai fini sia IRES che IRPEF, le perdite rappresentano dei componenti negativi che, derivando da un esercizio non positivo dell’attività dell’impresa, nella prospettiva analitica che caratterizza la determinazione del relativo imponibile, riducono il risultato tassabile del periodo di imposta in cui si generano, nonché, ricorrendo determinate condizioni, dei periodi di imposta precedenti.

Le perdite ricevono un trattamento differente a seconda della natura del soggetto, o per meglio dire della sua collocazione fiscale tra le imprese soggette a IRES o a IRPEF e, tra queste ultime, tra quelle che adottano la contabilità ordinaria e quelle in contabilità semplificata.

Perdite ordinarie e semplificate

Per le imprese IRPEF in contabilità ordinaria, le perdite sono computate in diminuzione dai redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi.

Per le imprese IRPEF in contabilità semplificata (di cui all’art. 66 del TUIR), invece, non si applica la regola del riporto delle perdite nei periodi di imposta successivi (art. 8, c. 3, TUIR): esse possono quindi essere utilizzate in tale regime solamente all’interno del periodo di imposta in cui si generano, riducendo il relativo reddito.

Il regime di riportabilità delle perdite che vale per le imprese IRPEF in contabilità ordinaria si distingue nettamente da quello dei soggetti IRES, nel quale il limite temporale del quinto periodo di imposta non è più previsto.

Si applicano in ogni caso le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 84 del Testo Unico:

  • le perdite possono essere scomputate dai redditi successivi solo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva;

  • le disposizioni del comma 1 (riportabilità delle perdite in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo di imposta e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare) non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi di imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo di imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori.

La limitazione si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti relative agli interessi passivi indeducibili nel periodo di imposta, nonché a quelle relative all’eccedenza di agevolazione ACE.

La limitazione non si applica se le partecipazioni sono relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle 10 unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 del codice civile, superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori (tale previsione ricalca quanto previsto per la possibilità di compensare le perdite in seno a operazioni di fusione e scissione societaria).

Al fine di disapplicare le disposizioni limitative il contribuente può interpellare l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 11, c. 2, della L. n. 27 n. 212/2000 (interpello disapplicativo).

Nessun test sulle perdite

La possibilità di compensare le perdite delle imprese in seno alle operazioni di fusione è vincolata o preclusa dall’art. 172 del TUIR; analoghe disposizioni operano per le scissioni ai sensi dell’art. 173 del Testo Unico.

In particolare, le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere utilizzate dalla società risultante dalla fusione o incorporante:

  • per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio;

  • (ovvero, se inferiore) dalla situazione patrimoniale prescritta dal codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa.

L’utilizzo delle perdite è inoltre inibito se dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, non risultano, congiuntamente:

  • un ammontare di ricavi;

  • un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi;

superiori al 40% rispetto a quelli risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza della complessiva svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell’atto di fusione, nonché delle plusvalenze iscritte nel bilancio della società risultante dalla fusione o incorporante.

La normativa in esame impone quindi:

  • una verifica della vitalità del soggetto le cui perdite sarebbero riportabili;

  • il confronto tra le perdite riportabili e i patrimoni netti delle società;

  • il controllo delle eventuali svalutazioni delle partecipazioni eventualmente possedute nella società la cui perdita è riportabile.

I requisiti minimi di vitalità economica debbono sussistere non solo nel periodo precedente alla fusione, ma anche fino al momento in cui la fusione viene attuata (circolare n. 9/E del 9.3.2010; risoluzioni n. 116/E del 2006 e n. 143/E del 2008).

Questa problematica non riguarda le società di persone commerciali che partecipano all’operazione di fusione. Le s.n.c. e le s.a.s., infatti, non possono disporre di perdite fiscali pregresse in quanto le stesse, nel periodo di imposta in cui sono prodotte, vengono imputate integralmente ai singoli soci, in ciascun esercizio di competenza e in proporzione alla loro quota di partecipazione (artt. 5, c. 1, e 8, c. 2, del TUIR).

La possibilità di riportare le perdite fiscali in sede di fusione, quindi, è una questione che assume rilievo con esclusivo riferimento alle società di capitali, posto che le perdite prodotte dalle società di persone, come detto, sono imputate direttamente ai soci.

Circa la possibilità di riportare le perdite delle società personali solo in capo ai soci, si veda anche la risoluzione 16.5.2005, n. 60/E, relativa a un caso di trasformazione regressiva da società di capitali a società di persone).

Il regime IRI

La legge di bilancio 2017 (art. 1, cc. 547-553, L. 11.12.2016, n. 232) ha introdotto, per le imprese soggette ad IRPEF e limitatamente al reddito imprenditoriale, la possibilità di optare per la tassazione ad aliquota fissa che finora ha contraddistinto il “mondo IRES”.

NOTA: Il progetto di Legge di Bilancio 2018 prevede di prorogare di un anno l’applicazione dell’IRI senza modificarne l’impianto normativo. Andrà verificato l’iter di approvazione della Legge di bilancio per conoscere l’esito del progetto di Legge.

Nell’ambito delle disposizioni sull’opzione IRI, anche il trattamento delle perdite è interessato da un’importante novità.

Per effetto, infatti, della nuova normativa, esse (derogando al richiamato art. 8, c. 3, del TUIR), se maturate durante l’applicazione del regime (anche dovute ai prelievi da parte dell’imprenditore / collaboratore / socio) vengono computate in diminuzione del reddito dei periodi successivi:

  • per l’intero importo che trova capienza in essi;

  • senza la limitazione temporale del quinquennio.

In dettaglio, il comma 1 del nuovo articolo 55-bis del TUIR, disposizione normativa di riferimento, stabilisce che il reddito di impresa degli imprenditori individuali e delle s.n.c. e s.a.s. in regime di contabilità ordinaria può essere escluso dalla formazione del reddito complessivo e assoggettato a tassazione separata con l’aliquota prevista dall’art. 77 (ossia con l’aliquota IRES, che è del 27,50% fino al 31.12.2016 e del 24% a partire dall’1 gennaio 2017: cfr. art. 1, c. 61, L. 28.12.2015, n. 208).

Tale possibilità è concessa tramite una specifica opzione che ha una durata pari a 5 periodi di imposta, è rinnovabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi, con effetto dal periodo di imposta cui la dichiarazione è riferita (art. 55-bis, c. 4, u.p.).

Gli imprenditori e le società di persone possono optare per l’applicazione della nuova IRI a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale: il nuovo regime è quindi fruibile anche da soggetti che, per loro natura, sono ammessi al regime di contabilità semplificata.

Dal reddito di impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito del periodo di imposta e dei periodi di imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi di imposta successivi, a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci.

Insomma: il reddito di impresa che “sta nell’impresa” sconterà, dal 2017 (nel modello Redditi 2018), la tassazione al 24%, mentre le somme prelevate dall’imprenditore, dal collaboratore familiare o dal socio saranno deducibili in sede di determinazione del reddito di impresa e imponibili con le ordinarie aliquote IRPEF in capo ai soggetti “beneficiari” (art. 55-bis, c. 3). Ciò comporta, correlativamente, il venir meno dell’imputazione per trasparenza dei redditi delle società di persone ai soci indipendentemente dalla loro percezione (comma 5).

Le perdite IRI

Come è stato precisato dall’Agenzia delle Entrate (circolare 07.04.2017, n. 8/E, risposta 7.1), se le perdite IRI saranno già state utilizzate, esse non dovranno più essere portate in diminuzione dal quantum deducibile ai fini del reddito dell’impresa.

La tenuta della contabilità ordinaria, anche per opzione esercitata dai soggetti che sono naturalmente in regime semplificato, costituisce la condizione fondamentale per accedere al regime IRI, dato che a tali fini è necessario rilevare contabilmente i prelevamenti di utili e/o riserve di utili effettuati dall’impresa.

Per le imprese IRPEF ordinarie che adottano l’opzione IRI, le perdite sono riportabili senza limiti di tempo (cade insomma il vincolo del quinquennio che caratterizza le perdite delle imprese IRPEF rispetto a quelle IRES).

I soggetti IRPEF “semplificati” che intenderanno esercitare l’opzione IRI potranno optare per la contabilità ordinaria già a partire dal 2017, tramite comportamento concludente, istituendo i necessari registri e comunicando all’Agenzia delle Entrate la doppia scelta, cioè l’opzione per la contabilità ordinaria (nel Modello IVA/2018 – quadro VO) e per l’IRI (nel Modello Redditi/2018).

La società IRES che si trasforma

Cosa accade alle perdite generate in regime IRES (e quindi con riportabilità illimitata nel tempo, allo stato, e compensazione con i redditi futuri della società), se la società attua una trasformazione regressiva e assume forma di società di persone, soggetta all’IRPEF?

L’Agenzia delle Entrate si è espressa al riguardo con la risoluzione 16.05.2005, n. 60/E, affermando che:

  • la trasformazione ha una natura non novativa, lasciando immutata l’identità dell’ente sociale;

  • la situazione sopra riportata è analoga a quella che si trova nel regime della trasparenza fiscale per opzione delle società di capitali, per cui le perdite dei periodi di imposta anteriori all’opzione vanno scomputate dal reddito della società partecipata;

  • non sussistono motivi di ordine logico sistematico per escludere la conservazione della perdita realizzata dalla società di capitali ante trasformazione, dato che non costituisce un impedimento la circostanza che il nuovo reddito, prodotto dallo stesso soggetto, sarà sottoposto ad un diverso regime impositivo (ovvero all’IRPEF anziché all’IRES);

  • la titolarità di tale diritto con riferimento ai periodi d’imposta ante trasformazione compete non ai soci ma alla società, anche se non più di capitali ma di persone (è infatti la società personale risultante dalla trasformazione a conservare la posizione giuridica maturata prima del cambiamento tipologico);

  • la società ha quindi il diritto di scomputare le perdite pregresse dal proprio reddito, determinato in maniera unitaria applicando le stesse disposizioni valevoli per i soggetti IRES, al fine di individuare l’importo da imputare, per trasparenza, a ciascun socio.

Ipotizzando invece, a contrario, una trasformazione progressiva (di società IRPEF in società IRES), si ritiene che – specularmente – le perdite prodotte dalla società di persone debbano essere automaticamente imputate ai soci pro quota.

8 novembre 2017

Fabio Carrirolo