Le operazioni in uscita dal conto corrente del professionista: i rischi da indagini finanziarie

con riferimento ai prelevamenti sul conto corrente di un lavoratore autonomo, in caso di verifica dei movimenti bancari, resta in capo al Fisco l’onere di comprovare i fatti costitutivi posti a base dell’accertamento

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateSecondo un preciso orientamento del giudice di legittimità (Cass. Sez. 5’, sent. n. 23041 del 2015, n. 16440, n. 12779 e n. 12781 del 2016; Sez. 6-5, ord. n. 24862 e n. 19970 del 2016) è venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la presunzione di imputazione ai compensi dei lavoratori autonomi o dei professionisti intellettuali sia dei prelevamenti che dei versamenti operati sui conti bancari; in particolare, la citata sentenza n. 23401/2015 così recita “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 402, sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale per gli anni anteriori”

Secondo diverso orientamento del giudice di legittimità “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti” (Cass. Sez. 5, n. 16697 del 2016; Cass. Sez. 5, n. 18065, n. 18066, n. 18067, n. 16686, n. 16699, n. 11776, n. 6093 del 2016; n. 23575 del 2015 n. 5152 e n. 5153 del 2017; Sez. 6-5, ord. n. 7453, n. 9078 e n. 19029 del 2016; Cass. Sez. 5’, n. 18126, n. 18125, n. 16929, n. 13470, n. 12021 del 2015).

La Corte costituzionale ha inteso escludere l’operatività della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari, nei confronti dei lavoratori autonomi, solo ed esclusivamente ai prelevamenti. Le operazioni in uscita dal conto corrente bancario di un professionista non possono essere assoggettate alla presunzione di redditi non dichiarati, ma è onere dell’Amministrazione finanziaria comprovare i fatti costitutivi posti a base dell’accertamento. Tale principio implica l’illegittimità degli accertamenti basati su detta presunzione, ed è applicabile a tutte le controversie per le quali non sia formato il giudicato deve ritenersi “arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito“.

Fermo restando, dunque, la piena applicazione della presunzione, sia per i prelevamenti sia per i versamenti bancari ingiustificati, nei confronti dei soggetti titolari di reddito di impresa, la presunzione è applicabile anche ai lavoratori autonomi/professionisti, ma limitatamente alle operazioni in entrata sui conti correnti bancari (versamenti) che non risultino giustificati. L’applicazione della presunzione determina uno spostamento in capo al contribuente dell’onere di provare che le operazioni non sono riferibili a redditi non dichiarati. Viceversa, con riferimento ai prelevamenti sul conto corrente di un lavoratore autonomo, in caso di verifica dei movimenti bancari, resta in capo al Fisco l’onere di comprovare i fatti costitutivi posti a base dell’accertamento.

9 ottobre 2017 Isabella Buscema

In diverse occasioni (cfr sent. nn. 23041/2015 e 12779, 12781 e 16440 del 2016) la Cassazione ha stabilito per i professionisti l’inapplicabilità della presunzione legale non solo per i prelevamenti non giustificati, ma anche per i versamenti (non giustificati). Per tale orientamento la presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi se il contribuente non ne dimostra l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi. La sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014 ha, infatti, eliminato la modifica della citata norma apportata dall’art. 1, c. 402, L. n. 311/2004, per cui non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività di impresa e professionale (Cass. civ. Sez. V, 21-06-2016, n. 12779).

Secondo tale scelta ermeneutica mentre per i versamenti non giustificati siamo di fronte a una presunzione legale che sposta l’onere della prova contraria in capo al professionista, per i prelievi di contanti, tale presunzione non ha la stessa forza ed è quindi destinata a essere derubricata in semplice. In sostanza, per i lavoratori autonomi e in particolar modo per i professionisti, le risultanze bancarie per i prelievi di contanti non hanno alcun effetto di presunzione legale, ma valgono se e nella misura in cui possono costituire elementi gravi, precisi e concordanti dell’evasione.

In tema di accertamento ai professionisti o lavoratori autonomi, fondato su indagini bancarie, resta invariata la presunzione legale relativa ai soli versamenti effettuati sul conto corrente, mentre è venuta meno l’equiparazione logica tra l’attività imprenditoriale e quella professionale in relazione ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. 26-04-2017 n.10249 sez. T).

La Corte Costituzionale con sentenza in data 06/10/2014, n. 228, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 32, c. 1, n. 2, per. 2, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, come modificato dall’art. 1, c. 402, lett. a, n.1, della l. 30 dicembre 2004 n. 311 (legge Finanziaria 2005), ai sensi del quale nell’ambito delle verifiche bancarie sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni, limitatamente alle parole “o compensi“. La Corte ha, infatti, ritenuto che è arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Ne consegue che, in assenza di altri elementi di prova, i prelievi dal conto corrente del professionista non possono essere considerati compensi.