per spingere i contribuenti alla procedura di voluntary disclosure il fisco sta lanciando una campagna di controlli sulle finte residenze estere; alle indagini possono partecipare anche i Comuni, che gestiscono i registri anagrafici, con segnalazioni mirate
Con il provvedimento n. 43999, firmato in data 3 marzo 2017 dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, diventano operativi i nuovi strumenti attribuiti all’Amministrazione finanziaria nella lotta alle finte residenze all’estero.
Tra le varie disposizioni urgenti in materia fiscale l’art. 7, c. 1, del Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193 aveva introdotto la riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria. Il terzo comma del medesimo articolo aveva inoltre introdotto un’ulteriore previsione di rilevante importanza, anche se passata quasi inosservata: “i comuni … inviano entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero [AIRE] i dati dei richiedenti alla predetta agenzia al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati; le modalità di comunicazione e i criteri per la formazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione”. La norma dispone anche che in fase di prima attuazione delle disposizioni poc’anzi illustrate “le attività ivi previste da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2010 e ai fini della formazione delle liste selettive si terrà conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria”.
Sembra evidente che l’intento del legislatore sia stato quello di potenziare l’azione di controllo dell’Agenzia delle entrate nei confronti di quei contribuenti italiani che negli anni passati, soprattutto in previsione della introduzione degli accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale, abbiano trasferito la residenza fuori dall’Italia con l’esplicita finalità di non regolarizzare le attività finanziarie non dichiarate detenute all’estero.
Ciò detto, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate individua i criteri per la formazione delle liste selettive per i controlli relativi alle attività finanziarie e agli investimenti patrimoniali esteri non dichiarati, definendo i principali elementi posti a base dell’attività di analisi del rischio con riferimento a tale tipologia di contribuenti.
In particolare, l’Agenzia detta quasi una road map di quella che sarà nei prossimi anni la propria attività di controllo, affermando che la stessa sarà prioritariamente indirizzata nei confronti dei soggetti, sia richiedenti l’iscrizione all’AIRE sia che l’abbiano richiesta a far data dal 1 gennaio 2010, che presentano significativi elementi segnaletici di una effettiva permanenza in Italia. Tali elementi saranno valutati in combinazione tra loro, in base alla relativa specifica rilevanza. Ai fini della individuazione delle attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati, assumono particolare rilievo i dati pervenuti, nell’ambito dello scambio automatico di informazioni, dalle Autorità fiscali estere, sulla base delle direttive europee e degli accordi internazionali.
Il Provvedimento individua n. 13 criteri che verranno utilizzati per la formazione delle liste selettive, basati su elementi che evidenziano la permanenza dei soggetti in Italia; con più precisione gli elementi che verranno valutati sono:
1) residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999. Al riguardo bisogna evidenziare che gli accordi stipulati in vista della prima voluntary disclosure tra Italia e alcuni Paesi a fiscalità privilegiata per lo scambio automatico di informazioni non hanno comportato l’uscita di tali Paesi dalla c.d Black list;
[libprof code=”59″ mode=”inline”]
2) movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al D.L. 167/90;
3) informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito di Direttive europee e di Accordi di scambio automatico di informazioni;
4) residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente;
5) atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
6) utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
7) disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
8) titolarità di partita Iva attiva;
9) rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
10) titolarità di cariche sociali;
11) versamento di contributi per collaboratori domestici;
12) informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione unica e con il modello dichiarativo 770;
13) informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini IVA, comunicate ai sensi dell’articolo 21 del D.L n. 78/2010.
***
E’ evidente che la sussistenza di uno o più di tali elementi permetta facilmente di supporre la permanenza dei cittadini in Italia nonostante l’iscrizione all’AIRE.
A ben vedere l’Agenzia delle Entrate ha sostanzialmente adottato i principali criteri di collegamento individuati dai giudici di merito allorquando nel corso degli anni siano stati chiamati ad accertare l’effettività della residenza fiscale estera di cittadini iscritti all’AIRE. Si ricorda infatti che sulla base di quanto disposto dall’articolo 2 del Testo unico sulle imposte sui redditi “si considerano residenti [in Italia] le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”. Se l’iscrizione all’AIRE e la residenza sono considerate situazioni di fatto, i giudici di merito sono stati chiamati a interpretare il concetto civilistico di domicilio e da tale attività è spesso discesa l’attribuzione ad elementi oggettivamente deboli (come ad esempio la disponibilità di un’autovettura in Italia) della capacità di radicare fiscalmente un contribuente in Italia, con il conseguente ampliamento dei confini della residenza fiscale.
In conclusione, si può presumere che nei prossimi anni l’Agenzia dell’Entrate concentrerà i propri sforzi nella verifica della regolarità dei patrimoni detenuti all’estero da soggetti iscritti all’AIRE nel passato e ciò in ragione del decorso del periodo prescrizionale.
16 marzo 2017
Alessandro Diani – Studio legale Quagliarella & Associati