L’IRI (IRPEF) al 24% per le imprese individuali e le società di persone

Dal 2017 è stata introdotta una novità importante per le piccole imprese: la possibilità di assoggettare il reddito d’impresa non prelevato all’aliquota fissa del 24% (equiparando di fatto le piccole imprese alle SRL); in questo articolo analizziamo le principali criticità: la nuova norma del TUIR, il destino delle perdite fiscali, gli sviluppi in caso di accertamento…

Spesometro

In un’ottica pro contribuenti, rivolta in particolare alle piccole imprese, e in attuazione dei principi della legge delega fiscale n. 23/2014, la legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 547-553 della L. 11.12.2016 n. 232) ha introdotto, per le imprese soggette ad IRPEF e limitatamente al reddito imprenditoriale, la possibilità di optare per la tassazione ad aliquota fissa che finora ha contraddistinto il “mondo IRES”.

Il presente contributo cercherà di esaminare i tratti salienti e le criticità della nuova disciplina, la cui concreta efficacia si avrà solamente in sede di determinazione del reddito imponibile dei soggetti interessati, cioè in Unico 2018 (periodo di imposta 2017).

L’IRI sorge da un intento che è sia di semplificazione che di perequazione del trattamento fiscale, dato che omogeneizza il trattamento di tutte le imprese (soggette a IRPEF e a IRES, individuali e collettive), con la soggezione a un’aliquota unica e a uniformi regole di “segregazione” del reddito imprenditoriale rispetto a quello extraimprenditoriale.

L’esercizio dell’opzione può generare sensibili vantaggi per i soggetti IRPEF imprenditori ora soggetti a elevate aliquote IRPEF (per lo scaglione massimo, eccedente i 75.000 euro, risulta applicabile l’aliquota del 43%, mentre l’IRI renderà applicabile l’aliquota IRES, che dal corrente anno 2017 viene abbassata al 24%).

Sotto il profilo previdenziale non si determinerà alcun particolare effetto: è infatti stabilito (comma 548) che, per i soggetti che optano per il nuovo regime, il contributo annuo dovuto alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali è determinato senza tener conto delle nuove disposizioni in materia di IRI.

 

La normativa

In dettaglio, il comma 1 del nuovo articolo 55-bis del TUIR, disposizione normativa di riferimento, stabilisce che il reddito di impresa degli imprenditori individuali e delle s.n.c. e s.a.s. in regime di contabilità ordinaria può essere escluso dalla formazione del reddito complessivo e assoggettato a tassazione separata con l’aliquota prevista dall’art. 77 (ossia con l’aliquota IRES, che è del 27,50% fino al 31.12.2016 e del 24% a partire dall’1 gennaio 2017: cfr. art. 1, c. 61, L. 28.12.2015, n. 208).

Tale possibilità è concessa tramite una specifica opzione che ha una durata pari a 5 periodi di imposta, è rinnovabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi, con effetto dal periodo di imposta cui la dichiarazione è riferita (art. 55-bis, comma 4, ultimo periodo).

Va precisato che gli imprenditori e le società di persone potranno optare per l’applicazione della nuova IRI a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale: il nuovo regime è quindi fruibile anche da soggetti che, per loro natura, sono ammessi al regime di contabilità semplificata, dopo aver optato per la contabilità ordinaria.

Dal reddito di impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito del periodo di imposta e dei periodi di imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi di imposta successivi, a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci.

Insomma: il reddito di impresa che “sta nell’impresa” sconterà, dal 2017 (in Unico 2018), la tassazione al 24%, mentre le somme prelevate dall’imprenditore, dal collaboratore familiare o dal socio saranno deducibili in sede di determinazione del reddito di impresa e imponibili con le ordinarie aliquote IRPEF in capo ai soggetti “beneficiari” (art. 55-bis, c. 3). Ciò comporta, correlativamente, il venir meno dell’imputazione per trasparenza dei redditi delle società di persone ai soci indipendentemente dalla loro percezione (comma 5).

 

La tassazione dei soci

Come sopra anticipato, quando l’imprenditore individuale, i collaboratori dell’impresa familiare o i soci della società personale prelevano le somme già assoggettate ad IRI dai conti bancari dell’impresa o della società, queste somme hanno ancora natura di reddito di impresa e concorrono a formare integralmente il reddito personale. Le somme prelevate, tuttavia, non seguono le regole dei redditi di capitale (imponibili limitatamente al 49,72%, quando l’aliquota era al 27,5%), ma saranno tassate integralmente.

 

Le perdite

Per le imprese IRPEF, le perdite sono computate in diminuzione dai redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi.

Nell’ambito delle disposizioni sull’opzione IRI, anche il trattamento delle perdite è interessato da un’importante novità.

Per effetto, infatti, della nuova normativa, esse (derogando al richiamato art. 8, c. 3, del TUIR), se maturate durante l’applicazione del regime (anche dovute ai prelievi da parte dell’imprenditore – collaboratore – socio) vengono computate in diminuzione del reddito dei periodi successivi:

  • -per l’intero importo che trova capienza in essi;

  • -senza la limitazione temporale del quinquennio.

Previsioni generali dell’art. 84

Si applicano in ogni caso le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’articolo 84 del Testo Unico:

  • -le perdite possono essere scomputate dai redditi successivi solo a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva;

  • -le disposizioni del comma 1 (riportabilità delle perdite in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo di imposta e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare) non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l’attività principale in fatto esercitata nei periodi di imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo di imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori.

La limitazione si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti relative agli interessi passivi indeducibili nel periodo di imposta, nonché a quelle relative all’eccedenza di agevolazione ACE.

La limitazione non si applica se le partecipazioni sono relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle 10 unità e per le quali dal conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori (tale previsione ricalca quanto previsto per la possibilità di compensare le perdite in seno a operazioni di fusione e scissione societaria).

Al fine di disapplicare le disposizioni limitative il contribuente interpella l’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 11, c. 2, della L. n. 27 n. 212/2000.

 

 

S.r.l. a base ristretta

Nella legge di bilancio, la lettera c del comma 547 dell’articolo 1 ha attuato l’inserimento di una disposizione per effetto della quale le s.r.l. a ristretta base proprietaria possono esercitare, in alternativa all’opzione per la trasparenza fiscale, l’opzione per l’IRI.

Va rammentato al riguardo che l’opzione per la trasparenza fiscale, che consiste nella possibilità di imputare ai soci il reddito prodotto dalle società di capitali in proporzione alla quota di partecipazione di ciascun socio agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, può aver luogo (con copertura di tre esercizi sociali):

  • -per le società di capitali interamente partecipate da altre società di capitali (art. 115 TUIR);

  • -per le s.r.l. con volume di ricavi dichiarati nell’anno precedente non superiore al limite previsto per l’applicazione degli studi di settore (euro 5.164.569) il cui capitale sia interamente posseduto da soci persone fisiche di numero non superiore a 10 (20 in caso di società cooperative a responsabilità limitata) (art. 116 TUIR).

 

L’accertamento

Come è stato fatto notare, la possibilità, per le s.r.l. a base ristretta, di esercitare l’opzione per l’IRI, dovrebbe comportare conseguenze sotto il profilo dell’accertamento, dato che finora si è fatta funzionare una presunzione in base alla quale dette società sono state trattate, più o meno, alla stregua di società di persone.

In linea generale, per le società di capitali non vale certo il principio di trasparenza che caratterizza fiscalmente queste ultime, vigendo invece un criterio di netta separazione rispetto ai soci, ai quali gli utili sono (eventualmente) imputati solo a seguito di una formale deliberazione.

Tuttavia, di fronte ai possibili comportamenti “abusivi” è stata adottata dall’amministrazione una visione “sostanzialistica” che guardava oltre lo schermo giuridico-formale della società.

La Corte di Cassazione (più volte chiamata ad occuparsi di tale argomento) ha affermato che la ristretta base azionaria costituisce una prova presuntiva di distribuzione degli utili ai soci, capovolgendo così l’onere della prova.

L’indirizzo della Suprema Corte si pone in contrasto con il pensiero di una parte della giurisprudenza, secondo la quale, in presenza di un accertamento ad una società di capitali a ristretta base azionaria, l’ufficio può utilizzare la presunzione semplice di maggior reddito ai solamente quando:

  • -l’accertamento effettuato in capo alla società non venga impugnato;

  • -l’accertamento, pur impugnato, venga dichiarato legittimo, in tutto o in parte;

  • -la base imponibile recuperata in capo alla società sia costituita da maggiori corrispettivi non contabilizzati;

  • -il socio abbia una percentuale di capitale assai qualificata e abbia potere decisionale.

Nel nuovo contesto normativo, in caso di opzione ex art. 55-bis, anche l’accertamento fiscale effettuato nei confronti delle società di persone e delle ditte individuali dovrebbe riguardare dapprima la parte “impresa” segregata e quindi i soci (o il collaboratore, o l’imprenditore stesso) che sono ordinariamente considerati come “prelevanti” gli utili, ma che potrebbero essere ritenuti “titolari” per trasparenza del reddito imputato in prima istanza all’attività economico commerciale (soggetta ad IRE).

In sostanza, se si intendessero confermare la prassi e la giurisprudenza fin qui seguite per le s.r.l. a base ristretta, gli uffici fiscali potrebbero ripristinare ex post la situazione che il legislatore ha mutato quando ha consentito (tramite opzione) di superare il criterio di imputazione per trasparenza in capo ai soci.

Occorrerebbe capire, al riguardo, come in sede di accertamento effettuato nei confronti del socio – collaboratore – imprenditore potranno essere riconosciute le somme già accertate o liquidate in capo all’attività soggetta ad IRE1.

 

 

Conclusivamente …

Come è stato posto in luce da molti, il vantaggio diretto fornito dall’opzione IRI consiste nel rinvio dell’applicazione dell’IRES progressiva limitatamente ai redditi che restano nell’impresa. In attesa di quegli atti di interpretazione che ne accompagneranno, si ritiene, la sua sperimentazione pratica, sorge qualche elemento di criticità.

Tra le altre questioni, è stata segnalata quella relativa, in caso di fuoriuscita dal regime, alla tassazione degli utili non ancora prelevati, che potrebbero causare, in capo alla persona fisica dell’imprenditore o socio, l’“esplosione” dell’IRPEF progressiva (con una tassazione complessivamente pesante).

Un ulteriore elemento che è stato posto in evidenza è quello relativo alle riserve ante opzione, che in vigenza di opzione mantengono la propria natura di riserve tassate, con l’ulteriore specificazione che le riserve da cui sono prelevate le somme dal socio – imprenditore si considerano prioritariamente formate con utili dei periodi anteriori all’opzione (art. 55-bis, c. 6).

Per tale riserve ante IRI sarebbe opportuno tenere contabilmente separata evidenza, in modo da isolarle rispetto alle riserve IRI.

Inoltre (in attesa di altre prevedibili questioni in sede di applicazione), sembra a chi scrive che l’eventuale applicazione del criterio di trasparenza in sede di accertamento (si veda quanto detto qui sopra) si ponga in netto contrasto con quella che è stata la volontà evidente del legislatore, di omogeneizzare il trattamento del reddito di impresa per alleviarne la tassazione e per creare negli operatori un quadro di maggior certezza (prevedibilità) e razionalità. Alla luce di ciò, l’eventuale utilizzo da parte del fisco dei suoi vasti “poteri di presunzione” dovrebbe essere abbastanza misurato, orientandosi (anche alla luce dei più recenti indirizzi dell’Agenzia delle Entrate) verso le sole situazioni “patologiche”.

Infine, occorrerà certamente verificare la compatibilità del regime opzionale, che sostanzialmente assimila le imprese IRPEF a quelle IRES, con le soluzioni e gli istituti previsti appunto per i soggetti IRES dal Titolo II del TUIR, che in determinate ipotesi potrebbero rendersi ora applicabili anche alle imprese individuali e alle società personali.

 

25 gennaio 2017

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1 Cfr. A. Zappi: “L’opzione IRI cambia l’accertamento sulle imprese ex IRPEF – per l’utile extracontabile percepito soggetti IRI assimilabili a quelli IRES”, in www.eutekne.info del 21.01.2017.