Ravvedimento operoso in caso di errata imputazione a periodo di componenti reddituali

analizziamo le possibilità pratiche di ravvedimento operoso nel caso particolare di correzione di errori contabili derivanti dalla mancata imputazione nel reddito d’impresa di componenti negativi e positivi nel corretto esercizio di competenza: le possiblità sono molteplici, in questo articolo vediamo anche le opzioni del cosiddetto ravvedimento parziale

scontrino-fiscale-storiaAspetti generali

Il ravvedimento operoso è un istituto volto alla regolarizzazione spontanea di errori, omissioni e (soprattutto a seguito delle modifiche intervenute in epoca recente) in generale di “difformità” tra i comportamenti dei contribuenti e quanto richiesto dalle norme fiscali, a fronte di una consistente riduzione delle sanzioni ordinariamente applicabili.

Si tratta ormai di una procedura che opera a vasto raggio quando i contribuenti accettano la “versione del fisco” e non hanno motivi per innescare vertenze con l’amministrazione finanziaria, anche quando quest’ultima avrebbe la possibilità di procedere ad accertamento con sanzioni pesanti e recupero di imposte evase.

In particolare, il presente contributo si propone di coordinare le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate circa il problema dell’erronea imputazione a periodo di componenti reddituali (circolare n. 1/E del 24.9.2013) con le innovazioni che hanno riguardato, appunto, il ravvedimento operoso.

Problema evidenziato

La citata circolare dell’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento fiscale da applicare nel caso in cui i contribuenti procedano alla correzione di errori contabili derivanti dalla mancata imputazione di componenti negativi e positivi nel corretto esercizio di competenza.

In tali ipotesi, la rettifica contabile operata dal contribuente ha anche dei riflessi fiscali, in conseguenza della necessità di evitare lo spostamento del momento impositivo e di garantire il rispetto del divieto di doppia imposizione, derivante dalla mancata deduzione di un componente negativo, che la corretta determinazione del reddito rappresentativo della capacità contributiva relativa a un determinato periodo di imposta.

Secondo quanto affermato nella circolare, analogamente a quanto riconosciuto valido in presenza di una rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria, al contribuente deve esser riconosciuta la possibilità di procedere autonomamente al recupero della maggiore imposta indebitamente corrisposta.

Se quindi è operata una correzione della mancata imputazione di un componente positivo o negativo di reddito nell’esercizio di competenza, nel periodo di imposta della rettifica dovrà essere operata, in sede di dichiarazione dei redditi, una variazione in diminuzione o in aumento, al fine di sterilizzare il provento o l’onere transitato a conto economico.

In tale prospettiva, la deduzione nel periodo di imposta di competenza può essere corretta mediante una dichiarazione integrativa a favore. Una volta decorsi i termini per poter procedere a tale dichiarazione integrativa (non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ex art. 2, c. 8-bis, D.P.R. n. 322/1998), rimane aperta la via della riliquidazione autonoma delle dichiarazioni fiscali i cui termini per l’accertamento sono ancora aperti, fino a giungere all’annualità emendabile ai sensi dell’art. 2, c. 8-bis, sopra richiamato.

Per tale ultima annualità, il contribuente deve presentare un’apposita dichiarazione integrativa, in cui devono confluire le risultanze delle precedenti riliquidazioni. A seguito dei controlli automatizzati, gli importi della dichiarazione integrativa non risulteranno coerenti con la dichiarazione del precedente periodo di imposta, comportando l’emissione di una comunicazione di irregolarità poi annullabile, previa esibizione, a cura del contribuente, della documentazione comprovante la rideterminazione operata.

Se il contribuente rileva degli errori consistenti nell’omessa imputazione di componenti positivi di reddito, prima di procedere alla sterilizzazione dello stesso, deve presentare la dichiarazione integrativa “a sfavore”, entro i termini per l’accertamento, ai sensi dell’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998. A questo riguardo si rende applicabile la disciplina del ravvedimento operoso, nei modi ed entro i termini di cui all’art. 13 del D.gs. n. 472/1997, per ottenere una sensibile riduzione del carico sanzionatorio.

Tassazione del componente positivo

Se un determinato contribuente ritiene che la propria situazione dichiarativa non sia corretta a causa dell’omessa imputazione di elementi positivi, deve quindi, prima di procedere alla sterilizzazione del componente positivo rilevato in bilancio, presentare una dichiarazione integrativa a sfavore entro i termini per l’accertamento (fine del quarto periodo di imposta successivo a quello della dichiarazione fino al 2015; fine dei quinto periodo di imposta a decorrere dal 2016, per gli accertamenti su dichiarazioni infedeli).

Le connesse sanzioni possono essere “ravvedute”, purché il contribuente non abbia ricevuto – con formale notifica – atti a contenuto impositivo e sanzionatorio da parte dell’Agenzia delle Entrate in relazione alle ipotesi che sono oggetto di ravvedimento (accertamenti, atti di irrogazione di sanzioni, atti di recupero di crediti). Le sanzioni amministrative applicabili sono quelle riferite alla dichiarazione infedele, in precedenza comprese tra il 100% e il 200% della maggiore imposta (minimo e massimo edittale), e oggi tra il 60% / 90% /135% e il 120% / 180% / 270%, a seconda delle varie ipotesi prevedute dal vigente art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997, dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158/2015 (“decreto sanzioni”). In particolare, trattandosi di questioni di imputazione a periodo, la sanzione per infedele dichiarazione sarà quella ridotta compresa tra il 60% e il 120%. In ipotesi di ravvedimento, la base di riferimento sulla quale apportare le riduzioni normativamente previste sarà quella minima edittale del 60%.

Se l’annualità in cui il componente positivo è stato omesso produce effetti anche con riferimento alle annualità successive, si rende necessario operare la ricostruzione di tutte le annualità d’imposta successive a quella per cui è stata presentata la dichiarazione rettificativa.

Rettifiche positive e negative

Se, nel rispetto delle indicazioni contenute nei principi contabili, si verifica la contemporanea correzione di errori contabili derivanti dalla mancata imputazione nel corretto esercizio di competenza sia di componenti negativi che positivi, occorre verificare se il risultato sia o meno complessivamente a favore del contribuente.

In caso di esito favorevole al contribuente (componenti positivi inferiori ai componenti negativi), occorre presentare una dichiarazione integrativa a favore qualora i termini di cui al citato art. 2, c. 8-bis, siano ancora pendenti; se invece l’annualità non è più ordinariamente emendabile, si procede alla riliquidazione delle dichiarazioni, come sopra precisato.

Se invece l’esito è sfavorevole al contribuente (componenti positivi superiori ai componenti negativi), è necessario presentare dichiarazione integrativa a sfavore, entro i termini previsti per l’accertamento, procedendo alla liquidazione delle maggiori imposte e interessi e al ravvedimento delle sanzioni.

Se un determinato componente negativo non è stato imputato nel corretto esercizio di competenza, ma in un periodo di imposta successivo, il contribuente può regolarizzare tale situazione avvalendosi del ravvedimento operoso.

Termini per l’accertamento

La possibilità di correggere gli errori nella competenza temporale dei componenti di reddito dev’essere coordinata con la disciplina dei termini di decadenza per l’attività di accertamento degli uffici.

È opportuno al riguardo aggiornare le indicazioni della circolare, in conseguenza del recente intervento del legislatore in materia.

Con riguardo ai periodi di imposta fino a quello chiuso il 31.12.2015, gli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, e gli avvisi di rettifica ai fini dell’IVA, devono essere effettuati entro il 31dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione1.

Questo termine si applica alle ipotesi di infedele dichiarazione, cioè quando la rappresentazione fornita dal contribuente nella dichiarazione fiscale è difforme rispetto a quanto viene accertato dall’ufficio fiscale.

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla (ai fini IRES-IRPEF/IRAP/IVA), sempre per i periodi di imposta fino al 2015, l’avviso di accertamento può essere invece notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

L’art. 1, c. 130, della legge di stabilità, vigente dal primo gennaio 2016, è intervenuto modificando l’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972.

Secondo le nuove disposizioni, gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto (e non più del quarto) anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (art. 57, c. 1).

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l’avviso di accertamento potrà invece essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (art. 57, c. 2).

Le nuove disposizioni interessano i periodi di imposta dal 2016 in avanti.

Parallelamente è stato innovato anche l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, a valere per gli accertamenti in materia di imposta sui redditi.

Le previsioni al riguardo sono perfettamente allineate a quelle del decreto IVA, sicché l’accertamento delle imposte sui redditi sarà consentito entro il quinto anno, ovvero il settimo anno (per le ipotesi di dichiarazione omessa o nulla) successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Secondo la circolare qui commentata, in caso di dichiarazioni fiscali contenenti elementi “rigenerati” relativi a un dato periodo di imposta, i termini per l’accertamento decorrono, in relazione a tali elementi, a partire dalla data di presentazione della dichiarazione integrativa e non da quella in cui è stata presentata la dichiarazione originaria. Ciò è vero però ora in linea generale, in virtù delle previsioni dell’art. 1, c. 640, lett. c, della L. 23.12.2014, n. 190, in caso di dichiarazione integrativa i termini di decadenza per la notifica degli atti impositivi decorrono (sempre limitatamente agli elementi “integrati) dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Nuovo ravvedimento

Dopo aver inquadrato le possibilità offerte dall’ordinamento per provvedere alla rettifica degli errori relativi all’imputazione temporale di componenti di reddito, che può ora operare a tutto campo fatto salvo, in caso di dichiarazione integrativa a sfavore, l’assolvimento delle sanzioni, è opportuno esaminare più da vicino quali sono le possibilità offerte dal ravvedimento operoso innovato a opera della L. n. 190/2014, anche in relazione al mutato quadro delle sanzioni amministrative tributarie (a loro volta innovate dal D.Lgs. n. 158/2015 e dalla legge di stabilità 2016, L. n. 208/2015).

La richiamata L. n. 190/2014 (cc. 637 e ss.) ha ridisciplinato l’istituto del ravvedimento operoso prevedendo che:

  • per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso non è più inibito dal controllo fiscale, ma solamente dalla notifica dell’atto impositivo o dell’avviso bonario;

  • il ravvedimento può avvenire, ferma la preclusione di cui sopra, senza limiti temporali;

  • il ravvedimento è possibile anche in caso di avvenuta constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (cioè mediante processo verbale), con riduzione della sanzione a 1/5 del minimo;

  • in caso di dichiarazione integrativa i termini di decadenza per la notifica degli atti impositivi decorrono dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Contestualmente alle modifiche apportate all’istituto del ravvedimento è stato innovato l’art. 2, comma 8, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP, dell’IVA e dei sostituti d’imposta per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l’accertamento, fatta salva l’applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria.

In tal modo sono stati esplicitamente coordinati i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa (a sfavore) e del ravvedimento operoso, raccordando i due istituti; nella disciplina della dichiarazione integrativa si chiarisce che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l’applicazione del ravvedimento operoso come innovata dalle norme in commento.

Ravvedimento e ravvedimenti

In particolare, il tipo di ravvedimento operoso cui faceva riferimento la circolare sulla regolarizzazione delle erronee imputazioni a periodo è quello che consente la riduzione delle sanzioni a 1/8, applicabile quando la regolarizzazione del versamento avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore (art. 13, c. 1, lett. b, D.Lgs. n. 472/1997).

La sanzione viene invece ridotta a 1/7 se il versamento è effettuato entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore (art. 13, c. 1, lett. b-bis), e a 1/6 se avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore (art. 13, c. 1, lett. b-ter).

È ora prevista anche la possibilità di ravvedimento operoso in presenza di attività di controllo dell’amministrazione finanziaria, purché il contribuente non abbia ricevuto la formale notifica di atti a contenuto impositivo e/o sanzionatorio (art. 13, c. 1, lett. b-quater, D.Lgs. n. 472/1997).

Nel quadro del ravvedimento a tutto campo, consentito ora anche in coordinamento con quanto previsto dall’art. 1, c. 634, della L. n. 190/2014 in funzione pro-compliance e di stimolo alla regolarizzazione spontanea, è ipotizzabile che la possibilità di rimediare agli errori di imputazione temporale di un determinato periodo di imposta sussista in ogni singola ipotesi disciplinata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, compreso il ravvedimento “lunghissimo” entro i termini dell’accertamento, anche in presenza di attività di controllo.

Sanzioni applicabili

Si osserva che le sanzioni dichiarative, cioè le sanzioni amministrative che puniscono l’infedeltà dichiarativa, sono state rimodulate a opera del già citato “decreto sanzioni” del 2015.

In particolare, ai sensi dell’art. 1, c. 4, del D.Lgs. n. 471/1997, nel testo attualmente vigente, l’ipotesi di erronea imputazione a periodo viene punita con la sanzione amministrativa dal 60% al 120% della maggior imposta dovuta, cioè a 2/3 del 90% – 180% ordinariamente previsto.

In sede di ravvedimento operoso, e riduzioni normativamente previste dovranno essere effettuate sulla base del minimo edittale (60%).

In sostanza:

  • se la regolarizzazione è effettuata con dichiarazione integrativa a sfavore entro 90 giorni dal termine ordinario di presentazione della dichiarazione (art. 1, c. 1, lett. a-bis), deve essere pagata l’imposta corrispondente alla rettifica operata, più gli interessi legali (attualmente pari allo 0,2% annuo, divisi per 365 giorni e moltiplicati per i giorni di ritardo, oltre alla sanzione da ravvedimento corrispondente a 1/9 del 60% (6,67%);

  • se la regolarizzazione interviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (lett. b), oltre a imposta e interessi deve essere pagata la sanzione corrispondente a 1/8 del 60% (7,50%);

  • se la regolarizzazione interviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione (lett. b-bis), la sanzione è pari a 1/7 del minimo, cioè all’8,57%;

  • con regolarizzazione oltre il termine precedente, ed entro i termini per l’accertamento (lett. b-ter), la riduzione è a 1/6, ossia al 10%;

  • se la violazione è già stata constatata (in presenza di controllo dell’amministrazione finanziaria – lett. b-quater), opera la riduzione a 1/5, sicché la sanzione si riduce al 12%.

Ravvedimento parziale

Va precisato che la regolarizzazione tramite ravvedimento può interessare anche solamente alcuni “errori” ed “omissioni”, e lasciarne altri, relativamente ai quali sussista un opposizione con il fisco. Se quindi si ritiene di poter meglio difendere le proprie ragioni avanti l’ufficio in sede amministrativa (istanza di autotutela; accertamento con adesione), ovvero in sede pre-giudiziale (mediazione; conciliazione) o giudiziale (con ricorso alla CTP), anche limitatamente ad alcuni comportamenti o rilievi (in caso di violazioni già contestate), il ravvedimento potrà essere solamente parziale.

In definitiva: il contribuente potrà ravvedere l’infedeltà dichiarativa consistente nell’erronea imputazione a periodo, lasciando in sospeso, ad esempio, quelle situazioni nelle quali conservi ragioni di opposizione con l’amministrazione finanziaria.

6 ottobre 2016

Fabio Carrirolo

1 Cfr., per le imposte sui redditi, l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, come modificato dal D.Lgs. 9.7.1997 n. 241, e per l’IVA l’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972.