Accertamenti fiscali e presunzioni legali sui compensi dei professionisti: habent sua sidera lites

i versamenti nei conti correnti dei professionisti: sono da considerare presuntivamente come compensi? A distanza di pochi giorni la Cassazione si è pronunciata in modo difforme con due sentenze e con lo stesso collegio giudicante: con questo articolo vogliamo approfondire le difformità di vedute dei giudici sullo stesso argomento

APPUNTILa Corte di Cassazione, ultimamente, in merito ai versamenti nei conti correnti dei professionisti, da considerare presuntivamente come compensi, si è pronunciata in modo difforme con due sentenze a distanza di pochi giorni e con lo stesso collegio giudicante ad eccezione di una Consigliera.

Infatti, la Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile:

  • con la sentenza n. 16440 dell’1 marzo 2016, depositata in cancelleria il 5 agosto 2016, ha accolto il ricorso del professionista perché è definitivamente venuta meno la presunzione sia dei prelevamenti sia dei versamenti;

  • invece, con la sentenza n. 16697 del 14 marzo 2016, depositata in cancelleria il 9 agosto 2016, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ritenendo i versamenti soggetti alla presunzione legale della normativa fiscale, con lo stesso collegio giudicante ad eccezione della Consigliera Dott.ssa Paola Vella che non era presente nella sentenza n. 16440/2016.

HABENT SUA SIDERA LITES!!

Per cercare di fare chiarezza sull’argomento, è opportuno precisare i termini giuridici della questione.

A) SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 228 DEL 24 SETTEMBRE 2014

La Corte Costituzionale con l’importante e condivisibile sentenza n. 228 del 24 settembre 2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, c. 1, n. 2, per. 2, del DPR 29-09-1973, n.600, come modificato dall’art. 1, c. 402, lett. a, n. 1, della Legge n. 311 del 30- 12-2004 (Legge finanziaria 2005), limitatamente alle parole “o compensi.

La questione di costituzionalità era stata sollevata d’ufficio dalla Commissione Tributaria Regionale per il Lazio con ordinanza del 10 giugno 2013 (in G.U. n. 45, prima serie speciale, del 06-11-2013).

In particolare, i giudici tributari, dovendosi pronunciare sul recupero a tassazione di compensi professionali a seguito di prelevamenti in contanti effettuati da uno studio legale, in parte non giustificati ed in parte giustificati con la sola indicazione del beneficiario dei prelevamenti, sollevavano la questione di costituzionalità del succitato art. 32 per violazione degli artt. 3, 24, 53 e 111 della Costituzione.

La Corte Costituzionale, con la succitata sentenza n. 228/2014 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 32 citato precisando che:

– l’art 1 della Legge n. 311/2004, inserendo nel corpo dell’art. 32 le parole “o compensi”, ha esteso ai lavoratori autonomi l’ambito operativo della presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente, così come quelle su questo versate, costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotate nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti;

– anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione di trattamento censurata;

– la non ragionevolezza della presunzione si inserisce, peraltro, in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria dei professionisti, che adottano spesso un assetto contabile da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali;

– oltretutto, l’esigenza di combattere l’evasione fiscale nel settore professionale trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari (Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 24 gennaio 2014).

Di conseguenza, la Corte Costituzionale ha censurato il succitato art. 32 limitatamente alle parole o compensi” senza alcuna distinzione tra prelevamenti e versamenti.

Infatti, la Corte se avesse voluto limitare la censura di incostituzionalità solo ai prelevamenti e non anche ai versamenti lo avrebbe scritto in modo chiaro ed indiscutibile.

E’ vero che il fatto storico rimesso alla Corte d’ufficio dalla CTR del Lazio riguardava solo i prelevamenti, ma la Corte Costituzionale non ha ritenuto opportuno limitare la questione solo ai prelevamenti ma ha allargato il giudizio anche ai versamenti, tanto è vero che nel commento dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 ha fatto presente l’ambito operativo della presunzione sia per i prelevamenti che per i versamenti, che costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotati nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti.

B) NUOVA FORMULAZIONE DELL’ART.32 CITATO

A seguito della succitata sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, il nuovo art. 32, c. 1, n. 2, per. 2, del DPR n. 600/73 è il seguente:

I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del D.Lgs 26 ottobre 1995, n.504 sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.

Dalla chiara lettura di cui sopra risulta evidente che il succitato art. 32 è tornato alla vecchia formulazione riferita solo agli imprenditori e non anche ai professionisti, in quanto si fa riferimento ai soli “ricavi” e non anche ai “compensi”, che invece erano stati aggiunti dalla Legge n. 311/2004 ed oggi cancellati dalla Corte Costituzionale.

Invece, se la Corte Costituzionale avesse voluto limitare la presunzione ai versamenti e non anche ai prelevamenti, lo avrebbe scritto espressamente e nella nuova formulazione dell’art. 32 si sarebbe dovuta leggere la frase “o compensi limitati ai versamenti” che invece non si legge assolutamente.

C) GIURISPRUDENZA FAVOREVOLE AI PROFESSIONISTI

La giurisprudenza favorevole ai professionisti si articola nelle seguenti sentenze della Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile:

  1. sentenza n. 20251 del 20 aprile 2015, depositata in cancelleria il 9 ottobre 2015, che rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e conferma che i prelevamenti ed i versamenti non erano indicativi dei compensi di un avvocato;

  2. sentenza n. 23041 del 14 ottobre 2015, depositata in cancelleria l’11 novembre 2015, che testualmente precisa: “La decisione della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 ha posto fine alla presunzione legale in base alla quale le somme prelevate o versate su conti e depositi riconducibili ad esercenti attività professionale costituiscono di per sé stessi ulteriori compensi assoggettabili a tassazione se non sono annotati contabilmente…

La novella dell’art. 32 DPR n. 600/73 è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, non reggendo sul piano economico e giuridico la correlazione logico–presuntiva tra costi, ricavi e movimenti bancari che è tipica, invece, del reddito d’impresa.

Pertanto, non solo è venuta meno la modifica dell’art. 32 operata dalla ‘finanziaria 2005’, ma non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale fatta, ai fini della presunzione posta dall’art. 32, dalla giurisprudenza di legittimità per le annualità anteriori”; questa sentenza sarà spesso citata nelle successive sentenze della Corte di Cassazione per l’importanza e la correttezza giuridica dei principi esposti, in ossequio alla sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale;

  1. sentenza n. 12779 dell’1 giugno 2016, depositata il 21 giugno 2016, che accoglie il ricorso del professionista in ossequio al principio di diritto secondo cui l’ufficio fiscale non poteva adottare, a supporto della ripresa a tassazione, le sole risultanze bancarie, dovendole verificare sulla base di ulteriori elementi probatori, alla luce della sentenza n. 228 del 2014 della Corte Costituzionale;

  2. sentenza n. 12781 dell’1 giugno 2016, depositata in cancelleria il 21 giugno 2016, che ribadisce che gli accertamenti nei confronti dei professionisti devono essere “depurati dall’operare delle presunzioni escluse, per i professionisti, dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 228/2014”;

  3. sentenza n. 15859 del 20 giugno 2016, depositata in cancelleria il 29 luglio 2016, che condanna l’Agenzia delle Entrate e richiama correttamente la condivisibile sentenza n. 23041/2015, di cui al precedente n. 2;

  4. sentenza n. 15860 del 20 giugno 2016, depositata in cancelleria il 29 luglio 2016, che condanna l’Agenzia delle Entrate e richiama correttamente la condivisibile sentenza n. 23041/2015, di cui al precedente n. 2;

  5. infine, sentenza n. 16440 dell’1 marzo 2016, depositata in cancelleria il 5 agosto 2016, che accoglie il ricorso di un avvocato precisando che “è definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti sia dei versamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale che la citata disposizione poneva”; anche questa sentenza richiama sempre la condivisibile e corretta sentenza n. 23041/2015, di cui al precedente n. 2, ed inoltre, in ossequio alla sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, estende gli effetti a tutti i giudizi pendenti con effetto retroattivo, come stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10958 del 2010.

A puro titolo informativo, si fa presente che il collegio giudicante di questa sentenza era il seguente:

– Presidente Dott. Stefano Bielli;

– Consigliere Dott. Enrico Scoditti;

– Consigliere Dott. Marco Marulli;

– Consigliere Dott.ssa Laura Tricomi (peraltro già presente nelle sentenze n. 23041/15, 12779/16 e 12781/16);

– Cons. Rel. Dott. Lucio Luciotti (peraltro presente nelle sentenze n. 12779/16 e n. 12781/2016).

In definitiva, con le succitate sentenze la Corte di Cassazione ha ben interpretato il nuovo art. 32 come corretto dalla più volte citata sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, per cui si sposta sempre sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ed i versamenti corrispondano ad importi riscossi nell’ambito dell’attività prettamente professionale.

D) GIURISPRUDENZA CONTRARIA

A questo punto, è opportuno commentare e criticare la seguente giurisprudenza contraria della Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile che spesso viene citata:

  1. sentenze numeri 22179 del 17 giugno 2008, depositata in cancelleria il 3 settembre 2008, e 18081 del 4 agosto 2010, che non fanno testo perché pronunciate prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 24 settembre 2014;

  2. sentenze numeri 26018 del 12 novembre 2014, depositata in cancelleria il 10 dicembre 2014, e 6237 del 24 febbraio 2015, depositata in cancelleria il 27 marzo 2015, che ignorano totalmente la sentenza della Corte Costituzionale, tanto è vero che non viene mai citata;

  3. sentenza n. 1008 del 25 novembre 2014, depositata in cancelleria il 21 gennaio 2015, che non riguarda assolutamente la presente questione giuridica, in quanto censura una sentenza della CTR motivata per relationem mediante mera adesione alla sentenza dei primi giudici;

  4. sentenza n. 25295 del 6 novembre 2014, depositata in cancelleria il 28 novembre 2014, che non prende posizione sulla questione perché il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ha reso inammissibile il controllo sulla motivazione esposta dai giudici di merito a sostegno della ritenuta fondatezza delle giustificazioni addotte dal contribuente professionista per superare la presunzione evocata dall’ufficio fiscale;

  5. sentenza n. 4585 del 15 gennaio 2015, depositata in cancelleria il 06 marzo 2015, peraltro riferita ad un conto corrente cointestato, che si limita genericamente a richiamare la sentenza n. 21420/2012, precedente alla più volte citata sentenza della Corte Costituzionale;

  6. sentenza n. 9721 del 12 febbraio 2015, depositata in cancelleria il 13 maggio 2015, che interpreta restrittivamente la sentenza della Corte Costituzionale, ritenendo valide le presunzioni sui versamenti, senza però operare una dettagliata motivazione, limitandosi a riferimenti puramente letterari;

  7. sentenza n. 12021 del 10 aprile 2015, depositata in cancelleria il 10 giugno 2015, che, anche in questo caso, interpreta restrittivamente la sentenza della Corte Costituzionale perché “deve essere osservato che ciò che è stato cancellato è proprio la presunzione sulla quale era fondato l’avviso di accertamento e cioè quella per cui i prelievi ingiustificati dei lavoratori autonomi erano presunti generatori di reddito non dichiarato”, quando invece la Corte Costituzionale ha riscritto e corretto l’art. 32 senza alcuna distinzione tra versamenti e prelevamenti, come esposto alla lettera B del presente articolo;

  8. sentenza n. 6093 del 16 dicembre 2015, depositata in cancelleria il 30 marzo 2016, che anche in questo caso interpreta restrittivamente la sentenza della Corte Costituzionale senza alcuna motivazione, se non i generici riferimenti letterali e senza, peraltro, spiegare la nuova e corretta riformulazione del più volte citato art. 32;

  9. sentenza n. 9078 del 16 marzo 2016, depositata in cancelleria il 05 maggio 2016, che si limita a citare la sentenza n. 9721/2015, già criticata al precedente n. 6;

  10. infine, sentenza n. 16697 del 14 marzo 2016, depositata in cancelleria il 09 agosto 2016, che, in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, limita la presunzione ai soli prelevamenti citando, però, stranamente, la sentenza n. 23041 del 2015 favorevole ai professionisti, come precisato alla precedente lettera C), n. 2, del presente articolo. Inoltre, la citata sentenza si limita genericamente a richiamare le precedenti sentenze numeri 6237/2015, 9078/2016, 18081/2010, 22179/2008 e 26018/2014, citate e criticate nei precedenti numeri.

A tal proposito, a puro titolo informativo, si fa presente che il collegio della sentenza n. 16697/2016 era così composto:

– Presidente Dott. Stefano Bielli (presente anche nella sentenza n. 26018/2014 Cit.);

– Consigliere Dott. Enrico Scoditti (presente anche nelle sentenze numeri 1008/15 e 6237/2015);

– Consigliere Dott. Marco Marulli (presente anche nelle sentenze numeri 1008/15 e 6237/2015);

– Consigliere Dott.ssa Paola Vella (al posto della Dott.ssa Laura Tricomi);

– Cons. Rel. Dott. Lucio Luciotti (relatore anche della sentenza n. 16440/16).

Come può notarsi, ad eccezione della Consigliera Dott.ssa Paola Vella, il suddetto collegio giudicante è lo stesso, con lo stesso relatore, della favorevole sentenza n. 16440/2016, di cui al n. 7 della lettera C) del presente articolo.

E) CONCLUSIONI

Con la riscrittura e correzione del più volte citato art. 32 la Corte Costituzionale non ha fatto alcuna distinzione tra i prelevamenti ed i versamenti, spostando l’onere della prova sempre e solo sull’Agenzia delle Entrate, come correttamente interpretato dalle sentenze della Corte di Cassazione citate alla lettera C) del presente articolo.

Di conseguenza, se non si vogliono avere altre sorprese giurisprudenziali in futuro e se quanto correttamente deciso dall’ultima sentenza della Corte di Cassazione n. 16440/2016 non dovesse essere condiviso, bisogna seguire le seguenti strade:

  • rimettere gli atti alle Sezioni Unite della Cassazione;

  • inviare nuovamente gli atti alla Corte Costituzionale per l’interpretazione autentica ed in ogni caso per contrasto con gli articoli 3, 24, 53 e 111 della Costituzione per la diversità di trattamento giuridico tra i versamenti ed i prelevamenti dei professionisti;

  • de iure condendo, intervenire a livello legislativo per scrivere in modo chiaro e preciso che nei confronti dei lavoratori autonomi non sono mai ammesse e previste presunzioni legali dei movimenti bancari in entrata e in uscita.

A questo punto, per evitare di lasciare i professionisti nell’incertezza giuridica e processuale, è consigliabile coltivare il contenzioso tributario seguendo le indicazioni delle favorevoli sentenze della Cassazione citate alla lettera C) del presente articolo, indipendentemente da quanto esposto dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 16/E del 28/04/2016.

18 agosto 2016

Dott. Alessandro Villani – Avv. Maurizio Villani