la notifica della cartella di pagamento si deve provare con produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento in originale; il contribuente può disconoscere la firma sulla fotocopia
Avviso di ricevimento in fotocopia
In tema di notificazione della cartella di pagamento per mezzo del servizio postale, soltanto l’avviso di ricevimento prodotto in originale è documento idoneo a comprovare l’avvenuta notifica, quando il contribuente abbia espressamente contestato la conformità del documento prodotto in fotocopia e la eventuale sottoscrizione apposta. L’onere di provare la notifica, infatti, può ritenersi adempiuto col deposito degli avvisi di ricevimento prodotti in copia, soltanto se il contribuente non abbia contestato la conformità di dette copie agli originali: in tal caso, spetta all’esattore reperire ed esibire i documenti in originale, senza i quali la notifica non può ritenersi validamente provata. Tale interessante assunto è stato precisato dalla Cassazione con sentenza n. 8861 del 4 maggio 2016
Vicenda
Un contribuente ha impugnato cinque cartelle di pagamento, conosciute attraverso la successiva iscrizione ipotecaria; esso ha lamentato di non aver mai ricevuto la notifica delle cartelle pregresse. L’Agente della riscossione ha depositato in giudizio copie fotostatiche degli avvisi di ricevimento, comprovanti la notifica a mezzo posta delle cartelle in questione. Dette copie sono state contestate dal contribuente per non essere conformi e per non avere l’effettiva rispondenza agli originali dei documenti rappresentati. Il giudice del gravame ,in riforma della sentenza di primo grado, che aveva annullato le cartelle, ha accolto l’appello dell’Agente della riscossione, ritenendo che la notificazione delle cartelle doveva ritenersi provata sulla base delle copie degli avvisi di ricevimento depositati nel fascicolo processuale. Gli Ermellini con la pronuncia citata, ribaltando l’esito del giudizio e non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di merito, hanno disposto l’accoglimento del ricorso introduttivo, con conseguente annullamento delle impugnate cartelle esattoriali. Nella fattispecie, secondo la Suprema Corte “risulta accertato dalla Ctr che il piego era stato notificato e che la notifica risultava effettuata regolarmente, tuttavia sulla base di prova documentale in fotocopia la cui conformità all’originale era stata disconosciuta. L’onere di provare la notifica, infatti. può ritenersi adempiuto col deposito degli avvisi di ricevimento prodotti in copia, soltanto se il contribuente non abbia contestato la conformità di dette copie agli originali: in tal caso, spetta all’esattore reperire ed esibire i documenti in originale. senza i quali la notifica non può ritenersi validamente provata. All’accoglimento del ricorso del contribuente, la Cassazione ha fatto seguire la condanna alle spese per l’amministrazione, limitatamente a quelle relative al grado di legittimità, disponendo al contempo l’integrale compensazione delle spese dei gradi di merito, stante l’evolversi alterno della vicenda processuale”.
Conclusioni
La produzione di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo idoneo per introdurre la prova nel processo, incombendo alla controparte l’onere di contestarne la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., ed avendo il giudice l’obbligo di disporre, in tal caso, la produzione del documento in originale. La parte contro la quale è prodotta un documento , se intende disconoscerlo, è tenuta a negare formalmente, pur senza l’uso di formule sacramentali la propria scrittura o la propria sottoscrizione; infatti, il disconoscimento, che è equiparabile ad una ordinaria eccezione sostanziale, è un onere della parte contro la quale la scrittura privata è prodotta in giudizio.
La copia fotostatica di un documento, del quale non sia stato disconosciuto la conformità all’originale, ha la stessa efficacia probatoria del titolo originale ovvero la copia fotostatica non autenticata si deve ritenere valida, sia nella sua conformità all’originale che nella scrittura e sottoscrizione, se l’altra parte non la disconosce. In caso di disconoscimento dell’autenticità della scrittura o della sottoscrizione è inutilizzabile il documento fotostatico come mezzo di prova, con salvezza della produzione dell’originale da parte di chi intenda avvalersene ;peraltro, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., in caso di disconoscimento della conformità della copia all’originale il giudice può accertare tale conformità anche a mezzo di presunzioni. Il disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione di un documento senz’altro ammissibile pur se prodotto in copia fotostatica da un lato comporta che se la parte intende avvalersene deve produrre l’originale necessario per la procedura di verificazione; dall’altro detto disconoscimento nel privare d’efficacia probatoria la copia fotostatica implica anche la contestazione dell’esistenza dell’originale. Ai fini del disconoscimento di un documento, ai sensi dell’articolo 214 c.p.c. pur non occorrendo alcuna formula sacramentale o speciale, è necessaria un’impugnazione chiara e univoca anche in ordine all’oggetto della sottoscrizione di cui si nega l’autenticità, specificazione che è indispensabile nell’ipotesi in cui, essendo stata prodotta una pluralità di atti sottoscritti, soltanto alcuni di questi siano disconosciuti. Il disconoscimento di un documento, ai sensi dell’art. 2719 (o dell’art. 2712) c.c. che provenga dalla stessa parte, o dal suo dante causa, o dalla stessa controparte nel giudizio, deve essere specifico, ossia riferito ad una copia di esso concretamente individuata, e successivo, effettuato, di regola, dopo la produzione in giudizio della copia documentale; è generico e preventivo il disconoscimento effettuato dalla Amministrazione finanziaria, in una controversia avente ad oggetto il rimborso di tributi indebitamente versati, in quanto privo d’alcun riferimento a documenti determinati e individuati nel loro contenuto e nei loro dati identificativi e anticipato rispetto alla loro produzione in giudizio in fotocopia.
Secondo una precisa ricostruzione l’ufficio, a pena di decadenza, deve effettuare il disconoscimento di documenti, depositati dal ricorrente a corredo del ricorso introduttivo (si pensi alle fotocopie dei versamenti di tributi eseguiti dal contribuente), nelle controdeduzioni in sede di costituzione in giudizio entro 60 giorni dal giorno in cui è stato notificato il ricorso introduttivo; il contribuente, a sua volta, a pena di decadenza, già in sede di ricorso introduttivo deve proporre l’eccezione sostanziale di disconoscimento (es. contribuente che avendo impugnato la iscrizione a ruolo per maggiori imposte dovute a seguito d’avviso d’accertamento non opposto e per sanzioni, conseguenti a rettifica della dichiarazione operata con la presentazione del mod 740, affermi di nulla dovere per non aver mai presentato tale dichiarazione deve necessariamente – essendo tenuto per legge a proporre dinanzi al giudice tributario competente il ricorso contro l’iscrizione a ruolo – disconoscere in tale sede la sottoscrizione apposta in calce alla suddetta dichiarazione, in forza del rinvio operato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 546/92.Non è, quindi, operante attesa la peculiarità del processo tributario – rectius: dell’impianto delineato dal D.lg. 546/92 -, la disciplina processualcivilistica secondo cui il disconoscimento deve avvenire entro la prima udienza ovvero entro la prima risposta successiva alla produzione del documento da disconoscere – Cassazione sez. 3 sentenza n. 09159 del 24 giugno 2002; Cassazione sentenza n. 1525 del 28 gennaio 2004).
La tardività del disconoscimento di una scrittura privata da parte del contribuente o dell’ufficio non è rilevabile d’ufficio dalla CT (Cassazione sez. 3 sentenza n. 01300 dell’1 febbraio 2002) ma deve essere eccepita dalla parte che tale scrittura abbia prodotto; la parte (contribuente o ufficio) deve eccepire la tardività del disconoscimento entro 10 giorni liberi prima della data di trattazione e nel caso di trattazione della controversia in camera di consiglio entro 5 giorni liberi prima della camera di consiglio. Anche nel processo tributario il disconoscimento è previsto solo per le scritture provenienti dalla parte; quindi, le scritture provenienti da terzi non devono essere disconosciute (Corte di Cass. civ. Sez. V, con la sentenza del 15-10-2013, n. 23317; Cassazione sez. 3 sentenza n. 12598 del 16 ottobre 2001). Per le scritture proveniente da terzi (come nel caso di un testamento olografo) la contestazione deve essere sollevata nelle forme dell’articolo 221 e seguenti del c.p.c. perché si risolve in un’eccezione di falso (Cassazione sez. 2 sentenza n. 16362 del 30 ottobre 2003).
Quando la scrittura è disconosciuta, non ha l’efficacia probatoria di cui all’articolo 2702 c.c. e, pertanto, la parte che ha prodotto la scrittura, se vuole conferire al documento efficacia probatoria ha l’onere di chiedere la verificazione1. Il convincimento del giudice di merito tributario circa l’inidoneità di una determinata deduzione difensiva ad integrare gli estremi del disconoscimento della scrittura privata costituisce giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità. La querela di falso, ex articolo 39 del D.lgs. 546/92, e il disconoscimento della scrittura privata sono istituti preordinati a finalità diverse e del tutto indipendenti tra loro.Il disconoscimento investe la provenienza del documento ed è volto ad impedire che all’apparente sottoscrittore di essa sia imputata la dichiarazione sottoscritta; la querela di falso contesta la provenienza delle dichiarazioni contenute nella scrittura. Alla parte nei cui confronti è prodotta una scrittura privata è consentita, oltre alla facoltà di disconoscerla, così facendo carico alla controparte di chiederne la verificazione addossandosi il relativo onere probatorio,— anche la possibilità alternativa di proporre, senza con ciò riconoscere né espressamente né tacitamente la scrittura medesima, querela di falso al fine di contestare la genuinità del documento stesso, atteso che, in difetto di citazioni di legge, non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte (Cassazione sez. 2 sentenza n. 19727 del 23 dicembre 2003).
12 luglio 2016
Ignazio Buscema
1 Prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica, qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca espressamente ed in modo formale sia la conformità della copia all’originale, sia il contenuto e la autenticità della sottoscrizione, il giudice, mentre non resta vincolato alla contestazione della conformità all’originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all’originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2709 c.c., nel caso di disconoscimento del contenuto o della sottoscrizione è vincolato, anche solo a tale fine, all’esito della procedura prevista dagli artt. 216 e ss., c.p.c., della cui instaurazione è onerato colui che intenda far valere in giudizio il documento (Cass. civ. Sez. III, 20-08-2015, n. 16998). A seguito del disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta a produrre l’originale (e, in caso di ulteriore disconoscimento, a chiederne la verificazione), atteso che solo con l’originale si realizzano la diretta correlazione e l’immanenza della personalità dell’autore della sottoscrizione, che giustificano la fede privilegiata che la legge assegna al documento medesimo, così da fondare una presunzione legale superabile dall’apparente sottoscrittore solo con l’esito favorevole della querela di falso. La parte che ha disconosciuto la sottoscrizione di una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, ha l’onere di reiterare il disconoscimento con riferimento all’originale della scrittura medesima, successivamente acquisito in giudizio, per impedire che la predetta scrittura si abbia per riconosciuta in causa ( Cass. civ. Sez. I, 06-08-2015, n. 16551). L’art. 2719 cod. civ. esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche e si applica tanto al disconoscimento della conformità della copia al suo originale quanto al disconoscimento dell’autenticità di scrittura o di sottoscrizione, dovendosi ritenere, in assenza di espresse indicazioni, che in entrambi i casi la procedura sia soggetta alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c.. Ne consegue che la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico e non equivoco alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione, mentre il disconoscimento onera la parte della produzione dell’originale, fatta salva la facoltà del giudice di accertare tale conformità anche aliunde (Cass. civ. Sez. VI – 1, 13-06-2014, n. 13425).