La delega di firma del Direttore dell'Ufficio deve essere 'a tempo', ossia contenere un termine di validità, pena la nullità dell'atto

continua il contenzioso sulla delega di firma sull’avviso di accertamento… ricordiamo che la delega di firma rilasciata dal direttore dell’ufficio ai propri funzionari al fine di sottoscrivere gli avvisi di accertamento deve essere a tempo, ossia contenere un termine di validità, pena la nullità dell’atto

APPUNTILa delega di firma rilasciata dal direttore dell’ufficio ai propri funzionari al fine di sottoscrivere gli avvisi di accertamento deve essere a tempo ossia contenere un termine di validità.

Quanto sopra è contenuto nella recente sent. n. 1702/2016 della CTP di Roma da cui emerge che la delega rilasciata ai funzionari deve essere motivata, nominativa e contenere un “termine di validità”, con la conseguenza che il mancato rispetto di tali requisiti produce la nullità dell’atto.

Un ulteriore tassello, anche se trattasi di un pronuncia di merito, si aggiunge all’eterna querelle tra contribuenti/ricorrenti e agenzia delle entrate sorta all’indomani della sent. n. 37/2015 della Corte Costituzionale e le successive sentenze della Suprema Corte (nn. 22800, 22803 e 22810/2015) circa l’invalidità di atti firmati da funzionari delle entrate.

La vicenda, giunta ormai al giudice di legittimità, riguarda un consistente numero di funzionari (circa 800) dell’agenzia delle entrate a cui è stato conferito un incarico dirigenziale poi prorogato più volte nel corso del tempo. Si tratta di incarichi a contratto concessi dall’Agenzia delle entrate senza il superamento di una procedura concorsuale Tali incarichi sono previsti dall’art. 24 del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate e hanno consentito il conferimento di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non in possesso della relativa qualifica (fino al 2010). Tali dirigenti a vario titolo sono i direttori provinciali “reggenti”; i dirigenti “incaricati” che sottoscrivono gli atti su delega dei reggenti.

Fattispecie

In fatto il contribuente ha impugnato l’accertamento emesso dalla Agenzia delle entrate concernente maggiori imposte per un consistente importo economico, eccependo, tra l’altro, la violazione dell’art. 42 Dpr n. 600/1973 sotto il profilo del difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo. L’Ufficio finanziario, dal canto suo, ha respinto la richiesta di nullità dell’atto depositando copia della disposizione di servizio attestante la delega di firma, al fine di legittimare la sottoscrizione apposta dal “Capo Area” anziché dal Direttore dell’Ufficio.

La CTP ha ritenuto preliminarmente che a fronte della contestazione circa la corretta sottoscrizione dell’atto impositivo, “il vaglio del giudice necessariamente alla verifica della adeguatezza dell’atto di delega ed, in aggiunta al controllo dei requisiti gerarchici in capo al firmatario.

I giudici di merito, nel ricostruire l’iter giurisprudenziale della Suprema Corte e della Corte Costituzionale sull’argomento, hanno affermato che l’avviso di accertamento non può essere sottoscritto da “chicchesia”, nel senso che il capo dell’ufficio o altro impiegato della carriera direttiva delegato devono necessariamente essere funzionari appartenenti alla terza area e che, a fronte di una generica contestazione nel ricorso introduttivo, incombe all’Amministrazione fornire una prova documentale circa il possesso dei requisiti soggettivi sia del delegante che del delegato; il difetto di quanto precede ossia se l’ufficio non dimostri documentalmente l’esistenza di tali requisiti si riflette sulla nullità dell’atto impositivo. Al riguardo, sovviene una recente sentenza della Cassazione secondo cui se l’ufficio finanziario non prova che l’accertamento è firmato da un funzionario legittimamente delegato, l’atto è nullo. Pertanto gli accertamenti sono nulli tutte le volte che gli avvisi non risultano sottoscritti dal capo dell’ufficio o da un funzionario validamente delegato (n. 24492/2015) La Suprema Corte ha ritenuto che l’accertamento è nullo ai sensi dell’art. 42, del Dpr n. 600/1973 se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo ufficio titolare ma di un funzionario della carriera direttiva, incombe all’Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega (cfr. Cass. n. 17400/2012).

I giudici di merito hanno ritenuto che per gli avvisi sottoscritti dal funzionario, la delega conferita dal direttore deve essere: motivata, ossia deve riportare le cause che l’hanno determinata; nominativa, deve contenere chiaramente il nominativo dei soggetti delegati; contenere un termine di validità. La delega che non contiene i suddetti requisiti determina la nullità dell’atto impositivo.

In particolare, il nominativo deve essere presente sulla delega e ben individuato, non potendosi ricorrere ad una individuazione per “relationem”, ovvero rinviando ad altri atti, in quanto una delega in bianco, priva del nominativo del soggetto delegato, deve essere considerata nulla (Cass. n. 22803/2015).

I giudici hanno ritenuto che nel caso di specie non sono stati rispettati i requisiti individuati dalla Suprema Corte come essenziali, per valutare la correttezza della sottoscrizione sostitutiva. Infatti la disposizione di servizio emessa dall’Agenzia delle entrate si è limitata ad individuare le cariche dei funzionari (ad esempio, “capo area”, “capo team”, ecc) senza comunque riportare il nominativo di tali soggetti, identificando il caso della delega “in bianco” censurata dalla ciatet sentenze della Cassazione. Anche in ordine al termine di validità, la delega non rispetta i previsti requisiti, in quanto la stessa si pone come a tempo determinato mentre deve prevedere un termine di validità. Inoltre l’ufficio finanziario non ha fornito alcuna prova circa l’appartenenza del funzionario alla carriera direttiva, non essendo sufficiente l’aver affermato che il soggetto delegato appartiene alla “carriera direttiva”.

Il difetto dei suddetti elementi integra una violazione dei precetti stabiliti dall’art. 42 del Dpr n. 600/1973 e si riflette sulla legittimità dell’atto impositivo, determinandone l’annullamento.

L’orientamento espresso nella sentenza de quo è stato già affermato dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha ritenuto che, nell’individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’atto impositivo, grava sull’Agenzia delle entrate dimostrare il corretto esercizio del potere e l’eventuale delega (Cass n. 14942/2013).

La Suprema Corte nel precisare che solo in alcune alcuni casi specifici opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio è adottato, ha affermato che l’orientamento in rassegna non è contraddetto dalla sent n. 22800/2015 che, pu ponendo l’accento sull’impiegato della carriera direttiva, ribadisce che se viene contestato un specifico atto di delega da parte del capo ufficio incombe all’amministrazione fornire la prova della non sussistenza dell’atto. Quanto precede sia in virtù del principio di leale collaborazione che grava sulle parti processuali che in virtù del principio della vicinanza della prova, non essendo consentito nemmeno al giudice attivare d’ufficio poteri istruttori.

16 marzo 2016

Enzo Di Giacomo