Le metodologie di controllo antiriciclaggio presso gli studi professionali

Un argomento molto sentito dai liberi professionisti: quello dei controlli sulla gestione antiriciclaggio; in questo articolo evidenziamo le linee guida della Guardia di Finanza per tale tipologia di controlli.

ANTIRICICLAGGIO SUI PROFESSIONISTI: PREMESSA

accesso domiciliare guardia di finanzaTempo addietro la G.D.F., con la circolare n. 83607 del 19.3.2012, ha fornito istruzioni ai propri uffici riguardo ai controlli antiriciclaggio sui professionisti giuridico/contabili.

In particolare, le istruzioni prevedono:

  • controlli di campionamento delle operazioni e prestazioni professionali da verificare;
  • richiesta dell’elenco dei clienti al fine di esaminare le operazioni con i clienti che risultano maggiormente ricorrenti o non operanti nella zona di competenza del professionista, per operazioni di importo significativo.

Le metodologie di controllo della GDF, in materia antiriciclaggio, in linea di massima, sotto il profilo procedurale, non si discostano molto dalla metodologia tipica delle verifiche fiscali.

 

ORGANISMI CHE POSSONO EFFETTUARE I CONTROLLI AI FINI ANTIRICICLAGGIO

Secondo l’art. 53, d.lgs. 231/2007, i controlli sono effettuati in collaborazione da diversi organismi istituzionali:

  • DIA e Nucleo speciale di polizia valutaria GDF e Reparti territoriali del Corpo sub delegati;
  • Collegi e ordini professionalisui professionisti indicati nell’articolo 12, comma 1, lettere a – c;
  • UIF con riguardo alle segnalazioni di operazioni sospette e ai casi di omessa segnalazione di operazione sospetta;
  • Autorità di vigilanza di settore(B.I., Isvap, Consob) nei confronti delle soggetti esercenti attività finanziari e società di revisione.

 

Il Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia Di Finanza  ha competenza esclusiva sui seguenti soggetti:

  • operatori finanziari e professionisti indicati nell’art.12;
  • esercenti attività di commercio di oro per finalità industriali o di investimento;
  • esercenti fabbricazione e commercio di oggetti preziosi;
  • esercenti commercio di cose antiche;
  • esercenti case d’asta;
  • uffici della PA;
  • società fiduciarie;
  • confidi;
  • ogni altro soggetto che rende servizi professionali in materia di contabilità e tributi, revisori legali, recupero crediti C/terzi, custodia e trasporto denaro contante, gestione case da gioco, agenzie immobiliari, agenzie giochi e scommesse.

Inoltre, ha competenza concorrente:

  • con gli ordini professionali nei confronti degli iscritti agli albi professionali, notai e avvocati quando in nome o per conto dei clienti compiono operazioni di natura finanziaria o immobiliare, apertura di conti o di gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
  • con la Banca d’Italia nei confronti degli intermediari finanziari.

ATTIVITA’ ISPETTIVA

L’attività ispettiva è un’attività di polizia amministrativa volta ad:

  • accertare il corretto adempimento degli obblighi antiriciclaggio e le eventuali violazioni am.ve e/o penali;
  • contrastare il riciclaggio dei proventi illeciti (per la commissione dei reati ex artt.648vis e 648 ter c.p.) e il finanziamento del terrorismo (per la commissione dei reati ex art.270 bis e 270 quinquies c.p.);
  • ha carattere di flessibilità essendo calibrata in relazione alle dimensioni del soggetto da controllare e in relazione agli approfondimenti necessari sulla base degli input di controllo in possesso del Reparto operante;
  • è svolta secondo i generali canonidi legalità, trasparenza, efficacia e efficienza dell’azione am.va;
  • è eseguita in forza dei poteri di polizia economica e finanziaria di cui art.2, D.lgs. 68/2001, di polizia valutaria di cui DPR 148/88, di accesso all’Archivio dei rapporti finanziari di cui art.37, comma 4, D.L. 223/06.

 

L’attività ispettiva si classifica come:

  • ispezione, consiste nell’analisi approfondita della posizione del soggetto da controllare;
  • controllo, consiste nel riscontro di uno o più atti di gestione per la verifica degli adempimenti di carattere meramente formale:
    • istituzione archivio unico informatico o del registro clientela;
    • adeguata verifica clientela (identificazione del cliente e del titolare effettivo);
    • registrazione e conservazione dei dati;
    • segnalazione delle operazioni sospette all’UIF;
    • comunicazione infrazioni amministrative al MEF.

L’attività ispettiva, in base alla sede ed il volume d’affari/ricavi/compensi del soggetto da controllare, è ripartita fra il Nucleo speciale di polizia valutaria e altri Reparti territoriali del Corpo muniti di delega. In linea di massima, i criteri di suddivisione della competenza sono gli stessi adottati per le verifiche fiscali.

L’attività ispettiva può essere:

  • programmata,soltanto per le ispezioni, mediante la quale viene formalizzata la scelta dei soggetti da controllare. Una volta approvata, in linea generale, vincola il reparto, senza escludere che possa essere successivamente modificata o integrata in base a motivate ragioni;
  • extra-programma, nei confronti dei soggetti, non inseriti nel piano approvato, per i quali sussistono segnalazioni e/o emergenze urgenti ed improcrastinabili.

La pianificazione avviene sulla base degli input informativi, delle segnalazioni di operazioni sospette, delle risultanze di pregresse indagini di P.G., di esiti di altre attività di controllo e verifica fiscale, di precedenti dell’A.T., dell’archivio SDI delle forze di polizia, dalla banca dati STAT della GDF.

FONTI DA CUI PROMANA L’ATTIVITA’ ISPETTIVA

L’attività di accertamento sia ai fini antiriciclaggio sia ai fini fiscali può scaturire dalla conoscenza, da parte dell’A.F. di notizie ed elementi specifici con particolare valore di prova, legittimamente ottenuti mediante:

  • poteri istruttori conferiti per legge;
  • dichiarazioni dei redditi presentate;
  • liquidazione automatizzata delle imposte (riguarda la totalità dei contribuenti).
  • controlli di merito che sono eseguiti nei confronti di un numero minore di soggetti;
  • presunzioni di legge;
  • controlli a sorteggio;
  • liste selettive. Sono degli elenchi di contribuenti redatti dal Centro informativo dell’A.T. secondo criteri stabiliti con apposito decreto ministeriale. In pratica nella lista entrano i soggetti segnalati per situazioni anomale: incongruenza fra rimanenze iniziali e finali, perdite protratte per più anni, riscontro di redditi non dichiarati (es. redditi di locazione);
  • anagrafe dei C/C. Dal 2012 le banche hanno l’obbligo di comunicare all’A.T. i dati di tutti i rapporti finanziari (dei C/C, carte di credito e di debito, libretti postali, conti di deposito, cassette di sicurezza, compravendite di oro e preziosi, operazioni fuori conto). Una volta dentro, il controllo potrà prendere pieghe inattese e estendersi anche a redditi e situazioni non inclusi nelle liste selettive;
  • accesso all’anagrafe dei conti per esercitare tutti i poteri previsti dalla normativa antiriciclaggio, per l’esecuzione di analisi, ispezioni e controlli sull’impiego di risorse del bilancio dello Stato, Regioni, Enti locali e dell’U.E.;
  • spesometro. Strumento che consente di controllare tutti i consumi dei contribuenti superiori a una certa soglia. Vi confluiscono le spese certe documentate da acquisti documentati che finiscono nel paniere dei consumi; assicurazioni, finanziamenti, spese mediche, contributi previdenziali. Vi confluiscono spese presunte come consumi di energia elettrica, spazzatura, etc.;
  • tracciabilità dei pagamenti che vieta l’utilizzo del contante per spese superiori a 999 euro (in merito al limite del contante consulta l’aggiornamento 2023, ndr) . Il fisco preferisce ora basare l’accertamento non in base al criterio del reddito entrata ma in base criterio del reddito uscito, cioè in base ai soldi spesi. Se tra il reddito dichiarato e quello speso vi è evidente sproporzione (superiore al 20%) allora il fisco inserisce il soggetto nella black list (liste selettive) e gli chiede chiarimenti. In questa sede scatta l’inversione dell’onere della prova: il contribuente deve dimostrare di aver reperito i redditi in modo lecito. Diversamente scatta la sanzione tributaria;
  • anagrafe tributaria. È un maxcervellone in cui confluiscono le informazioni degli altri registri pubblici, affinchè possano essere utilizzati da software di riscontro per verificare eventuali anomalie;
  • anagrafe condominiale. È un registro tenuto dagli amministratori di condominio in cui sono indicati gli eventuali immobili locati. Il registro viene consegnato al Comune e viene utilizzato per la verificare i contratti di locazione.

La legge prevede diverse forme di adempimenti collaborativi sia dei clienti sia dei contribuenti, le cui informazioni acquisite confluiscono in un cervellone che li elabora al fine di fare emergere indici di anomalia e di pericolosità dei soggetti vigilati, che costituiscono i criteri per selezionare i soggetti da assoggettare a verifica.

I dati antiriciclaggio possono essere utilizzati anche ai fini fiscali.

Infatti, la normativa antiriciclaggio nata, all’inizio, per l’esigenza di contrastare il reimpiego del denaro proveniente da delitti, è stata utilizzata dal legislatore italiano per contrastare anche l’evasione fiscale, in quanto è stata ritenuta uno strumento utile di controllo.

Il Nucleo speciale di polizia valutaria, in materia di controlli antiriciclaggio, esercita sia attività di indagini di polizia giudiziaria sia attività di tipo amministrativo.

Le indagini di polizia giudiziaria, comprendono l’esecuzione di accertamenti patrimoniali finalizzati a provvedimenti di sequestro per la successiva confisca dei beni di illecita provenienza.

Nell’ambito dei controlli amministrativi, volti a prevenire l’immissione del denaro sporco nei circuiti legali dell’economia, assumono importanza i controlli nei confronti dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio, in quanto, attraverso gli opportuni approfondimenti sulle operazioni sospette e sui soggetti che li hanno posti in essere, consentono di scoprire anche evasioni e frodi fiscali.

La Circ. n. 1/2008 della G. di F. (Istruzioni sull’attività di verifica), nel Capitolo 5, ha sottolineato l’importanza di “non trascurare ogni proficua valorizzazione dell’attività svolta nel settore antiriciclaggio dal Nucleo speciale di polizia valutaria”. A tal fine viene sottolineata l’importanza dell’attività di approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette prodotte dai destinatari degli obblighi antiriciclaggio.

L’art. 36, c. 6, d.lgs. 231/07, prevede che “i dati e le informazioni registrate ai sensi delle norme di cui al presente Capo (nell’archivio unico informatico, nel registro della clientela o nei sistemi informatici tenuti ai fini antiriciclaggio) sono utilizzabili ai fini fiscali secondo le disposizioni vigenti”.

L’art. 36, c. 4, Dpr 600/73 (Comunicazioni di violazioni tributarie), prevede chei soggetti pubblici (altri uffici della P.A.) incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza nonchè gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ovvero, ove previsto, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l’inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l’eventuale documentazione atta a comprovarli.

I dati e le informazioni comunque acquisiti non possono essere utilizzate direttamente per relationem ai fini dell’accertamento fiscale, ma costituiscono un input per le successive attività di verifica (anche di indagini finanziarie), che debbono essere svolte nel rispetto delle norme concernenti i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a controlli fiscali.

Invece, l’utilizzo diretto dei dati antiriciclaggio è previsto per le informazioni contenute nell’archivio unico informatico, nel registro della clientela o nei sistemi informatici tenuti ai fini antiriciclaggio dai soggetti obbligati (art. 36, c. 6 d.lgs. 231/07).

FONTI DA CUI PROMANA LA LISTA DEI SOGGETTI DA CONTROLLARE:

  1. ATTIVITA’ D’INIZIATIVA, che può scaturire:
  • da informazioni e elementi in possesso del reparto sulla base dei precedenti fiscali, penali e di polizia;
  • da richieste e segnalazioni di altri reparti del Corpo, da input provenienti dalle autorità di vigilanza di settore.
  1. ATTIVITA’ CENTRALIZZATE O A PROGETTO diffusi su tutto il territorio nazionale o su parte di esso, in ragione degli input o delle esigenze di controllo provenienti dal Comando Generale o dai contatti periodici fra le Autorità di controllo (MEF, B.I., UIF).

Si evidenzia la necessità di svolgere i controlli in CONTRADDITTORIO con la parte in un’ottica di collaborazione con il soggetto ispezionato, per acquisire le motivazioni addotte dal soggetto circa eventuali contestazioni da addebitare, in considerazione del fatto che sul soggetto gravano adempimenti commisurati al rischio di riciclaggio, al tipo di operazione/prestazione, al fine di acquisire i motivi sottostanti all’avvenuto adempimento o meno degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette.

Considerato che gli adempimenti antiriciclaggio sono proporzionati al rischio di riciclaggio in relazione al tipo di cliente o di rapporto professionale, per evitare contestazioni da parte degli organi di controllo, in sede di verifica, i soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio dovranno dimostrare di aver adempiuto, scrupolosamente, a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa antiriciclaggio, mediante l’approfondimento delle informazioni raccolte in contraddittorio con il cliente e da tenere a fascicolo.

ATTIVITA’ PREPARATORIA DELL’ATTIVITA’ ISPETTIVA

I militari operanti, prima di iniziare l’accesso presso i locali in cui è esercitata l’attività del soggetto da controllare, effettuano:

  • disamina dei documenti in possesso del Reparto o comunque desumibili dalle interrogazioni delle banche dati in uso al Corpo;
  • acquisizione di notizie sull’attività da controllare, sopralluoghi dove sarà eseguito l’accesso;
  • verifica di eventuali ispezioni in corso;
  • viene redatta una Scheda d’ispezione, atto avente rilevanza interna, che riporta la fonte d’innesco, l’attività eseguita nella fase di preparazione dell’intervento, nonché gli aspetti che si devono attenzionare sulla base degli elementi in possesso;
  • richiesta della delega al Nucleo speciale di polizia valutaria se l’attività ispettiva è svolta dagli altri reparti del Corpo (art.8, c.5 e 53, d.lgs. 231/07);
  • richiesta autorizzazione accesso domiciliare, rilasciata dall’A.G., per accedere nei locali adibiti solo a abitazione, motivando i gravi indizi di violazione alla normativa di settore, che richiedono la necessità di ricercare documenti e ogni altro elemento utile al servizio. Per l’accesso nei locali destinati all’attività e ad abitazione è necessaria l’autorizzazione dell’A.G. senza bisogno di motivare gravi indizi di violazioni;
  • per l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti e professioni è necessaria la PRESENZA DEL TITOLARE DELLO STUDIO O DI UN SUO DELEGATO, costituendo tale presenza requisito di legittimità degli atti conseguiti.

FASI DELL’ATTIVITA’ ISPETTIVA

  • Accesso presso la sede del soggetto da controllare, dove la pattuglia operante deve essere munita del foglio di servizio che dovrà essere esibito al responsabile o sostituto del soggetto ispezionato notificando il contenuto del documento e dandone atto nel verbale redatto. Il foglio di servizio deve contenere: luogo, data, grado e nominativo dei militari operanti, dati identificativi del soggetto da ispezionare, tipo di servizio da eseguire, delega del nucleo spec. Polizia valutaria, oggetto dell’ispezione e periodo temporale da controllare, la norma da cui promana il potere di controllo;
  • ricerca e acquisizione documentazione pertinente al controllo (documenti attestanti trasferimenti di denaro contante, assegni privi dei dati, documenti di particolari operazioni commerciali). Per la ricerca su supporti informatici sarò richiesta la presenza di personale qualificato al fine di estrarre e mail, e documenti utili;
  • ispezione documentale sugli obblighi antiriciclaggio;
  • controlli incrociati;
  • rilevazione di eventuali irregolarità e delle conseguenti violazioni am.ve e/o penali;
  • redazione Verbali ed invio alle autorità competenti per l’irrogazione delle sanzioni.

 

Secondo lo Statuto dei diritti del contribuente – art.12, Legge n.212/2000 (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali):

  • Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività.
  • Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi chevanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
  • Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.
  • Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
  • La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’A.F. presso la sede del contribuente.
  • Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 13.
  • Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richiesteche sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

REDAZIONE DEI VERBALI D’ISPEZIONE

chi deve produrre il processo verbale di contestazione PVC in caso di verifica fiscaleVerrà redatto Verbale giornaliero delle operazioni compiute per ciascuna attività di controllo, nel quale verranno inserite le richieste rivolte al soggetto ispezionato e le risposte ricevute, le osservazioni, le richieste e le dichiarazioni spontaneamente rilasciate.

A conclusione dell’attività ispettiva, in caso di controllo con esito regolare:

  • verrà redatto PVC, nel quale sono documentate le attività svolte;

in caso di controllo irregolare verrà redatto:

  • P.V. DI CONTESTAZIONE per le violazioni antiriciclaggio che sarà trasmesso al MEF per la fase istruttoria e l’irrogazione della sanzione;
  • PVC PER LE VIOLAZIONI AL TUB la cui contestazione è rimessa alla competenza della B.I..

Per le ipotesi di violazioni penali, si procederà:

  • ai sensi dell’art. 220 norme di attuazione c.p.p., in base al quale “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste dalla legge emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice di ritoa garanzia del diritto di difesa; altrimenti i risultati del pvc non possono essere utilizzati nel processo a carico del presunto evasore (Cass. sez. 3′ pen. Sent. n.4919 del 03.02.2015)”,
  • dell’art. 347 c.p.p. (Obbligo di riferire la notizia di reato) redigendo la CNR da inviare alla competente A.G.
  • dell’art. 357, c. 2 c.p.p. (Documentazione dell’attività di P.G.), redigendo verbale descrizione dei fatti e delle situazioni.

All’irrogazione delle sanzioni previste dagli artt.57 e 58, provvede, con proprio decreto il M.E.F.

ECCEZIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE

Per l’esame di documenti e la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale, in base all’art.52, c.3, dpr 633/1972, è necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità Giudiziaria più vicina.

Il segreto professionale è disciplinato dall’art. 200, commi 1 e 2, C.p.p., in base al quale

“non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’A.G., …, gli avvocati, i consulenti tecnici ed i notai, gli esercenti una professione sanitaria, altri uffici e professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre, determinata dal segreto professionale”.

 

La violazione del segreto professionale è, peraltro, penalmente sanzionata, a querela della persona offesa, dall’art. 622 C.p., con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.

Nel corso di accessi a fini fiscali, il segreto professionale può essere fondatamente opposto soltanto quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; quindi, non si ritiene possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali, per i fascicoli dei clienti, limitatamente all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente.

In ogni caso, qualora venga opposto il segreto professionale (legittimamente o meno), i verificatori, dopo averlo fatto risultare a verbale, dovranno richiedere l’autorizzazione all’A.G. per procedere all’acquisizione e all’esame di quanto sottratto al controllo, pena l’invalidità degli atti derivati.

APERTURA COATTIVA DI BORSE E CASSEFORTI

Per l’apertura di borse, armadi, plichi, casseforti, ripostigli che si trovano in quel momento “chiusi” (a chiave o meno), per i quali la parte si oppone all’apertura, perché dichiara che non contiene documenti attinenti ai fini della verifica, in base all’art.52, c.3, dpr 633/1972, i verificatori devono richiedere l’autorizzazione al Procuratore della Repubblica o all’A.G. più vicina, al fine di appurare se vi sia documentazione pertinente alla verifica da eseguire.

Il professionista ha due possibilità:

  • aderire alla richiesta mettendo a disposizione il contenuto,
  • ovvero opporsi a tale richiesta, nel qual caso è opportuno fornire una motivazione al rifiuto da far mettere a verbale: ad esempio, precisando che il contenuto della cassaforte è personale e non inerente l’attività esercitata; ovvero opponendo il segreto professionale se ne ricorrono i presupposti.

Ovviamente, se i verbalizzanti procedono comunque all’apertura coattiva in assenza dell’autorizzazione prevista dalla citata norma, l’eventuale acquisizione documentale sarà illegittima e quindi non utilizzabile in sede di accertamento, fatta salva l’applicazione di specifiche sanzioni disciplinari nei confronti del personale operante (anche a seguito dell’eventuale interessamento del Garante del contribuente).

ACQUISIZIONE DI DOCUMENTI INFORMATICI E DI E-MAIL/PEC

Per l’acquisizione di documenti informatici e della pec occorre l’intervento di personale qualificato per trasferire i dati su altro supporto informatico esterno (cosiddetto back–up).

Se il contribuente non permette l’utilizzo dei propri mezzi informatici e del proprio personale, ai sensi del comma 9 dell’art. 52 del DPR 633/1972 i verificatori possono provvedere all’elaborazione dei supporti fuori dei locali stessi.

Per l’acquisizione di comunicazioni via e–mail, per i quali è opposto il segreto professionale, le comunicazioni via e – mail già “aperte” e visionate dal destinatario sono direttamente acquisibili dai verificatori durante l’accesso, mentre per quelle non ancora lette occorre la preventiva autorizzazione dell’A.G., ex art. 52, c. 3 D.P.R. n. 633/1972.

VIZI DELL’ATTIVITA’ DI VERIFICA (COSTITUITI DA COMPORTAMENTI ILLEGITTIMI DEI VERIFICATORI) CHE RIVERBERANO SULL’ACCERTAMENTO

Come sopra evidenziato, fermo restando i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica e le autorizzazioni necessarie previste dalla legge per l’accesso nei locali destinati all’attività o negli altri luoghi per i quali sussistono indizi di violazioni di legge;

si evidenzia che in campo amministrativo, come in campo tributario, quando sussiste un collegamento di natura procedimentale fra un atto (la verifica) e l’atto conseguente (avviso di accertamento), nel senso che il primo è strumentale rispetto al secondo, i vizi dell’uno riverberano negativamente sulla validità dell’altro (c.d. invalidità derivata), perché si basa su elementi probatori acquisiti illegittimamente nel corso dell’attività ispettiva.

Al riguardo la Cass. SS.UU. n.16424 del 17.10.2002, ha affermato che

“detta inutilizzabilità non abbisogna di un’espressa disposizione sanzionatoria, derivando dalla regola secondo cui l’assenza del presupposto di un procedimento am.vo infirma tutti gli atti nei quali si articola”.

ESIBIZIONE O TRASMISSIONE DI DOCUMENTI FALSI O DI DATI E NOTIZIE NON RISPONDENTI AL VERO (ART.11, D.L. 201/2011 CONV. IN LEGGE 214/2011)

Chiunque esibisce o trasmette documenti falsi, o fornisce dati e notizie non rispondenti al vero a seguito richieste dell’Amministrazione Finanziaria, commette reato penale pubibile alla stregua delle false autocertificazioni disciplinate dall’art.76, dpr n.445/2000, in base al quale chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso è punito ai sensi del c.p..

L’esibizione di un atto contenente dati non rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso, punita dagli artt.482 c.p. (falsità materiale commessa dal privato) e 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico), puniti con la reclusione fino a due anni.

Questa norma riguarda le indicazioni mendaci fornite in  sede di verifica ovvero, di richiesta di dati e notizie comprese le informazioni riportate nei P.V.C..

In linea di principio, chiunque è soggetto destinatario della norma: amministratori di società, soci di società e associazioni, imprenditori individuali, professionisti, privati cittadini, banche, assicurazioni.

Può riguardare:

  • i soggetti destinatari di un controllo fiscale
  • i soggetti destinatari di un controllo incrociato,
  • i professionisti a cui viene richiesto di fornire dati circa i rapporti con i propri clienti.

A seguito della richiesta dell’A.F., nel caso si fornissero “Fatture false”, si incorrerebbe in due distinti reati:

  1. Utilizzo o emissione di FOI (previsto dal d.lgs. 74/2000);
  2. Esibizione di documenti falsi (previsto dall’art.11, D.L. 201/2011).

Nell’ipotesi in cui si dovessero fornire solo notizie non rispondenti al vero e, non si configurano le fattispecie di cui al D.lgs. 74/2000, non si avrebbe alcuna conseguenza penale.

Si evidenzia che la mera reticenza, cioè il non rispondere alle richieste degli organi accertatori, non ha rilevanza penale, ma solo amministrativa con la relativa sanzione pecuniaria prevista dall’art.11 dlgs. 471/97.

Per detti motivi, il professionista, in sede di verifica fiscale nei confronti dei propri clienti, deve prestare la massima attenzione ai documenti trasmessi e alle dichiarazioni rilasciate. Egli può cautelarsi facendo scrivere nel verbale redatto dai verificatori frasi del seguente tenore:

  • “si tratta di documenti fatti pervenire dal cliente …. con riferimento ai quali il sottoscritto non ha effettuato alcuna modificazione.”
  • si tratta di risposte riferite al sottoscritto dal cliente…..”.

Al riguardo, si evidenzia che in base all’art.7, 1^ c., lettera f), D.L 70/2011, convertito nella L. n.106/2011,“i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso dell’A.F.”.

In questi casi, pertanto, è legittimo che il contribuente o il professionista in sede di richiesta dati, notizie e documenti, ex artt.32 e 33 dpr 600/73, opponga il suo diritto di non esibire, trasmettere o fornire nulla (per esempio allorquando si tratti di bilanci, di beni immobili e mobili registrati, qualsiasi rapporto con intermediari finanziari).

 

26 novembre 2015

Antonino Pernice

 

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