Acquiescenza, contenzioso, mediazione: le opzioni del contribuente agli atti di contestazione di sanzioni

Un quadro degli istituti deflattivi del contenzioso tributario a disposizione del contribuente per accettare la contestazione del fisco e ridurre l’importo delle sanzioni da versare.

La contestazione delle sanzioni tributarie – Aspetti generali

privilegio sanzioni iva 2019La sanzionabilità dei comportamenti disapprovati dall’ordinamento in materia fiscale è scissa tra il campo penale delle violazioni costituenti reato, e quello amministrativo, delle violazioni semplicemente connesse all’evasione d’imposta o al mancato o non corretto adempimento delle norme fiscali (tale situazione emerge in modo chiaro nel testo della L. 7.1.1929, n. 4 («Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie»).

Quanto alle sanzioni amministrative, il sistema attuale (incardinato nel D.Lgs. 18.12.1997, n. 472) accoglie principi generali ricalcati su quelli penalistici, orientati a una concezione afflittiva, con tutte le conseguenti garanzie e cautele per la posizione dell’autore della violazione.

Anche se spesso le sanzioni amministrative si ricollegano alla commissione di violazioni «dichiarative», che comportano un maggior debito di imposta e quindi vanno ordinariamente contestate nell’avviso di accertamento, il legislatore ha separatamente disciplinato il procedimento di irrogazione delle sanzioni, circondandolo di previsioni e garanzie simili a quelle che assistono gli atti impositivi.

Numerose sono infatti le ipotesi in cui le sanzioni amministrative per violazioni tributarie vengono contestate autonomamente, attraverso un atto specifico notificato al contribuente.

 

Il procedimento secondo le norme

Nel testo attualmente vigente, l’art. 16 del citato D.Lgs. n. 472/1997 stabilisce quanto segue.

1. La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’ufficio o dall’ente competenti all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.

2. L’ufficio o l’ente notifica atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto ne’ ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

3. Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie.

4. Se non addivengono a definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido, possono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni difensive. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile ai sensi dell’articolo 18.

5. L’impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile qualora vengano presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione.

6. L’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme dovute nel termine previsto per la proposizione del ricorso, con l’indicazione dei benefici di cui al comma 3 ed altresì l’invito a produrre nello stesso termine, se non si intende addivenire a definizione agevolata, le deduzioni difensive e, infine, l’indicazione dell’organo al quale proporre l’impugnazione immediata.

7. Quando sono state proposte deduzioni, l’ufficio, nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione, irroga, se del caso, le sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime. Tuttavia, se il provvedimento non viene notificato entro centoventi giorni, cessa di diritto l’efficacia delle misure cautelari concesse ai sensi dell’articolo 22.

7-bis. Le sanzioni irrogate ai sensi del comma 7, qualora rideterminate a seguito dell’accoglimento delle deduzioni prodotte ai sensi del comma 4, sono definibili entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, con il pagamento dell’importo stabilito dal comma 3.

Ai sensi del successivo art. 16-bis, l’atto di contestazione deve essere notificato al trasgressore entro 90 giorni dalla constatazione della violazione, ovvero entro 18 giorni se la notifica deve essere eseguita nei confronti di soggetto non residente.

L’art. 17 disciplina la procedura di irrogazione immediata che risulta applicabile per le sanzioni collegate al tributo che viene contestualmente recuperato con atto di accertamento.

 

I diversi procedimenti di irrogazione

Il vigente sistema sanzionatorio prevede diverse modalità di contestazione e di irrogazione della sanzioni.

In particolare vengono individuati un procedimento ordinario, nel cui contesto la sanzione è autonomamente oggetto di un atto emesso dall’amministrazione finanziaria, e un procedimento immediato, nel quale la sanzione si associa alla maggiore imposta contestualmente richiesta. È altresì prevista, a determinate condizioni, l’irrogazione delle sanzioni mediante iscrizione a ruolo delle stesse.

 

 

Procedimento ordinario (artt. 16 e 16-bis, D.Lgs. n. 472/1997)

Le sanzioni sono non collegate a un tributo contestualmente richiesto dall’amministrazione vengono irrogate, come si diceva, in via autonoma.

L’atto di contestazione deve contenere, a pena di nullità, alcuni elementi:

  • i fatti attribuiti al trasgressore;

  • gli elementi probatori a sostegno della pretesa sanzionatoria;

  • le norme applicate;

  • i criteri seguiti per la determinazione delle sanzioni e della loro entità, nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni.

 

L’atto di contestazione deve inoltre contenere l’invito al pagamento delle somme effettivamente dovute, nonché l’indicazione della possibilità di produrre entro il termine di 60 giorni deduzioni difensive qualora non si acceda alla definizione agevolata e, infine, l’indicazione dell’autorità giudiziaria o amministrativa alla quale è possibile proporre l’impugnazione immediata.

Entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione il trasgressore e i soggetti obbligati possono:

  • produrre deduzioni difensive determinando l’improcedibilità e rinunciando così all’impugnazione immediata; se l’ufficio non condivide le deduzioni deve emanare apposito atto di irrogazione, adeguatamente motivato a pena di nullità, da notificare a tutti i coobbligati entro un anno dalla presentazione delle deduzioni;

  • impugnare immediatamente l’atto avanti alla CTP, in quanto l’atto di contestazione si converte per legge in un provvedimento di irrogazione delle sanzioni.

 

 

Irrogazione immediata (art. 17, D.Lgs. n. 472/1997)

Come si è visto sopra, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono [violazioni sostanziali] devono essere irrogate senza previa contestazione, con atto contestuale all’avviso di accertamento o rettifica, motivato a pena di nullità.

 

 

Irrogazione mediante iscrizione a ruolo (art. 17, c. 3, D.Lgs. n. 472/1997)

Ai sensi della disposizione normativa richiamata, gli uffici finanziari e gli enti locali l’irrogazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, escludendo le violazioni commesse con dolo o colpa grave o quelle per le quali non è prevista questa forma di riscossione.

 

 

Prescrizione e decadenza

L’art. 20 del D.Lgs. n. 472/1997 si occupa dei due istituti:

  • della prescrizione [che ha per effetto l’estinzione del credito fiscale relativo ad una sanzione già irrogata];

  • della decadenza [che causa l’estinzione della sanzione per il mancato esercizio del potere di irrogarla entro un certo termine].

 

In particolare, l’art. 20, comma 3, prevede un termine di prescrizione quinquennale entro il quale l’ufficio deve esercitare il diritto alla riscossione della sanzione irrogata.

La prescrizione viene interrotta dall’eventuale impugnazione del provvedimento di irrogazione della sanzione fino alla definizione del procedimento.

La notifica dell’atto di contestazione deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi.

Tale termine è prorogato di un anno se l’ufficio ha notificato tempestivamente l’atto di contestazione ad almeno uno degli autori della violazione o dei soggetti obbligati in solido.

 

 

Sanzioni e ravvedimento

L’istituto del ravvedimento operoso rende possibile la regolarizzazione dei versamenti di imposte omessi o insufficienti e di altre irregolarità fiscali, beneficiando della riduzione delle sanzioni.

Rispetto alla versione previgente, il ravvedimento innovato dalla legge di stabilità 2015 può essere adottato anche se la violazione è già stata constatata, nonché in presenza di accessi, ispezioni e verifiche attivati e di attività di accertamento in corso [notifica di inviti a comparire, richiesta di esibizione di documenti, invio di questionari].

L’istituto – disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 – è stato illustrato e commentato nel suo funzionamento dalla circolare ministeriale 10.7.1998, n. 180/E, secondo la quale le sue finalità sono di permettere all’autore (o agli autori) e ai soggetti solidamente obbligati di rimediare spontaneamente, secondo modalità ed entro precisi limiti temporali, alle omissioni e alle irregolarità commesse, beneficiando così di una consistente riduzione delle sanzioni amministrative o anche, in determinati casi, della non applicazione delle sanzioni stesse.

La citata legge di stabilità 2015 – L. 23.12.2014, n. 190 – ai commi 637 e ss., ha ridisciplinato il ravvedimento procedendo parallelamente all’abrogazione di alcuni istituti di definizione agevolata non più necessari nel nuovo contesto normativo.

In particolare è ora previsto che:

  • per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso non è più inibito dal controllo fiscale, ma solamente dalla notifica dell’atto impositivo o dell’avviso bonario;

  • il ravvedimento può avvenire, ferma la preclusione di cui sopra, senza limiti temporali, e la riduzione della sanzione va da 1/8 a 1/6 del minimo;

  • in caso di constatazione della violazione ai sensi dell’art. 24 della L. 7.1.1929, n. 4, la riduzione della sanzione è a 1/5 del minimo;

  • per tutti i tributi, se il ravvedimento avviene entro novanta giorni, la riduzione è a 1/9 del minimo;

  • la sanzione è pari a 1/10 del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione, nonché in caso di omessa della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a 90 giorni (30 per l’omessa dichiarazione IVA);

  • rimangono invariate le specifiche disposizioni sul ravvedimento per i tardivi versamenti e per l’omessa dichiarazione [lettere a) e c) dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997];

  • in caso di dichiarazione integrativa i termini di decadenza per la notifica degli atti impositivi decorrono dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Conseguentemente alle modifiche apportate all’istituto del ravvedimento operoso è stato innovato l’art. 2, ottavo comma, del D.P.R. 22.7.1998, n. 322, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP, dell’IVA e dei sostituti d’imposta per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l’accertamento, fatta salva l’applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria.

In tal modo sono stati coordinati i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa e del ravvedimento operoso, raccordando i due istituti; nella disciplina della dichiarazione integrativa si chiarisce che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l’applicazione del ravvedimento operoso come innovata dalle norme in commento.

Se è stata presentata una dichiarazione integrativa e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, vengono fatti decorrere dalla presentazione di tali dichiarazioni.

Inoltre, limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione, i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa.

Nel nuovo contesto normativo creato dalla legge di stabilità 2015 è dunque possibile in generale usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto è più vantaggiosa, quanto più vicino sarà il ravvedimento al momento in cui sorge l’adempimento tributario.

 

 

Il superamento delle definizioni agevolate

Con la finalità di rendere coerente il nuovo ravvedimento operoso con l’attuale impianto normativo, sono stati eliminati i seguenti istituti:

  • definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’art. 5 del D.Lgs. 19.6.1997, n. 218, commi da 1-bis a 1-quinquies;

  • definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’art. 11, comma 1-bis, dello stesso decreto (per le imposte indirette diverse dall’IVA);

  • adesione ai processi verbali di constatazione, di cui all’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 (punto 2);

  • acquiescenza (art. 15, comma 2-bis, D.Lgs. n. 218/1997).

 

Tale modifica trova la sua motivazione nella necessità di armonizzare il nuovo ravvedimento al sistema complessivo, anche sotto il profilo sanzionatorio: gli istituti che si intende abrogare prevedono infatti la riduzione delle sanzioni alla metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione che è pari a un terzo del minimo stabilito dalla legge (la riduzione reale è quindi a 1/6 del minimo).

Per effetto delle modifiche proposte all’istituto del ravvedimento, la medesima riduzione della sanzione (1/6 del minimo) viene disposta dall’art. 13, primo comma, lett. b-ter), nel caso di regolarizzazione degli errori «oltre termine».

Relativamente agli istituti abrogati, si fa presente che:

  • quanto all’adesione agli inviti al contraddittorio, tale procedura continuerà ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, IVA e altre imposte indirette, notificati entro il 31.12.2015;

  • quanto all’adesione ai PVC, questa continuerà ad applicarsi ai verbali in materia di imposte sui redditi e di IVA consegnati entro la stessa data del 31.12. 2015;

  • l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.

     

 

Le precisazioni dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi elementi di interpretazione ufficiale in materia nella circolare n. 6/E del 19.2.2015, che riassume la sostanza delle dichiarazioni rese alla stampa nell’ambito della videoconferenza annuale «Telefisco».

In particolare, al paragrafo 10 della circolare sono riportate le seguenti affermazioni:

  • anche se la legge di stabilità estende e potenzia il ravvedimento operoso, non viene modificato l’assetto generale dell’istituto, con la conseguenza che per potervi accedere occorrerà comunque previamente definire le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione), come già precisato nella circolare 10.7.1998, n. 180, nonché nella circolare 23.7.1998, n. 192;

  • le nuove regole sul ravvedimento operoso, nel rispetto del principio di legalità di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, trovano applicazione anche con riguardo alle violazioni che alla data del 1° gennaio 2015 siano già state constatate dall’ufficio ma non siano ancora state interessate da atti accertativi, liquidatori o da cartelle di pagamento;

  • il nuovo ravvedimento può essere effettuato solamente per alcuni dei rilievi contenuti in un PVC, mentre per gli altri può essere proseguita la vertenza anche in fase contenziosa; in tale ipotesi il contribuente può sanare le singole violazioni, ferma restando la condizione dell’assenza di notifiche di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 (avvisi bonari per liquidazione e controllo formale); in tali ipotesi è onere del contribuente comunicare agli uffici i distinti rilievi per i quali intende procedere;

  • gli avvisi bonari derivanti da controlli automatizzati e controlli formali sulle imposte dirette e l’IVA precludono il ravvedimento con esclusivo riferimento alle violazioni rilevabili con queste procedure, mentre il ravvedimento può essere utilizzato per definire le altre violazioni (ad esempio le omesse fatturazioni);

  • gli avvisi di recupero di crediti di imposta e gli avvisi di irrogazione di sanzioni, anche se non espressamente menzionati nel testo normativo, vengono ritenuti ostativi rispetto al ravvedimento, per la loro natura di atti autoritativi impositivi che recano una pretesa tributaria;

  • in relazione alle due soglie temporali previste dalla disposizione di cui all’art. 13 del D.Lgs n. 472/1997 («termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione» e «un anno dall’omissione o dall’errore», la diversificazione è collegata alla distinzione tra i tributi periodici cui inerisce un obbligo dichiarativo che si rinnova periodicamente, [imposte sui redditi, IVA] e i «tributi istantanei», per i quali non si configura un obbligo dichiarativo [imposta di registro, sulle successioni];

  • considerato che le disposizioni recate dalla Legge di Stabilità 2015 sono entrate in vigore il 1° gennaio 2015, in virtù del principio del favor rei è possibile ravvedere le violazioni constatate prima di tale data, sempre ferma restando la condizione della mancata notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e 54-bis del DPR n. 633/1972 relative alle violazioni oggetto di regolarizzazione (nonché di atti di contestazione di sanzioni).

     

 

La continuazione delle violazioni

Secondo l’art. 12, c.a 2, del D.Lgs. n. 472/1997, alla stessa sanzione prevista dal primo comma soggiace chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo.

Anche la progressione comporta quindi l’applicazione di un’unica sanzione secondo lo schema del cumulo giuridico: le singole violazioni infatti non rilevano come tali, rimanendo assorbite, in funzione dell’unitarietà del fine cui obiettivamente tendono, nella violazione più grave.

A titolo esemplificativo, la circolare interpretativa richiama le ipotesi di violazioni per omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili con successiva presentazione di dichiarazione infedele, oppure quelle di violazioni relative alla mancata emissione, reiterata nel tempo, di scontrini fiscali, all’omessa registrazione delle operazioni sul registro dei corrispettivi e all’infedele dichiarazione.

Il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione delle violazioni (art. 12 c. 6). In particolare, l’effetto interruttivo si realizza con la notificazione o consegna del processo verbale di constatazione, ovvero di atti di contestazione e avvisi di irrogazione di sanzioni contestuali all’avviso di accertamento e di cartelle di pagamento.

Secondo quanto chiarito nella circolare, l’interruzione è intesa a impedire l’unificazione delle sanzioni una volta che l’autore abbia potuto rendersi conto, a seguito dell’intervento dell’amministrazione finanziaria, di essere incorso nella violazione.

Come anche per il concorso, la sanzione irrogata o irrogabile non può essere superiore a quella risultante dal cumulo materiale delle sanzioni previste per le singole violazioni (art. 12, c. 7).

 

 

La mediazione tributaria

I provvedimenti di irrogazione di sanzioni possono essere oggetto di mediazione tributaria, istituto inserito dall’art. 39, c. 9, del D.L. 6.7.2011, n. 98 (convertito dalla L. 15 luglio 2011, n. 111) e reso obbligatorio per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992, emessi esclusivamente dall’Agenzia delle Entrate.

La mediazione si pone come uno strumento deflattivo del contenzioso tributario finalizzato a prevenire ed evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al giudice, tenendo conto degli orientamenti della giurisprudenza e quindi dell’esito ragionevolmente prevedibile del giudizio.

La mediazione consente agli uffici di compiere una serie di valutazioni in sede di contraddittorio, orientate sulla sostenibilità della lite e su ragioni di economicità dell’azione amministrativa.

A ogni modo, per le liti al di sotto di una determinata soglia di ammontare il previo ricorso alla mediazione tributaria è stato configurato come obbligatorio per effetto dell’art. 39, nono comma, del menzionato D.L. n. 98/2011, che ha inserito l’art. 17-bis nel D.Lgs. n. 546/1992.

Con circolare n. 9/E del 19.3.2012, nonché con la successiva circolare n. 33/E del 3.8.2012, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti e indicazioni operative su tale istituto, incardinato nell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

Secondo quanto è stato osservato dall’Agenzia (cfr. il paragrafo 1.1. della circolare de ultima citata),

«il contribuente che intende proporre ricorso avverso un provvedimento di sola irrogazione di sanzione tributaria, di valore non superiore a 20.000 euro, emesso dall’Agenzia delle entrate, è tenuto preliminarmente a presentare istanza di mediazione tributaria.

Successivamente alla presentazione dell’istanza, l’ufficio verifica la fondatezza dei motivi in base ai quali si contesta l’atto impugnato, provvedendo all’annullamento totale o parziale dell’atto in via di autotutela, se sussistono profili di illegittimità della sanzione. Nell’eventualità che la sanzione sia stata irrogata in misura superiore al minimo edittale, l’ufficio valuta se sussistono i presupposti per procedere alla rideterminazione del suo ammontare, secondo le indicazioni fornite al punto 5 della circolare n. 9/E del 2012.

In caso di accordo di mediazione che comporti la rideterminazione dell’ammontare della sanzione ovvero la conferma integrale della sanzione accertata (in ipotesi perché il contribuente si è reso conto della probabile soccombenza in giudizio), si ritiene possa trovare applicazione il comma 8, ultimo periodo, dell’art. 17- bis del D.Lgs. n. 546/1992, che rinvia alle disposizioni di cui al comma 6 dell’art. 48 del medesimo D.Lgs. n. 546.

Ne consegue che, in caso di definizione dell’atto in sede di mediazione, le sanzioni si applicano nella misura del 40 per cento, fermo restando che in ogni caso la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore al 40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo».

 

Anche per i provvedimenti di irrogazione di sanzioni poi è stata prevista la possibilità di definizione mediante acquiescenza, con il beneficio della riduzione delle somme dovute; in particolare, gli artt. 16, c. 3, e 17, c. 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, prevedono la possibilità di definire gli atti di contestazione delle sanzioni beneficiando della riduzione della sanzione a un terzo.

In relazione a tale aspetto si osserva che l’ulteriore riduzione delle sanzioni a 1/6, precedentemente prevista, non opererà più con riferimento agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate a decorrere dal primo gennaio 2016, a seguito dell’entrata in vigore delle sopra menzionate innovazioni sul ravvedimento lungo (L. 23.12.2014, n. 190, cc. 637 e ss.).

Secondo quanto la circolare del 2012 in rassegna chiarisce, è ammissibile la definizione delle sanzioni anche nella fase contenziosa, in sede di mediazione o di conciliazione giudiziale.

 

La sospensione giurisdizionale

Le sanzioni amministrative tributarie possono essere oggetto di sospensione anche in sede giurisdizionale, come consentito dall’art. 19 del D.Lgs. n. 472/1997.

In questa ipotesi, anche quando non è prevista riscossione frazionata, l’esecuzione può essere sospesa dalla CTR.

In sostanza, risulta qui applicabile la sospensione ex art. 47 del decreto sul contenzioso tributario n. 546/1992, che prevede tale possibilità se dall’atto impugnato [in questo caso dall’irrogazione delle sanzioni] può derivare un danno grave e irreparabile al contribuente.

La concessione della sospensione è subordinata alla prestazione da parte del contribuente di un’idonea garanzia, anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa.

Il comma 2 del citato art. 19 introduce il procedimento cautelare nel secondo grado del processo tributario, consentendo al contribuente di richiedere la sospensione della riscossione delle sanzioni.

Occorre considerare al riguardo che:

  • nel primo grado della controversia, la semplice proposizione del ricorso impedisce all’ufficio finanziario di iscrivere a ruolo le sanzioni;

  • avanti la CTR, nel secondo grado del giudizio, opera l’ipotesi di sospensione su istanza di cui al nominato art. 19.

Omettendo di considerare gli ulteriori passaggi dell’art. 19, relativi alle ipotesi in cui non sussista la giurisdizione delle commissioni tributarie (ormai generalizzata in materia di imposte), si osserva che, a norma del comma 7 dell’articoli 19, le sanzioni accessorie possono essere eseguite solamente quando il provvedimento di irrogazione è divenuto definitivo.

 

 

11 1novembre 2015

Fabio Carrirolo