Congruità e coerenza con le risultanze degli studi di settore: l'accesso al regime premiale

i contribuenti congrui e coerenti che accedono al regime premiale per gli studi di settore godono di notevoli vantaggi in fase di accertamento e controllo: le regole di vantaggio per Unico 2015

Aspetti generali

Come è noto, gli studi di settore costituiscono un meccanismo mediante il quale l’impianto presuntivo delle ricostruzioni poste in essere dagli uffici finanziari viene formalizzato tramite un software (GERICO) messo a disposizione dei contribuenti.

La possibilità di utilizzare questo strumento è stata nel corso del tempo via via messa a punto e sottoposta a vincoli in quanto – evidentemente – la capacità contributiva di un’impresa o di un’attività professionale non può essere facilmente sintetizzata attraverso un automatismo.

Il fondamento giuridico per procedere il sede di accertamento attraverso gli studi di settore, in una cornice di tipo analitico-induttivo, è rappresentato dall’art. 62-sexies, terzo comma, del D.L. 30.8.1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla L. 29.10.1993, n. 427.

In virtù di tale norma e delle disposizioni introdotte con l’art. 10 della L. 8.5.1998 n. 146, è stato possibile utilizzare gli «studi» come supporto alle ricostruzioni presuntive dei ricavi o compensi dei contribuenti.

In presenza di determinate condizioni, nel 2011 i contribuenti sono ammessi a un regime premiale nel caso in cui si adeguino alle risultanze degli studi. Un recente provvedimento dell’Agenzia delle Entrate fissa condizioni ed effetti dell’accesso a tale regime con specifico riferimento al periodo di imposta 2014.

Le innovazioni del 2011

L’art. 10, nono comma, del D.L. 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla L. 23.12.2011, n. 214, ha previsto particolari vantaggi per i contribuenti che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi; nei confronti di questi soggetti:

  • sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’art. 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, e all’art. 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633/1972 (si tratta degli accertamenti di tipo analitico-induttivo);

  • sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973, e dall’articolo 57, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972; la disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale per reati di tipo tributario (in tali ipotesi, in generale, opera invece il raddoppio dei termini per l’accertamento);

  • la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo (e non del 20%, come nei casi ordinari) quello dichiarato.

In buona sostanza, si tratta di disposizioni che attenuano il regime di accertamento, inibiscono l’applicazione degli accertamenti di tipo presuntivo, e riducono i termini per le rettifiche, in una situazione in cui – dichiarando un maggior ammontare rispetto a quanto già previsto in base a uno strumento presuntivo (gli studi di settore, appunto) – i contribuenti si pongono in qualche modo già «al di là» dell’attività di accertamento.

Il successivo decimo comma dell’art. 10 dispone che le previsioni del richiamato nono comma operano a condizione che:

  • il contribuente abbia regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;

  • sulla base di tali dati rilevanti la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

L’undicesimo comma aggiunge che, con riguardo ai contribuenti soggetti agli studi di settore, per i quali non si rende applicabile la disposizione di cui al nono comma (cioè dei soggetti che non sono congrui e coerenti, evidenziando ricavi o compensi inferiori rispetto a quanto determinabile sulla base degli strumenti presuntivi, l’Agenzia delle entrate e la G.d.F. «destinano parte della capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo, articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605» (c.d. anagrafe dei rapporti).

Nei confronti dei contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore e che sono incoerenti con gli specifici indicatori previsti, i controlli sono svolti prioritariamente con l’utilizzo dei poteri istruttori riconosciuti agli uffici e alla G.d.F. in materia di indagini di tipo bancario/finanziario.

Il dodicesimo comma stabilisce inoltre l’abrogazione del comma 4-bis dell’art. 10 e dell’art. 10-ter della L. 8.5.1998, n. 146.

Ai sensi del tredicesimo comma, le disposizioni del nono e del decimo comma si applicano con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 e a quelle successive; per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità anteriori al 2011 continua ad applicarsi quanto previsto dal previgente comma 4-bis dell’art. 10 e dall’art. 10-ter della L. 146/1998.

Per rendere immediatamente comprensibile quanto sopra illustrato si osserva che, secondo il comma 4-bis dell’art. 10 della L. 146/1998, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 296/2006, gli accertamenti di tipo analitico-induttivo (ma non anche quelli analitici e induttivi «puri») restavano preclusi se il contribuente (impresa o lavoratore autonomo) risultava congruo secondo GERICO, anche per adeguamento, nei limiti del 40% dei ricavi o compensi dichiarati, e comunque non oltre l’ammontare di 50.000 euro.

Per effetto delle modifiche apportate con l’art. 2,comma 35, del D.L. n. 138/2011, la limitazione ai poteri di accertamento operava se il soggetto passivo era congruo, anche a seguito di adeguamento, alle risultanze degli studi di settore, anche in relazione al periodo di imposta precedente.

In tale ipotesi, infatti, il fisco non poteva procedere a rettifiche sulla base di presunzioni semplici. In sostanza, per limitare l’accertamento, occorreva che il contribuente fosse risultato congruo anche l’anno precedente a quello accertato.

Tale comma (e con esso la preclusione agli accertamenti analitico-induttivi nei predetti limiti di ammontare e percentuali) è stato abrogato dal D.L. n. 201/2011 in commento.

I vincoli all’accertamento in caso di adesione agli inviti

Il dodicesimo del D.L. n. 201/2011 ha abrogato, oltre al già citato comma 4-bis, anche l’art. 10-ter della L. 146/1998.

Si rammenta a tale riguardo che l’art. 10-ter pone limiti alle ulteriori attività di accertamento presuntivo nei confronti dei contribuenti che aderiscono agli inviti a comparire emessi in relazione degli studi di settore, per i periodi d’imposta in corso al 31.12.2006 e successivi.

L’invito a comparire costituisce la prima fase del procedimento volto alla definizione degli accertamenti con adesione del contribuente: esso è dunque antecedente all’instaurazione del vero e proprio contraddittorio tra le parti.

Nel corso del tempo il legislatore ha progressivamente ampliato l’applicazione dell’istituto dell’accertamento con adesione, consentendo ai contribuenti di aderire anche agli inviti emessi in tale fase dall’Amministrazione finanziaria.

L’art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997, sull’accertamento con adesione, è stato infatti integrato con l’inserimento del comma 1-bis [l’innovazione normativa veniva apportata in forza dell’art. 27, primo comma, lett. b), del D.L. 29.11.2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28.1.2009, n. 2), in forza del quale, dopo la definizione dei verbali introdotta nel 2008 (dall’art. 83, comma 18, del D.L. 25.6.2008, convertito con modificazioni dalla L. 6.8.2008, n. 133), e in alternativa rispetto a essa, i contribuenti possono disporre di un’ulteriore forma «conciliativa» rivolta alla chiusura agevolata degli inviti al contraddittorio].

Si osserva al riguardo che l’introduzione del c.d. ravvedimento operoso lungo ha condotto all’abrogazione degli istituti non più necessari nel nuovo contesto, data la possibilità di avvalersi del ravvedimento anche in presenza di processi verbali di constatazione e di inviti al contraddittorio per definire i singoli rilievi.

Il ravvedimento operoso, come si presenta a seguito delle modificazioni apportate dalla legge di stabilità 2015 (L. 23.12.2014, n. 190), è ora consentito a tutti i contribuenti e ha un’applicazione molto vasta, che consente in sostanza di regolarizzare i comportamenti dei contribuenti in un lungo arco temporale salvo che non siano stati già notificati degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

In particolare, la definizione agevolata degli inviti continuerà ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, IVA e altre imposte indirette, notificati entro il 31.12.2015.

I vincoli agli accertamenti induttivi

Occorre considerare anche che i commi 4 e 5 dell’art. 8 del D.L. 2.3.2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla L. 26.4.2012, n. 44, hanno modificato le condizioni in presenza delle quali l’Agenzia delle Entrate può effettuare degli accertamenti induttivi puri [art. 39, secondo comma, lett. d-ter)] nei confronti dei contribuenti soggetti agli studi di settore.

In particolare, rispetto a quanto sopra rammentato relativamente alle previsioni del D.L. n. 98/2011 (in base alle quali gli accertamenti induttivi erano possibili solo al superamento dello scostamento del 10% tra il reddito di impresa o lavoro autonomo dichiarato e quello accertato), le ulteriori innovazioni prevedono che detti accertamenti siano ammessi solo nel caso di superamento della soglia del 15% di scostamento tra i ricavi – e non i redditi – dichiarati e i ricavi stimati dall’applicazione degli studi di settore, e comunque per importi superiori a 50.000 euro. È inoltre necessario che siano state indicate cause di esclusione o inapplicabilità degli studi di settore inesistenti, ovvero si sia proceduto ad una compilazione infedele dei modelli, o nei casi di omessa presentazione del modello.

L’accertamento induttivo come sanzione

Nel caso in cui i contribuenti dichiarino, ai fini degli studi di settore, la presenza di cause di esclusione o inapplicabilità in realtà inesistenti (oltre che nel caso dell’omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti), l’Agenzia delle Entrate può procedere ad accertamento induttivo secondo le disposizioni dell’art. 39, c. 2, del D.P.R. n. 600/1973.

Tale previsione, contenuta nell’art. 23, c. 28, lett. c, del D.L. n. 98/2011, è stata ampliata dal D.L. 2.3.2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla L. 26.4.2012, n. 44, venendo a includere anche l’ipotesi dell’infedele compilazione dei modelli che comporti una differenza superiore al 15%, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

L’innovazione normativa consiste nell’inserimento, e quindi nell’integrazione, di una nuova lettera d-ter nel comma 2 dell’articolo 39 del D.P.R. n. 600/1973.

Si evidenzia infatti che, oltre a essere stata introdotta l’ipotesi della differenza tra i ricavi indicati in dichiarazione e quelli ricostruiti sulla base degli studi di settore, è stata rimosso il riferimento alla sanzionabilità delle fattispecie sulla base dell’art. 1, c. 2-bis, del D.Lgs. n. 471/1997. L’accertamento induttivo, di conseguenza, risulta applicabile in ogni ipotesi in cui siano riscontrate l’omessa/infedele indicazione dei dati, ovvero l’indicazione di cause di esclusione/inapplicabilità in realtà insussistenti, nonché la divergenza (con i limiti minimi di ammontare e percentuale sopra riportati) tra i dati degli «studi» e quelli della dichiarazione.

Il regime premiale

La disciplina introdotta dal D.L. n. 201/2011 ha previsto differenti limitazioni ai poteri di accertamento del fisco (il c.d. regime premiale), rivolte ai soggetti che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi di settore, purché adempiano ai seguenti, specifici doveri di comunicazione e trasparenza:

  • abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti

  • sulla base di tali dati, la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

Nei confronti di tali soggetti:

  1. sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;

  2. è ridotto di un anno il termine di decadenza per l’attività di accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva;

  3. la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (a tale riguardo, occorre però considerare che la ricostruzione di tipo sintetico e/o redditometrico si orienta soprattutto alla situazione delle persone fisiche che non esercitano particolari attività economiche, mentre gli studi di settore ricostruiscono i ricavi o i compensi di un’attività di impresa o artistico-professionale).

L’«approvazione della differenziazione dei termini di accesso al regime premiale» è intervenuta con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate n. 2012/102603 del 12.7.2012.

Secondo tale provvedimento, possono accedere al regime i soggetti congrui e coerenti, con la specificazione che:

  • la coerenza deve sussistere per tutti gli indicatori di coerenza economica e di normalità economica previsti dallo studio di settore applicabile;

  • nel caso in cui il contribuente consegua redditi di impresa e di lavoro autonomo, l’assoggettabilità al regime di accertamento in base agli studi di settore deve sussistere per entrambe le categorie reddituali;

  • nel caso in cui il contribuente applichi due diversi studi di settore, la congruità e la coerenza devono sussistere per entrambi gli studi.

L’accesso al regime premiale era previsto per il 2011 solamente per gli studi elencati nel provvedimento richiamato.

Il requisito della fedeltà dei dati trasmessi era ritenuto sussistente anche nel caso di errori od omissioni nella compilazione dei modelli di comunicazione, limitatamente ai dati che non comportano la modifica dell’assegnazione ai cluster, del calcolo dei ricavi o dei compensi stimati e del posizionamento rispetto agli indicatori di normalità e di coerenza rispetto alle risultanze dell’applicazione degli studi sulla base dei dati veritieri.

Il successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 82537/2015 del 5.7.2013 ha individuato gli studi di settore che potevano beneficiare del regime premiale per i soggetti congrui e coerenti per il periodo di imposta 2012.

Nella sostanza, esso ha confermato i criteri sperimentali individuati con il provvedimento 12.7.2012 con l’aggiunta di uno nuovo.

Per effetto degli indicati provvedimenti, potevano accedere al regime premiale gli studi per cui fossero stati approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno:

  1. quattro delle seguenti tipologie: efficienza e produttività del fattore lavoro, efficienza e produttività del fattore capitale, efficienza di gestione delle scorte, redditività, struttura;

  2. tre delle precedenti tipologie e che contemporaneamente erano riferibili a settori di attività economica per i quali fosse stata stimata una percentuale del valore aggiunto del sommerso economico inferiore alla percentuale di valore aggiunto sommerso del totale economia;

  3. tre delle precedenti tipologie, che contemporaneamente avessero previsto il nuovo indicatore di coerenza «indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti», introdotto con il DM 28.3.2013.

Con successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 25.6.2014, n. 85733, sono stati individuati gli studi di settore che avevano potenzialmente accesso al regime premiale per il periodo di imposta 2013.

Rispetto all’anno precedente, risultava aumentato a 116 il numero di studi di settore che potevano beneficiare del regime, mentre rimanevano sostanzialmente immutati i criteri di scelta degli studi in base agli indicatori di coerenza approvati per ciascuno di essi.

Era anche confermata dal regime per gli studi relativi alle attività professionali.

Tra i vari indicatori di coerenza da rispettare, quelli del tipo 1) e 3) del precedente elenco rimanevano immutati, mentre il n. 2) – percentuale del valore aggiunto del sommerso economico – veniva in sostanza riaffermato facendo però esplicito riferimento alle risultanze del gruppo di lavoro «Economia non osservata e flussi finanziari» istituito dal MEF in vista della riforma fiscale.

Il provvedimento del 2015

Il provvedimento n. 78324/2015 del 9 giugno 2015 ha individuato gli studi di settore potenzialmente interessati dal regime premiale per il periodo di imposta 2014.

Il regime in rassegna può essere applicato per tale annualità se:

  • sono stati regolarmente assolti gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore;

  • sulla base dei dati indicati, la posizione del contribuente risulti congrua (anche a seguito di adeguamento) e coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore applicabile;

  • il soggetto è potenzialmente accertabile sulla base degli studi.

Le misure premiali previste consistono sempre:

  • nella preclusione degli accertamenti analitico-induttivi, fondati su presunzioni semplici;

  • nella riduzione di un anno degli ordinari termini di decadenza per l’attività di accertamento;

  • nell’applicabilità dell’accertamento sintetico se il reddito complessivo accertabile eccede di almeno un terzo (anziché un quinto) quello dichiarato.

Rispetto all’anno precedente:

risulta aumentato a 157 il numero di studi di settore che possono beneficiare del regime;

è ancora confermata l’esclusione delle attività professionali, causata dall’inidoneità della funzione di stima a cogliere i possibili casi di omessa fatturazione;

sono mutati i criteri di scelta degli studi in base agli indicatori di coerenza approvati per ciascuno di essi.

Rispetto alle precedenti versioni, l’accesso al regime premiale è ora consentito a prescindere da verifiche circa l’incidenza delle attività dello specifico studio di settore sul sommerso economico. Possono quindi accedere al regime i contribuenti soggetti agli studi di settore elencati nell’allegato 1 del provvedimento per i quali risultano approvati:

  • indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno quattro diverse tipologie tra quelle individuate e previste anche nei precedenti provvedimenti (indicatori di efficienza e produttività del fattore lavoro, di efficienza e produttività del fattore capitale, di efficienza di gestione delle scorte, di redditività e di struttura);

  • indicatori di coerenza economica riferibili a tre diverse tipologie tra quelle sopra indicate e che contemporaneamente prevedono l’indicatore «indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti».

Nell’allegato 2 al provvedimento è riportato l’elenco degli indicatori di coerenza economica rilevanti per il regime premiale e previsti dai decreti di approvazione e modifica degli studi, distinti in base alle varie tipologie.

Se il contribuente applica due diversi studi di settore, per poter accedere al regime premiale è necessario che gli stessi siano inclusi nell’allegato 1 e che siano soddisfatte per entrambi le condizioni di congruità e coerenza.

 

29 luglio 2015

Fabio Carrirolo