Fatture per operazioni inesistenti: il reato è unitario ai fini prescrizionali

la Cassazione ha recentemente chiarito la natura della fattispecie criminosa di emissione di fatture per operazioni inesistenti, soffermandosi, in particolare, sul momento di perfezionamento del reato, momento importante per definre i termini di prescrizione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 27849 del 2 luglio 2015, ha chiarito, in linea con oramai consolidati orientamenti giurisprudenziali, la natura della fattispecie criminosa di emissione di fatture per operazioni inesistenti, soffermandosi, in particolare, sul momento di perfezionamento del reato anche ai fini prescrizionali.

In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che la figura illecita di cui all’art.8 del D.Lgs. nr.74/2000, la quale sanziona con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto:

  • prevede che l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato. Pertanto, l’attuale impostazione normativa considera “unitario” il reato anche in presenza della emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti.

Diversamente, in relazione alla precede disciplina di cui alla L. n. 516 del 1982, la prevalente giurisprudenza riteneva che il reato di cui al n. 5 dell’art. 4 si consumasse “appena la fattura falsa è emessa o utilizzata; se le fatture sono più d’una, i reati sono molteplici, anche se unificabili nel vincolo della continuazione“. Infatti, la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10207 del 1997, precisava che la tesi contraria, secondo cui il reato è unico per tutte le fatture emesse nello stesso periodo di imposta, sarebbe sostenibile soltanto se la frode fiscale fosse un reato di evento a dolo generico, integrato solo con il conseguimento del risultato tributario-evasione o indebito rimborso;

  • si perfeziona nel momento in cui avviene l’emissione della singola fattura o dell’ultima di esse, nel caso in cui nello stesso periodo d’imposta vi sia stata una pluralità di emissioni, non rilevando a tal fine il momento dell’accertamento del delitto. In tal senso, il medesimo Organo (che si era già pronunciato al riguardo con la sentenza n. 20787 del 2002) afferma che il richiamato principio “prevede un regime di favore per l’imputato mediante la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell’arco del medesimo arco di imposta. A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude l’aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di essi” (cfr anche la sentenza della Cassazione n. 6264 del 2010);

  • statuisce la completa autonomia del reato di emissione dalla condotta tenuta dall’utilizzatore che, qualora se ne avvalga quale supporto per la formazione e successiva presentazione di una fraudolenta dichiarazione annuale in materia di I.V.A. e II.DD., è sanzionato ai sensi dell’art.2 del D.Lgs. nr.74/2000; quanto sopra, in ragione del fatto che l’art.9 ha escluso la configurabilità del concorso dell’emittente e di chi concorre col medesimo nel reato di dichiarazione fraudolenta a mezzo di fatture per operazioni inesistenti e dell’utilizzatore e di chi concorre col medesimo, nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti1;

  • prevedeva, al comma 3 del medesimo articolo, successivamente abrogato dall’ art. 2, c. 36-vicies semel, lett. g, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, un’autonoma fattispecie illecita avente un attenuato carico sanzionatorio, in forza della lieve entità del fatto qualora l’importo non veritiero indicato nei documenti fiscali emessi sia inferiore a 154.937,069 euro.

La Corte di Cassazione, inoltre, con la sentenza n. 28654 del 14 luglio 2009, aveva già fornito precisi chiarimenti in merito alla natura della figura criminosa di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000, agli elementi costitutivi la fattispecie illecita de qua ed al relativo momento consumativo.

In ragione delle dianzi evidenziate pronunce giurisprudenziali, si può concludere che:

  • il reato in esame costituisce una fattispecie delittuosa che, a differenza delle figure criminose disciplinate agli artt.2, 3, 4 e 5 del D.Lgs. nr.74/2000, è svincolata, per quanto concerne le modalità di realizzazione della condotta ed il momento in cui si verifica l’integrazione della legittimità dell’intervento di rilievo penale, dalla presentazione della dichiarazione. Pertanto, la figura illecita di cui all’art.8, pur apportandovi qualificanti novità, riprende il dettato di cui all’art.4, comma 1, lett.d) del D.L. n. 429/1982, e persegue penalmente quelle condotte criminose caratterizzate da un elevato tasso di offensività per la loro intrinseca idoneità ad essere strumentali alla commissione di ulteriori e diverse tipologie di reato e a costituire rilevante impedimento per le attività di accertamento della reale capacità contributiva del soggetto emittente e degli eventuali soggetti terzi “utilizzatori”;

  • il perfezionamento della figura illecita si verifica a seguito dell’emissione2 del documento fiscale fraudolento3, a nulla rilevando che il soggetto beneficiario abbia successivamente conseguito un indebito/illecito risparmio di imposta, abbattendo con elementi passivi fittizi la reale base imponibile e/o utilizzando in compensazione crediti di imposta altrimenti indebiti; di conseguenza, il danno derivante dal verificarsi dell’evento di evasione non è richiesto ai fini dell’integrazione del reato in esame che, di conseguenza, rientra tra i c.d. reati di pericolo.

È necessario, pertanto, la mera messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice individuabile nell’interesse pubblico alla regolare percezione delle imposte in ragione della propria capacità contributiva, non richiedendosi l’effettiva lesione dello stesso;

  • dal punto di vista politico-criminale, la fattispecie in esame presuppone un’accentuata anticipazione della tutela penale dell’interesse erariale e, pertanto, trattasi di un reato di pericolo astratto; infatti, la rilevanza del fatto prescinde da ogni verifica in concreto della sua reale probabilità lesiva, che pur potrebbe essere riscontrata. A tal proposito, si ricorda che mentre per i reati di pericolo concreto, il pericolo stesso è espressamente previsto come elemento costitutivo della fattispecie e, quindi, si presume un giudizio di probabilità offensiva ex antea, nei reati di pericolo astratto il Legislatore delinea un fatto tipico sul presupposto che esso costituisca, nella normalità dei casi, la messa in pericolo di un determinato interesse;

  • dal punto di vista soggettivo, la norma incriminatrice prevede l’elemento psicologico del dolo specifico di consentire a terzi l’evasione d’imposta. Come affermato nelle sentenze 22 novembre 2001 n .45448 e 26 ottobre 2001 n. 40720 della Cassazione Penale, Sez. III, per potersi reputare integrato il dolo richiesto dalla norma, l’emittente, oltre ad avere coscienza e volontà dell’emissione di documenti ideologicamente falsi, deve aver previsto e voluto l’evasione o l’indebito rimborso di terzi quale conseguenza del proprio comportamento. Non è configurabile il delitto di emissione qualora la condotta sia finalizzata, ad esempio, all’ottenimento di indebiti aiuti comunitari ovvero a supportare una richiesta di apertura di credito bancario;

  • attraverso l’analizzata fattispecie, il Legislatore, al fine di non vedere ostacolata la propria funzione di controllo della correttezza fiscale dei soggetti, anticipa, nella configurazione della figura illecita, la soglia dell’intervento punitivo rispetto al momento dichiarativo, con la conseguenza che l’integrazione del reato è svincolata dal conseguimento di una effettiva evasione.

Dall’esame delle principali statuizioni adottate in tale ambito normativo, emerge che:

  • l’emissione di fatture inesistenti di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74/2000 rappresenta un reato di pericolo, sanzionando la condotta di chi, al fine di consentire a terzi l’evasione dalle imposte, emette o rilascia fatture per operazioni inesistenti, tutto ciò a prescindere se il ricevente abbia o meno evaso il fisco, con la prevista anticipazione della punibilità al momento in cui si è compiuta l’azione strumentalmente idonea a ledere la regolare percezione dei tributi da parte dello Stato” (Trib. Milano, 26-09-2008);

  • l’evasione d’imposta non è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto d’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma configura un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agente, in quanto per integrare il reato è necessario che l’emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione dell’imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo consegua effettivamente la programmata evasione” (Cass. pen. Sez. III Sent., 24-09-2008, n. 39359);

  • la emissione di fatture per operazioni inesistenti prevista dall’art. 8 D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, si configura come un delitto di pericolo astratto per la configurazione dl quale è sufficiente il mero compimento dell’atto tipico” (Cass. pen. Sez. III, 26-09-2006, n. 40172);

  • la presenza di una ulteriore finalità nell’azione delittuosa non incide sulla compiuta integrazione della fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), attesa la natura di reato di pericolo astratto per la cui configurabilità è sufficiente il mero compimento dell’atto tipico” (Cass. pen. Sez. III Sent., 14-11-2007, n. 12719);

  • al fine di configurare il reato di emissioni di fatture per operazioni inesistenti, previsto in precedenza dall’art. 4 lett. d) della legge n. 516 del 1982, ed ora dall’art. 8 del D.Lgs n. 74 del 2000, non è necessaria la dichiarazione fiscale, richiesta, diversamente da quanto regolato con la citata legge n. 416, per il reato di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 dello stesso D.Lgs n. 74 del 2000” (Cass. pen. Sez. III, 26-04-2006, n. 33891);

  • la presenza di una ulteriore finalità nell’azione delittuosa non incide sulla compiuta integrazione della fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), attesa la natura di reato di pericolo astratto per la cui configurabilità è sufficiente il mero compimento dell’atto tipico” (Cass. pen. Sez. III Sent., 14-11-2007, n. 12719).

Per quanto concerne l’elemento psicologico del reato, la Corte di Cassazione, con la richiamata sentenza n. 28654 del 2009, ribadisce che questo va escluso quando risulta che l’azione illecita è stata posta in essere per fini esclusivamente extratributari, mentre, in caso contrario, è configurabile un concorso tra il reato tributario con altri illeciti. A tal proposito, la Corte di Cassazione, nella precedente sentenza n. 980/26395 dell’11 giugno 2004, ha affermato che “una corretta lettura della disposizione incriminatrice esclude la sussistenza del reato, qualora risulti che l’azione è stata posta in essere per fini esclusivamenteextratributari, giacché, altrimenti, è possibile il concorso con altri delitti”.

Da ultimo, va evidenziato che, secondo quanto statuito dalla Cassazione con la sentenza n. 27112 del 30 giugno 2015, “lo specifico dolo di evasione della condotta tipica si coniuga con una distinta e autonoma finalità extratributaria, sempre che quest’ultima non sia perseguita dal contribuente in via esclusiva. Il dolo specifico (ossia il fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto) richiesto … sussiste anche quando a esso si affianchi una distinta e autonoma finalità extraevasiva non perseguita in via esclusiva, con la precisazione che il relativo accertamento è riservato al giudice di merito e, se adeguatamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità”.

29 luglio 2015

Nicola Monfreda

1La Cassazione Penale, Sez.III, con la sentenza nr.28341 del 12 luglio 2001, ha affermato che non vi è stata l’introduzione di alcuna deroga ai principi generali in tema di concorso di persone nel reato fissati dall’art.110 c.p.; in particolare, la Corte ha reputato configurabile il concorso tra il commercialista e l’emittente delle fatture. Il Tribunale di Lecce, in data 13 giugno 2001, con la pronuncia n. 45 ha affermato che possono concorrere con l’emittente coloro che, in qualità di fornitori comunitari o di gestori di fatto delle aziende fittiziamente interposte, previo accordo con gli emittenti, abbiano arrecato un contributo casuale attraverso l’emissione della fattura di vendita intracomunitaria e della lettera di vettura internazionale.

2 Ai sensi del disposto del primo comma dell’art. 21 del D.P.R. 633/72, la fattura “…si ha per emessa all’atto della consegna o spedizione all’altra parte” e cioè all’utilizzatore. Poiché non è ipotizzabile che tale condotta criminosa si possa esaurire nell’ambito della sfera giuridica del solo soggetto attivo, ne deriva che il rilascio si concretizza con la consegna al terzo intermediario.

3 Oggetto materiale del reato sono non solo la fattura, la note, i conti, le parcelle e simili, ma anche tutti gli altri atti aventi rilievo probatorio analogo, in base alle norme tributarie.

Vi rientrano, pertanto, anche bolle, ricevute, attestazioni di versamenti, estratti conto ed altro ancora emessi a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti, ovvero relativi ad operazioni effettivamente avvenute ma che riportano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore al reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

E’ essenziale che si tratti di documenti fiscalmente definitivi, essendo da escludere la sussistenza del reato allorché l’emissione sia stata seguita, ad esempio, da una nota di variazione. In tal caso gli atti hanno, infatti, una funzione complementare nella rappresentazione della realtà del rapporto negoziale, con i mutamenti che nell’iter della sua formazione possono intervenire in conformità alle volontà delle parti.