La riforma delle sanzioni penal-tributarie in caso di omesso versamento anche per indebita compensazione

in fase di attuazione della delega fiscale il Governo è intervenuto in tema di sanzioni per l’omesso versamento delle imposte: oltre ad alzare al soglia di non punibilità si differenziano le sanzioni in caso di utilizzo di crediti tributari inesistenti o non spettanti

 

Il Governo ha approvato venerdì scorso, sul filo di lana, lo schema di decreto legislativo che riforma le sanzioni penali tributarie. Sarà necessario verificare il testo definitivo in quanto, in base alle ultime notizie, sembrano essere state previste alcune rilevanti novità anche in tema di indebite compensazioni di crediti non spettanti.

Secondo le prime indiscrezioni circolate nei giorni scorsi il delitto delle indebite compensazioni dovrebbe essere stato differenziato. In base alla formulazione iniziale del testo normativo, a seguito di compensazione con crediti non spettanti le sanzioni penali applicabili avrebbero dovuto essere quelle già previste in passato. In questo caso la sanzione penale è rappresentata dalla reclusione da sei mesi a due anni. Invece per le indebite compensazioni con crediti inesistenti lo schema di decreto legislativo prevede un inasprimento della sanzione da diciotto mesi a sei anni.

La materia è disciplinata dall’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000. La disposizione prevede che chiunque non versi le somme dovute al Fisco, per un ammontare superiore a 50.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/97, crediti non spettanti o inesistenti incorre nel reato di indebita compensazione. Tale norma è stata inserita nell’ordinamento penale tributario dall’articolo 35, comma 7, del D.L. n. 223/2006, con l’esigenza di rafforzare la tutela della riscossione, inizialmente considerata dalla sola fattispecie della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Dal punto di vista amministrativo l’art. 27, c. 18 del Dl 185 del 2008 ha previsto che “l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal 100 al 200 per cento della misura dei crediti stessi”. La previsione, nella sostanza, è intervenuta sull’entità della sanzione che, prima della modifica, era del 30%. Invece la sanzione amministrativa applicabile all’indebita compensazione con crediti non spettanti continua ad essere irrogabile nella misura del 30%.

 

La distinzione è sicuramente condivisibile in quanto le due fattispecie, cioè le compensazioni con crediti inesistenti o non spettanti sono oggettivamente diverse e sotto questo profilo è corretto prevederne un trattamento, per ciò che riguarda sia le sanzioni penali che amministrative differenziato.

Lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo dovrebbe aver previsto la medesima distinzione anche dal punto di vista penale con la specifica introduzione di una causa di non punibilità. In particolare, dovrebbe essere stata introdotta una causa di non punibilità per i reati di omesso versamento delle ritenute, dell’Iva e per indebita compensazione di crediti non spettanti a prescindere dalla formale conoscenza da parte del contribuente di un controllo fiscale nei suoi confronti o di un procedimento penale. Tuttavia, al fine di beneficiare della nuova causa di non punibilità è necessario procedere al versamento delle somme a suo tempo omesse, oltre agli interessi e alle sanzioni. Il versamento deve essere eseguito prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. Un’analoga causa di non punibilità è stata prevista anche per l’ipotesi di dichiarazione infedele ed omessa. Tuttavia, in questo caso il pagamento delle imposte dovute deve essere effettuato dal contribuente prima dell’attività di controllo del Fisco. In pratica il contribuente non deve aver avuto formale conoscenza dell’avvio dell’attività di controllo amministrativa o di un procedimento penale.

La revisione del sistema delle sanzioni penali nell’ambito tributario torna a rendere attuale ancora una volta la distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. Infatti, come già ricordato, nell’ipotesi di indebita compensazione la causa di non punibilità e la conseguente estinzione del reato troverà applicazione esclusivamente per le compensazioni con crediti non spettanti.

Il credito inesistente è quello che risulta tale sin dall’origine. Ad esempio se il contribuente, alterando i contenuti nella dichiarazione, fa risultare un credito dal quadro RX, tale credito sia considera inesistente. Per crediti inesistenti si devono intendere con certezza gli importi artificiosamente rappresentati in sede contabile o dichiarativa, ossia quelli di natura dolosa. Il legislatore ha così voluto essere particolarmente rigoroso, sia sul piano delle sanzioni amministrative, sia per ciò che riguarda le sanzioni penali nei confronti dei contribuenti che utilizzano in compensazione un credito ben sapendo che lo stesso non esiste nemmeno in parte.

Il credito non spettante è invece quello che esiste effettivamente ma che, ad esempio, non può essere fruito in compensazione. Ad esempio si considera tale il credito utilizzato dal contribuente in compensazione nonostante il “blocco” dovuto all’iscrizione a ruolo di somme superiori a 1.500 euro.

 

Un’analisi a parte merita il caso in cui il contribuente ha correttamente indicato il credito esistente nel quadro RX del Modello Unico dello scorso anno, lo ha utilizzato in compensazione nel modello F24 e per un errore materiale ha omesso di indicare l’utilizzo del credito nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo. In questo caso a seguito di un errore materiale il contribuente ha utilizzato per errore lo stesso credito due volte.

Si tratta di un’irregolarità facilmente individuabile in base all’attività di controllo formale con la conseguente emissione di apposito preavviso di irregolarità nei confronti del contribuente. Nel caso di specie il credito iniziale era sicuramente esistente e non rappresentato sulla base di semplici artifizi. Il problema è nato in relazione al fatto che il contribuente lo ha utilizzato ed ha omesso di indicare la compensazione avvenuta all’interno del modello F24 all’interno della dichiarazione dei redditi. A seguito dell’omissione si è verificata la duplicazione dell’utilizzo del credito.

Tuttavia, in base ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, tale fattispecie deve essere ricondotta nell’ambito delle indebite compensazioni con crediti non spettanti. Conseguentemente il contribuente potrà beneficiare della nuova causa di non punibilità qualora, anche dopo aver ricevuto il preavviso di irregolarità, provveda al versamento dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi. Infatti, il versamento delle predette somme entro la data di apertura del dibattimento di primo grado rappresenta una condizione essenziale al fine di applicare la nuova causa di non punibilità.

La conferma in tal senso si desume dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 18/E del 10 maggio 2011. Secondo l’amministrazione finanziaria, da una lettura sistematica delle disposizioni normative sopra citate o richiamate si evince che l’unica sanzione applicabile alle violazioni rilevate in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni effettuato ai sensi degli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (ancorché riferibili all’utilizzo in compensazione di crediti per un ammontare superiore a quanto dichiarato) è quella prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 per i ritardati od omessi versamenti diretti. In buona sostanza si applicherebbe, secondo le indicazioni fornite dal documento di prassi, la sanzione del 30% prevista per le indebite compensazioni di crediti non spettanti e non quella variabile tra il 100% ed il 200%, prevista per le indebite compensazioni con crediti inesistenti.

Il chiarimento rappresenta una conferma, in questo caso, della possibilità per i contribuenti di invocare l’applicazione della nuova causa di non punibilità.

30 giugno 2015

Nicola Forte