Indagini finanziarie depotenziate nei confronti dei liberi professionisti: i prelievi non giustificati non si possono presumere compensi percepiti in nero

in futuro, il contribuente libero professionista avrà maggiori possibilità di difesa nell’ipotesi di accertamento fondato sulle indagini finanziarie: questa è la conseguenza diretta ed immediata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014

Il contribuente avrà maggiori possibilità di difesa nell’ipotesi di accertamento fondato sulle indagini finanziarie. La conseguenza deriva dalla sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014 depositata il 6 ottobre scorso. La Consulta ha affermato l’incostituzionalità della disposizione in base alla quale i prelievi dei professionisti non giustificati si presumono compensi percepiti in nero. Non potrà quindi essere più applicata la presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973.

La presunzione prevista dalla disposizione citata continuerà ad applicarsi nei confronti delle imprese. Infatti, la Corte costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità esclusivamente per gli esercenti arti e professioni. In buona sostanza l’Agenzia delle entrate potrà avvalersi della presunzione in discorso entro i limiti vigenti anteriormente all’approvazione della legge finanziaria del 2005 (L. n. 311/2004).

L’iter logico seguito dalla norma è molto semplice. In pratica i prelevamenti dai conti correnti bancari non giustificati (senza indicare un beneficiario) evidenziano acquisti di beni in nero successivamente rivenduti in nero. Pertanto la “concatenazione” degli eventi spiega l’accertamento dei maggiori ricavi. Il medesimo ragionamento (iter logico) non è ragionevolmente applicabile nei confronti degli esercenti arti e professioni. E’ del tutto illogico ritenere che l’acquisto di un bene non fatturato (in nero) possa far conseguire un compenso sottratto a tassazione. In pratica, secondo la Consulta, viene completamente a mancare (per i professionisti) la correlazione tra costi e compensi.

Gli esercenti arti e professioni effettuano prestazioni di servizi fondate essenzialmente su un rapporto fiduciario con il cliente e in alcuni casi anche in mancanza di una specifica organizzazione di mezzi. Pertanto l’acquisto di un bene senza documentare il costo con la relativa fattura non costituisce, secondo la Corte, un elemento idoneo a presumere l’avvenuta prestazione di servizi con la percezione di un compenso non dichiarato.

Alla luce della sentenza le presunzioni applicabili nei confronti dei professionisti risultano “depotenziate” e ciò anche secondo le indicazioni fornite dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 25/E del 2014. In pratica, nell’ipotesi di accertamento sui conti bancari, il maggior reddito accertato può derivare esclusivamente dalla somma dei versamenti non giustificati. Sono del tutto irrilevanti (ai fini della determinazione del maggior reddito accertabile) i prelievi dal conto corrente non giustificati, cioè laddove il professionista non sia in grado di fornire l’indicazione del beneficiario delle somme.

La posizione del contribuente potrà essere meglio verificata e ricostruita anche dalla necessità del contraddittorio preventivo come ribadito da ultimo dalla citata circolare n. 25/E. D’altra parte, anche se non mancano pronunce della Corte di Cassazione di segno opposto (nel senso della mancanza dell’obbligatorietà del contraddittorio), l’Agenzia delle entrate ha interesse ha svolgere un’attività di accertamento efficace e con risultati positivi. Il contraddittorio rappresenta quindi la sede dove le due parti possono comprendere realmente la propria posizione e cioè la validità delle argomentazioni sostenute. Se per effetto del confronto il contribuente riuscirà a dimostrare che i versamenti effettuati non sono compensi sottratti ad imposizione, l’Agenzia delle entrate avrà tutto l’interesse ad abbandonare un potenziale contenzioso che darà luogo solo a maggiori oneri per lo Stato.

A tal fine, indipendentemente dalla Sentenza della Corte Costituzionale, è opportuno che il contribuente/professionista istituisca due conti correnti separati. In questo modo le entrate aventi natura personale (quindi non fatturate) affluiranno esclusivamente sul conto personale ed il contribuente non avrà difficoltà a dimostrare le ragioni per cui le somme versate non sono state dichiarate quali compensi dello studio.

Inoltre, la separazione delle due gestioni consente anche di monitorare con maggiore attenzione l’andamento economico dell’attività con la conseguente determinazione ed il controllo costante degli incassi e delle spese dello studio.

13 ottobre 2014

Nicola Forte