La convenienza ad aderire agli istituti deflattivi del contenzioso

in caso di valutazioni negative sull’esito del contenzioso fiscale, è possibile esperire l’acquiescenza purché si rinunci ad impugnare (con ricorso/reclamo) l’avviso di accertamento, ovvero a formulare istanza di accertamento con adesione

Considerati i costi onerosi di un contenzioso tributario, i contribuenti che ricevono avvisi di accertamento fondati su dati e valutazioni difficilmente contrastabili, hanno l’opportunità, se rinunciano a presentare ricorso/reclamo, di ottenere una riduzione delle sanzioni (cosiddetta “acquiescenza”).

 

Nello specifico, l’art. 15 del D.Lgs. 19.06.97 n. 218 prevede una riduzione delle sanzioni qualora il contribuente rinunci ad impugnare (con ricorso/reclamo) l’avviso di accertamento o di liquidazione, ovvero a formulare istanza di accertamento con adesione. Oltre alla riduzione delle sanzioni, l’acquiescenza del contribuente produce una ulteriore serie di effetti, sostanzialmente analoghi a quelli dell’accertamento con adesione: l’accertamento definito con l’acquiescenza non è soggetto, infatti, ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio (tranne che nelle ipotesi tassativamente previste) e non rileva ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali e assistenziali la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi (su tali contributi non si applicano comunque sanzioni e interessi).

 

L’acquiescenza rappresenta, nella sostanza, un comportamento concludente del contribuente che si perfeziona con il versamento degli importi riportati nell’ avviso di accertamento, al netto delle riduzioni delle sanzioni spettanti: l’accettazione dell’atto comporta, infatti, la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate, ovvero la riduzione a 1/6 delle sanzioni irrogate se il contribuente non ha ricevuto, prima dell’avviso di accertamento, né un PVC definibile né un invito al contraddittorio (c.d. acquiescenza rinforzata). Ad ogni modo, l’ammontare delle sanzioni dovute a seguito dell’acquiescenza non può essere inferiore ad un terzo (ovvero un sesto nel caso di acquiescenza rinforzata) dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo (art. 15 del DLgs. 218/97).

 

L’acquiescenza si perfeziona con il versamento degli importi scaturenti dall’avviso di accertamento entro il termine di previsto per la proposizione del ricorso/reclamo, ovvero entro e non oltre il 60 giorno successivo alla notifica dell’avviso, considerando ai fini del computo del predetto termine, anche la sospensione feriale prevista dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno.

 

Ad ogni modo, non è precluso l’istituto dell’acquiescenza, qualora sia il medesimo contribuente, nelle more di una verifica fiscale, a presentare istanza di accertamento con adesione: all’atto della ricezione dell’avviso di accertamento, il contribuente potrà, infatti, avvalersi, alternativamente, dell’acquiescenza (ordinaria o rinforzata, a seconda delle ipotesi), presentare istanza di adesione, perdendo in tal modo la possibilità di prestare acquiescenza e confidando in un’eventuale riduzione della pretesa (“Accertamento con adesione“), ovvero fruire della definizione agevolata delle sanzioni, potendo proporre ricorso limitatamente all’imposta (“Definizione agevolata delle sanzioni“).

 

La riduzione delle sanzioni per effetto dell’acquiescenza opera a condizione che il contribuente provveda, entro il termine per la proposizione del ricorso, al pagamento delle somme complessivamente dovute, comprese le sanzioni ridotte, oppure della prima rata, in caso di opzione per il pagamento rateale (8 rate trimestrali di pari importo se le somme non eccedono € 51.645,69/ 12 rate trimestrali di pari importo, se le somme eccedono € 51.645,69). In caso di pagamento rateale, il giorno di pagamento della prima rata costituisce la data di riferimento per il computo trimestrale del termine relativo al pagamento delle rate successive. Ad ogni modo, sulle rate successive alla prima si ritengono dovuti, nel silenzio del legislatore tributario, gli interessi quantificati con le medesime regole previste in caso di accertamento con adesione. Peraltro, salvo indicazioni contrarie, il conteggio degli interessi sulla rateazione delle somme dovute, deve essere effettuato senza la necessità che questi attenda comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. La misura del tasso di interesse legale deve essere determinata con riferimento all’annualità in cui viene perfezionata l’adesione, rimanendo costante anche se il versamento della rate si protrae negli anni successivi.

 

Ai fini del perfezionamento dell’acquiescenza, è richiesto al contribuente di far pervenire all’ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento dell’intero importo delle somme dovute o di quello della prima rata, entro 10 giorni dal versamento dell’importo complessivo dovuto, nonché l’indicazione del numero di rate prescelto (qualora il medesimo contribuente avesse optato per la rateazione delle somme dovute). Sul punto, si rammenta che, a decorrere dall’1.5.2000, il modello F24 è stato esteso alle somme dovute a seguito di acquiescenza, comprese le sanzioni. Relativamente all’imposta di registro e all’imposta sulle successioni e donazioni, comprese le relative sanzioni, occorre utilizzare, invece, il modello di pagamento F23. Gli importi in parola possono essere compensati con crediti disponibili per effetto dell’art. 17 del DLgs. 241/97. Si rammenta, inoltre, che, in caso di versamento in un’unica soluzione, l’omesso, tardivo o carente pagamento delle somme comporta il mancato perfezionamento del concordato: i medesimi effetti sono prodotti anche a seguito del mancato pagamento della prima rata, nell’ipotesi di versamento degli importi in forma rateale.

 

Diverse risultano essere, invece, le conseguenze in caso di mancato versamento delle rate successive alla prima. Per effetto di quanto introdotto dal D.L. 98/2011 – in tema di accertamento con adesione (applicabile per espresso rinvio normativo all’istituto dell’acquiescenza) – in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate successive alla prima entro il termine per il versamento della rata successiva, l’importo residuo viene iscritto a ruolo e la sanzione da omesso versamento viene irrogata nella misura doppia (60% e non 30%) e parametrata all’intero importo residuo dovuto a titolo di tributo.

 

4 dicembre 2013

Sandro Cerato