Dichiarazioni integrative/rettificative: luci e ombre dal Fisco

l’emendabilità delle dichiarazioni è sempre una questione problematica; anche il Fisco ha provato a fare ordine nel complesso groviglio di legislazione, prassi e giurisprudenza: ecco lo stato attuale dell’arte in tema di dichiarazioni integrative

Verrebbe da dire “ora manca solo l’amministrazione finanziaria”.

Così lo scrivente editoriale apriva l’articolo pubblicato nel 2012 su “Il commercialista Telematico” rubricato “Dichiarazione integrativa: il termine dell’anno successivo vale solo per la compensazione orizzontale mentre le dichiarazioni sono ritrattabili entro il più ampio termine previsto dall’art. 43/602”.

Era il non troppo lontano agosto 2012, quando, con il documento evocato, si ebbe modo di argomentare la posizione giuridica, granitica, formatasi con riferimento all’emendabilità delle dichiarazioni dei redditi.

La questione è stata, ancorché in modo trasversale ed implicito, affrontata finalmente dall’amministrazione finanziaria con la circolare 31/E del 24 settembre 2013, documento di prassi con il quale, l’Agenzia delle Entrate, ha trattato la problematica delle errata rilevazioni per competenza dei componenti positivi e negativi di reddito sullo sfondo della questione delle dichiarazioni integrative a favore del contribuente.

Va preliminarmente colto con favore lo sforzo dell’amministrazione nel cercare di dare un percorso operativo finalizzato alla correzione delle errate rilevazioni contabili al fine di garantire una pretesa tributaria conforme al dettato del principio costituzionale di cui all’articolo 53 della Costituzione.

Tuttavia non si può non rilevare come le interpretazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate sia in manifesto e clamoroso contrasto con quelle fornite dalla giurisprudenza.

Partiamo quindi da queste per poi evidenziare quelle fornite dall’agenzia delle entrate con il tanto argomentato documento di prassi (circolare 31/E 2013).

 

EMENDABILITA’ DELLE DICHIARAZIONI SECONDO LA GIURISPRUDENZA

Le dichiarazioni, in linea generale, indicano dati che sono espressioni di scienza e di giudizio e pertanto nei casi di rilevato errore di fatto o di diritto, possono essere sempre emendate e ritrattata, soprattutto nei casi in cui l’errore sia causa di un maggiore e gravoso onere contributivo. Tale, principio, fornito in modo semplificato, è rappresentato dalla giurisprudenza nella seguente affermazione, “ di regola, le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, né costituiscono titolo dell’obbligazione tributaria, ma costituiscono mere esternazioni di scienza e di giudizio, sicché possono, in linea di principio, essere liberamente emendate e ritrattate dal contribuente, se, per effetto di errore di fatto o di diritto commesso nella relativa redazione, possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico”.

In tale contesto si citano le ulteriori massime (estratte dallo scrivente) di due sentenze della suprema Corte di Cassazione:

  1. Sent.5399/2012: Il termine di cui al comma 8 Bis dell’articolo 2 del DPR 322/1998 è necessariamente circoscritto ai fini dell’utilizzabilità “in compensazione dei crediti ai sensi del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17”;

  2. Sent. 7294/2012: L’emendabilità e la ritrattabilità non si applicano con riferimento alle indicazioni in dichiarazione che costituiscono vere e proprie autonome manifestazioni negoziali.

Questo quindi il quadro giuridico secondo il quale il contribuente, nel termine decadenziale di cui all’articolo 43 del DPR 600/73 può sempre ripresentare una dichiarazione integrativa a favore per correggere errori o omissioni causa di un più gravoso onere contributivo.

Ne deriva che, se il contribuente per l’anno 2008 non ha rilevato un componente negativo di competenza, fattore economico rilevato nel successivo anno 2012 e ripreso con variazione in aumento nella relativa dichiarazione, ha il diritto di emendare la dichiarazione UNICO 2009 ripresentando la stessa per recuperare le maggiori imposte versate.

Tale operazione di recupero potrà essere attuata mediante due ipotesi alternative:

  • Istanza di rimborso formulata con riferimento alla dichiarazione integrativa relativa all’annualità 2008 (tuttavia va rilevata la criticità del termine di cui all’articolo 38 co. 1 del DPR 600/73 e di quello di cui all’articolo 21 co. 2 del D.Lgs. 546/19921)

  • Rigenerazione del credito emergente dalla ripresentata dichiarazione relativa al 2008 (Credito rigenerato in UNICO2009), mediante la successiva sequenza ordinata di ripresentazione delle dichiarazioni successive fino a quella del periodo per il quale il termine di presentazione non risulta scaduto, con la realizzazione del recupero finanziario nella liquidazione delle imposte espressa nella stessa.

Era questa la procedura che la giurisprudenza, con le decisioni addotte, aveva di fatto indicato. Un percorso che per certi versi appare articolato ma che è perfettamente aderente alle disposizioni normative (DPR 322/1998), ed al giusto procedimento dichiarativo.

 

TERMINI DI VERIFICA DELLA DICHIARAZIONE INTEGRATIVA SECONDO LA GIURISPRUDENZA

La procedura sopra descritta di derivazione giuridica, garantisce anche la corretta procedura di controllo, laddove ai sensi dell’articolo 43 del DPR 600/73, il termine di prescrizione per l’accertamento in rettifica della dichiarazione deve essere computato con riferimento all’anno di presentazione e non con riferimento all’anno di scadenza della stessa.2

L’articolo 43 del DPR 600/73, al comma 1 prevede che, “gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”.

Tralasciando, perché in questa sede di non interesse, i diversi ulteriori termini di decadenza, la norma indica chiaramente il termine di decadenza dell’attività di controllo che deve essere computato con riferimento all’anno di presentazione della dichiarazione.

Parte della dottrina sostiene che la dichiarazione integrativa non sostituisce nella sostanza quella originariamente presentata, avendo, la sola funzione di modificare e implementare quest’ultima.

Tale approccio non appare per nulla appagante e lo scrivente ritiene che, poiché la dichiarazione quale adempimento tributario è prioritariamente un’esternazione di scienza e di giudizio funzionale all’attività di verifica e controllo del corretto comportamento contributivo del contribuente ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione3, non pare possano sussistere dubbi sul fatto che la dichiarazione integrativa è dichiarazione sostitutiva di quella originaria con conservazione, in riferimento a quest’ultima, della tempestività della presentazione nei termini prescritti dalla legge.

In altri termini la dichiarazione integrativa sostituisce quella originaria, e come esternazione di scienza funzionale alla verifica fiscale è questa, e non quella originariamente presentata, a dover essere oggetto di controllo da parte dell’amministrazione.4

Sullo sfondo di tale interpretazione il termine di cui all’articolo 43 del DPR 600/73 deve decorrere dalla data di presentazione dell’ultima dichiarazione integrativa presentata dal contribuente, adempimento sostitutivo dei precedenti esercitati.

 

EMENDABILITA’ DELLE DICHIARAZIONI SECONDO L’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle entrate, con la circolare 31/E/2013, ancorché con riferimento alla problematica della corretta rilevazione per competenza dei componenti reddituali ai fini della determinazione del reddito imponibili, fornisce chiarimenti in relazione all’emendabilità delle dichiarazioni, chiarimenti e indicazioni che tuttavia risultano assolutamente non conformi al dettato e consolidato orientamento giuridico descritto nel precedente paragrafo.

Va dapprima rilevato che quanto affermato con la circolare 31/E/2013, in relazione alla ritrattabilità delle dichiarazioni, deve essere oggetto di apprezzamento generale. Sotto tale profilo l’agenzia delle entrate, pur nell’apprezzabile sforzo di dare una soluzione alla questione della ripresentazione di dichiarazioni per correggere errori di fatto e di diritto commessi che siano causa di un risultato sfavorevole al contribuente, rimane rigidamente aderente all’interpretazione delle disposizioni di cui all’articolo 2 commi 8 e 8 bis), da sempre dalla medesima formulate, secondo le quali:

  • Il contribuente ai sensi del comma 8-bis dell’articolo 2 del DPR 600/73 può integrare le dichiarazioni in origine presentate, per correggere errori o omissioni che sono causa di un maggior imponibile o di una maggiore imposta, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo.

  • Il contribuente ai sensi del comma 8 dell’articolo 2 del DPR 322/1998 può, salva l’applicazione delle sanzioni, integrare le dichiarazioni in origine presentate, per correggere errori o omissioni che sono causa di un minor imponibile o di una minore imposta, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del DPR 600/73 e successive modificazioni.

Un’interpretazione, quella dell’agenzia delle entrate, veramente superata, fuori luogo e in contrasto con il tanto professato nuovo clima di collaborazione tra amministrazione e contribuente.

Sullo sfondo di tale formulata interpretazione, l’Agenzia delle entrate sostiene che il contribuente, che intende far rilevare un componente negativo di competenza di una annualità precedente a quella emendabile ai sensi del comma 8 bis dell’articolo 2 del DPR 322/1998, è tenuto ad effettuare una liquidazione delle minore imposte dovute rispetto a quelle versate per il periodo di imposta di riferimento, e per tutte le annualità successive fino all’ultima annualità d’imposta dichiarata. Per tale ultima annualità il contribuente presenta apposita dichiarazione integrativa in cui dovrà fare confluire le risultanze delle precedenti riliquidazioni. Tale dichiarazione, unica formalmente emendata, rappresenta quella nella quale risultano indicati gli esiti dell’intera attività di autoliquidazione, esiti che mediante tale dichiarazione integrativa sono resti noti all’Amministrazione Finanziaria.

Un procedimento articolato, che è funzionale a determinare una specifica attività di controllo con riferimento alla dichiarazione integrativa presentata, con onere a carico del contribuente di presentare in quella sede tutte le dichiarazioni, autonomamente riliquidate dal medesimo, ai fini della verifica della corretta emendabilità esercitata dal contribuente.

L’agenzia delle entrate, infatti, afferma nella circolare che, a seguito dei controlli automatizzati della predetta dichiarazione integrativa (quella da ultimo presentata) emergendo degli importi non coerenti con la dichiarazione del periodo di imposta precedente, sarà generata una comunicazione di irregolarità il cui esito sarà comunicato al contribuente. Il contribuente dovrà in tale sede esibire la documentazione idonea ad evidenziare le modalità di rideterminazione delle risultanze che emergono dalla dichiarazione integrativa.

In altri termini il contribuente, in tale sede di controllo automatizzato, dovrà inviare, trasmettere o esibire le dichiarazioni come riliquidate autonomamente.

Se si apprezza lo sforzo per fornire una soluzione alla questione in argomento, non si può notare come tale procedimento non sia scevro da lacune e inspiegabilmente contrario all’orientamento giuridico già formatosi.

In parole povere, il contribuente dovrà in ogni caso, a seguito degli esiti dei controlli automatici, trasmettere all’amministrazione finanziaria, le dichiarazioni degli anni precedenti in cui sono indicate le correzioni a favore. Tanto valeva affermare la definitiva emendabilità delle dichiarazioni anche quando a favore del contribuente, mediante la ripresentazione delle stesse entro i termini di cui all’articolo 43 del DPR 600/73.

Una procedura che lo scrivente ritiene più corretta e più garantista sia per il contribuente che per l’amministrazione. Non ci si dimentichi che la dichiarazione è esternazione di scienza e di giudizio, adempimento strumentale al controllo fiscale.

 

I TERMINI DI VERIFICA E CONTROLLO

La soluzione controversa proposta dall’ufficio s’incrocia con una rilevante criticità con riferimento proprio all’attività di controllo e verifica fiscale delle dichiarazioni corrette e riliquidate dal contribuente.

Il paragrafo 8 della circolare fornisce un chiarimento di assoluta rilevanza che, a parere dello scrivente, deve essere, anch’esso, apprezzato in senso generale5.

L’agenzia delle entrate afferma, correggendo precedenti prassi, che il termine di decadenza per le verifiche fiscali (art. 43 del DPR 600/73) deve essere calcolato con riferimento all’anno di presentazione della dichiarazione e non con riferimento all’anno di scadenza della dichiarazione.

L’attività accertativa degli uffici si esplica nei termini di decadenza calcolati a partire dall’anno di presentazione della dichiarazione integrativa, in relazione e nei limiti degli elementi “rigenerati” in tale dichiarazione.

A tal fine, sostiene l’agenzia delle entrate, è necessario che il contribuente sia in possesso di tutta la documentazione idonea a comprovare la puntuale sussistenza dei presupposti sostanziali dell’istanza e che provveda ad esibirla agli uffici nell’ambito della relativa attività istruttoria.

Emerge il limite della procedura indicata dalla circolare 31/E/2013.

Dal combinato interpretativo fornito dall’agenzia delle Entrate emerge che, il termine di decadenza per le attività di controllo deve essere calcolato dall’anno di ripresentazione della dichiarazione integrativa e che con riferimento a tale dichiarazione il contribuente dovrà fornire tutti gli elementi indicati nella stessa e sulla base dei quali è radicato la minore pretesa tributaria.

 

Si fornisce quindi un esempio:

  • Periodo di imposta riliquidato con maggiore costo deducibile anno 2008;

  • Periodo di imposta di presentazione dell’integrativa a favore anno 2013 (la dichiarazione integrativa è presentata il 31 dicembre 2013 con UNICO 2013).

  • L’ufficio effettua un controllo automatico entro l’anno 2014;

  • Poiché il controllo automatico non è sostanziale, ma formale, il contribuente fornisce la riliquidazione delle dichiarazioni degli anni precedenti fino a quello del 2008 (riliquidato con unico 2009);

  • L’ufficio se intende verificare la genuinità della maggiore deducibilità del costo imputato per quell’annualità deve attivare una procedura di verifica di tipo sostanziale;

  • Il termine di verifica sostanziale per l’annualità 2008 scade (termine breve) il 31 dicembre 2013;6

  • Per quanto al precedente punto l’ufficio non potrà verificare la spettanza della deduzione del costo relativo all’anno 2008 che si esprime in sintesi in una minore imposta dovuta nella dichiarazione integrativa UNICO2013.

Non vi è dubbio che l’esempio proposto, quanto meno, esprime una forte criticità della interpretazione fornita dall’ufficio finanziario con la circolare 31/E/2013. Una procedura, quella indicata dall’ufficio finanziario, che farà proliferare il contenzioso giudiziario.

L’unica corretta procedura è quella della concreta ripresentazione delle dichiarazioni relative a tutte le annualità interessate dalla correzione e dai relativi riflessi impositivi. Solo a seguito della ripresentazione delle dichiarazioni degli anni interessati dalla ritrattabilità l’ufficio potrà esercitare a pieno l’attività di controllo, attività di verifica che ai sensi dell’articolo 43 del DPR 600/73 deve esaurirsi entro il termine del quarto anno successivo a quello di presentazione o, per il caso in esame, di ripresentazione della dichiarazione7.

 

CONCLUSIONE

Fatto salvo quanto argomentato con il presente articolo, lo scrivente ritiene che la procedura indicata dall’amministrazione dovrà essere utilizzata per tutti i casi di rettifica delle dichiarazioni a favore del contribuente e non solo nel caso di ritrattabilità riconducibili ad errori di imputazione dei componenti negativi di reddito di impresa. Una conferma in tal senso sarebbe quanto mai opportuna.

Sembra, infatti, plausibile che il procedimento indicato possa essere utilmente utilizzato, ad esempio, anche nelle ipotesi di omessa indicazione di oneri deducibili o detraibili non indicati in precedenti dichiarativi regolarmente presentati.

Tanto affermato appare necessario un’immediata revisione, da parte dell’amministrazione finanziaria, delle interpretazioni fornite, in modo tale da correggerle per renderle conformi alle norme vigenti e al consolidato orientamento giuridico.

 

7 novembre 2013

Mario Agostinelli

1 La strada dell’istanza del rimborso appare destinata ad un inevitabile processo tributario. L’Agenzia delle Entrate con ogni probabilità rigetterà l’istanza di rimborso presentata obbligando quindi il contribuente a presentare ricorso in CTP. Si ricorda che l’art.21, c. 2, del D. Lgs. n. 546/1992, applicabile a tutte le imposte e, quindi, anche in materia di Iva, prevede che la domanda di rimborso, in mancanza di disposizioni specifiche, può essere presentata entro 2 anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

2 Principio evocato dalla circolare 31/E 2013, al paragrafo 8.

3 La dichiarazione dei redditi è adempimento volto a consentire il controllo del corretto adempimento delle obbligazioni tributarie.

L’obbligazione tributaria, ai sensi dell’art. 23 Cost., trova la sua fonte direttamente nella legge: né la dichiarazione, né l’avviso d’accertamento dell’Ufficio ha natura costitutiva del debito tributario.

La dichiarazione tributaria rappresenta unicamente un momento essenziale del procedimento di accertamento del tributo, anzi l’obbligo di presentazione della dichiarazione rappresenta il momento di partecipazione del contribuente alla fase di accertamento. Si tratta di quello che la dottrina definisce l’autoaccertamento della base imponibile.

4 La dichiarazione integrativa sostituisce la dichiarazione originaria e l’eventuale azione di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria dovrà essere effettuata sull’integrativa.

5 Intendo affermare che quanto indicato dall’agenzia delle entrate con riferimento alle dichiarazioni corrette per errata applicazione del principio di competenza economica dovrà applicarsi anche a tutte le ipotesi per le quali il contribuente presenti una dichiarazione integrativa, sia essa a favore sia essa a sfavore.

6 Si deve rilevare che il termine di verifica indicato nell’articolo 43 del DPR 600/73 non è solo quello breve ma anche quello più lungo di 8 anni (o 10) in caso di violazioni che implicano l’obbliga di denuncia della notizia di uno dei reati di cui al D.Lgs. 74/2000.

7 Si veda precedente Nota per i maggiori termini.