in caso di accertamento basato sugli studi di settore, è fondamentale il contraddittorio col contribuente per ricostruire in modo esatto il reddito dell’anno soggetto a verifica, in base alla reale situazione in cui il contribuente opera
Con la sentenza n. 19731 del 28 agosto 2013 (ud. 14 marzo 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce, come affermato da questa Corte, ‘un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che ne giustificano l’esclusione dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli ‘standards’ al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli ‘standards’, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635)”.
La stessa Corte di Cassazione rileva come si è già chiarito che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello ‘standard’, nè costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata” (Cass., sez. un., n. 26635 del 2009 cit.; Cass. n. 23096 del 2012).
E nel caso di specie, “a tali principi il giudice di appello si è attenuto, dando conto, in particolare, che in esito al contraddittorio instaurato con la contribuente, l’ufficio aveva operato una sensibile riduzione dei maggiori compensi professionali accertati, tenendo ‘conto anche dei fattori presuntivi rappresentati dagli anni di esercizio della libera professione forense e dell’avviamento dello studio professionale, prima condotto assieme col padre e successivamente ereditato’; ed ha ritenuto che l’accertamento impugnato non fosse frutto di mera ed acritica applicazione di parametri o studi di settore, ma fosse stato elaborato e concretato tenendo conto della reale capacità contributiva della ricorrente. A tale conclusione è giunto compiendo un’analitica disamina, articolata in cinque punti, delle richieste accolte e di quelle disattese, formulate nella fase del contraddittorio”.
Brevi riflessioni
Emerge con tutta chiarezza che la determinazione della capacità contributiva (in materia di studi di settore) deve avvenire in contraddittorio e l’ufficio ha l’obbligo di prendere in considerazioni le osservazioni di parte avversa, senza limitarsi a scontare in maniera fissa (30%) senza magari nessuna giustificazione.
Come affermato dalla più autorevole dottrina1, la funzione del contraddittorio “è fondamentale, giacché postula che, in quella sede, il contribuente indichi le ragioni che, a suo avviso, non consentono di ritenere applicabile lo studio di settore invocato dall’Agenzia, ovvero le ragioni che giustificano l’anzidetto scostamento. In sede di contraddittorio, quindi, compete al contribuente, che intenda evitare l’emanazione di un avviso di rettifica, l’onere di indicare, anche se non di dimostrare, l’esistenza di circostanze che tolgano rilevanza induttiva al risultato desumibile dallo studio sia per quanto concerne la sua applicabilità alla fattispecie, sia per quanto riguarda quelle (le più varie) che possano spiegare lo scostamento (dagli impedimenti allo svolgimento dell’attività derivanti da fatti personali, alle caratteristiche organizzative dell’attività, alle eventuali crisi del settore nel quale il contribuente opera)”.
Tale modo di operare permette di portare a conoscenza del funzionario una serie di fatti ed elementi che l’ufficio “ha l’obbligo di prendere in considerazione e verificare, cosicché non può notificare avviso di rettifica se non corredandone la motivazione con il disconoscimento o la confutazione dell’esistenza dei fatti addotti in sede di contraddittorio amministrativo, fatti indicati anche, in via esemplificativa, ma, ovviamente, senza pretesa di completezza, nelle circolari dell’Agenzia”2.
Osserva ancora la dottrina citata che “in caso di mancata partecipazione al contraddittorio, l’Agenzia può, invece, legittimamente emanare l’avviso di rettifica, salva, per il contribuente, la possibilità di proporre le proprie eccezioni in sede processuale, ma, in questa ipotesi, con inversione, a mio avviso, dell’oneredella prova. L’avviso di rettifica, infatti, non si può in tal caso ritenere viziato da nullità per difetto di motivazione ed i fatti dedotti dal contribuente si atteggiano come impeditivi rispetto alla pretesa tributaria, cosicché l’onere di provarli non può che competergli, in quanto, rinunciando e dedurli nella fase amministrativa, egli ha dispensato l’Agenzia dall’obbligo di prenderli preventivamente in considerazione. È, quindi, particolarmente importante avvalersi in modo corretto del contraddittorio, nel quale il contribuente non può limitarsi, come mi è capitato di vedere talvolta, a lamentare la gravosità della determinazione del ricavo attuata in base allo studio, ma deve indicare le ragioni per le quali lo studio medesimo non può essere riferito alla sua attività ovvero le ragioni, per così dire patologiche, in forza delle quali l’attività medesima si pone al di fuori di quella normalità che il risultato dello studio presuppone”3.
La migliore dottrina aveva già avuto modo di affermare che “l’Amministrazione finanziaria – alla luce anche delle importanti indicazioni offerte con la circolare n. 5/2008 – assume quindi su di se un obbligo di motivazione preventiva (da offrire, appunto, in occasione del contraddittorio) che dia contezza delle valutazioni effettuate e delle determinazioni assunte per abbandonare, ridurre o confermare la pretesa impositiva4”.
A nostro sommesso parere l’interpretazione fornita da Batistoni e Ferrara ci sembra che abbia colto, con grande lucidità e sapienza, lo spirito della circolare n. 5/2008 delle Entrate: il valore del contraddittorio.
E nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha fatto tesoro dei precedenti giurisprudenziali, accordando ragione all’ufficio che aveva dialogato con il contribuente.
2 ottobre 2013
Roberta De Marchi
1 Batistoni-Ferrara, L’attività istruttoria – Modalità operative di svolgimento dei controlli e delle verifiche: le possibili difese, in “il fisco” n. 8/2009.
2 Batistoni-Ferrara, L’attività istruttoria – Modalità operative di svolgimento dei controlli e delle verifiche: le possibili difese, in “il fisco” n. 8/2009.
3 Batistoni-Ferrara, L’attività istruttoria – Modalità operative di svolgimento dei controlli e delle verifiche: le possibili difese, in “il fisco” n. 8/2009.
4 Antico-Conigliaro, Gli studi settore, Il sole24ore, III edizione, Milano, 2008.