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Concessione di beni in godimento a soci o familiari dell’imprenditore: semplificazione del modello e proroga del termine
Aspetti generali
Il D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 14.9.2011, n. 148, ha introdotto un particolare regime di sfavore volto a colpire, con determinate conseguenze sotto il profilo tributario, l’ipotesi di utilizzo diretto (privato / familiare) di beni facenti parte dell’impresa.
La normativa in commento (art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies, D.L. n. 138/2011) prevede che:
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in caso di concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore, viene considerata reddito diverso ai fini IRPEF la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo convenuto;
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sono indeducibili i costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento;
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l’Agenzia delle Entrate potenzia le attività di accertamento con riferimento all’applicazione di queste disposizioni.
I dati relativi ai beni concessi in godimento devono essere comunicati all’Agenzia delle Entrate al fine di garantire l’attività di controllo.
Le specifiche modalità di comunicazione relative ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari sono contenute nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 166485 del 16.11.2011.
Con un più recente provvedimento - n. 94902 del 2.8.2013 – il modello di comunicazione è stato semplificato e il termine per l’adempimento è stato prorogato (con riferimento alle operazioni che interessano l’anno 2012) al 12.12.2013.
L’ulteriore provvedimento n. 94904, emesso dall’Agenzia in pari data, si occupa dell’ipotesi «limitrofa» del finanziamento e della capitalizzazione da parte di soci o familiari dell’imprenditore.
Beni ai soci, società di comodo e perdite sistemiche
La normativa in materia di beni concessi in godimento ai soci può ricollegarsi alle disposizioni introdotte nel 2011 che intendono circoscrivere l’area delle imprese in «perdita sistematica», le quali divengono in qualche modo «obiettivo privilegiato» in sede di programmazione dei controlli fiscali.
Le disposizioni relative alle società in perdita [commi da 36-quinquies a 36-duodecies dell'art. 2 del D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148] estendono in sostanza la normativa in materia di società non operative [art. 30, L. 23.12.1994, n. 724, e s.m.i.] alle società che per due periodi di imposta consecutivi registrano una perdita fiscale, ovvero per due periodi di imposta su tre sono in perdita e per il rimanente periodo realizzano un reddito inferiore a quello determinabile ai sensi del citato art. 30 della L. n. 724/1994.
In buona sostanza il legislatore dapprima presume che determinate società siano in realtà degli schermi formali, finalizzati a fruire dei benefici del sistema di impresa a fronte della semplice gestione privata di beni (società di comodo), e quindi ipotizza che un’ulteriore schiera di società – ovvero le stesse società non operative - presenti delle dichiarazioni fiscali in perdita perché manovra i componenti negativi del reddito di impresa al fine di azzerare il carico tributario (società in perdita sistematica).
Il fenomeno delle società non operative non è perfettamente sovrapponibile rispetto a quello che qui (con le disposizioni sui beni concessi in godimento) il legislatore ha inteso contrastare: si individua però «sotto traccia» la linea di continuità costituita dall’abuso dello strumento società / impresa, il cui utilizzo viene sviato nella prospettiva dell’ottenimento di un trattamento fiscale più favorevole (rispetto a quello riservato alla persona fisica che gode di un bene per la sua utilità privata).
Emerge quindi la palese considerazione del «sistema impresa», nel quale – in vista della «meritevolezza economica» a esso collegata – il reddito è sempre netto e la detrazione dell’IVA è garantita, e la sua contrapposizione rispetto all’utilità privata/familiare (da un lato si pone l’impresa, dall’altro il consumatore finale).
Si rammenta che però le disposizioni in materia di società non operative e in perdita possono essere disapplicate, in caso di parere favorevole, attraverso la procedura di cui all’art. 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. n. 600/1973: se alla società risulta applicabile sia l’una che l’altra normativa (società di comodo con perdite sistematiche), devono essere presentate due distinte istanze al competente direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate. Il termine da osservare per tale adempimento è quello dei novanta giorni anteriori rispetto alla data di presentazione ordinaria della dichiarazione (nel corrente anno 2013, venivano considerate validamente presentate le istanze di disapplicazione prodotte, con riferimento al 2012, entro il 2.7.2013).
Esistono altresì delle cause di esclusione, prevedute dallo stesso art. 30 della L. n. 724/1994, nonché delle cause di disapplicazione automatica (in presenza delle quali non vi è obbligo di presentazione di istanze), previste dai provvedimenti direttoriali n. 23681 del 14.2.2008 (società di comodo) e n. 87956 dell'11.6.2012 (società in perdita sistematica).
L’obbligo di comunicazione
Come sopra accennato, le nuove disposizioni attuative in materia di comunicazioni all’Agenzia delle Entrate sono contenute nei provvedimenti direttoriali n. 94902 e n. 94904 del 2.8.2013: il primo è relativo ai beni concessi in godimento, e il secondo ai finanziamenti e alle capitalizzazioni effettuate dai soci o familiari dell’imprenditore nei confronti dell’impresa.
Quanto alla platea soggettiva dei destinatari dell’obbligo di comunicazione, sono inclusi «i soggetti che esercitano attività di impresa, sia in forma individuale che collettiva», i quali sono tenuti a comunicare i dati anagrafici:
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dei soci - comprese le persone fisiche che direttamente o indirettamente detengono partecipazioni nell'impresa concedente;
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e/o dei familiari dell'imprenditore che hanno ricevuto in godimento beni dell'impresa [provvedimento n. 94902], nonché effettuano qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente [provvedimento n. 94904].
La comunicazione deve essere effettuata, in caso di concessione di beni in godimento, qualora sussista una differenza tra il corrispettivo annuo relativo al godimento del bene ed il valore di mercato del diritto di godimento.
La comunicazione può essere assolta, in via alternativa, dall'impresa concedente, dal socio o dal familiare dell'imprenditore, e deve essere effettuata per ogni bene concesso in godimento nel periodo di imposta, ovvero per ogni finanziamento o capitalizzazione realizzati nello stesso periodo.
La comunicazione deve essere effettuata anche per i beni concessi in godimento dall'impresa ai soci, o familiari di questi ultimi, o ai soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo.
L'obbligo della comunicazione non sussiste invece quando i beni concessi in godimento al singolo socio o familiare dell'imprenditore, diversi da quelli da indicare nelle categorie «autovettura», «altro veicolo», «unità da diporto», «aeromobile», «immobile» e, pertanto, da includere nella categoria «altro» del tracciato record contenuto nell'allegato tecnico al provvedimento, sono di valore non superiore a 3000 euro, al netto dell'IVA.
Gli elementi da riportare
Nella comunicazione relativa ai beni in godimento [provvedimento n. 94902] devono essere indicati i seguenti elementi:
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per le persone fisiche: codice fiscale, dati anagrafici e stato estero di residenza;
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per i soggetti diversi dalle persone fisiche: codice fiscale, denominazione e comune del domicilio fiscale o lo stato estero di residenza;
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informazioni circa l'utilizzo del bene;
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data della concessione (data di inizio e fine);
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corrispettivo versato;
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valore di mercato del bene.
Nella comunicazione relativa ai finanziamenti e alle capitalizzazioni [provvedimento n. 94904] devono invece essere indicati:
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codice fiscale, dati anagrafici e per i non residenti lo stato estero;
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ammontare dei finanziamenti e delle capitalizzazioni.
L'obbligo di comunicazione dei dati dei soggetti che hanno concesso all'impresa finanziamenti o capitalizzazioni sussiste qualora nell'anno di riferimento l'ammontare complessivo dei versamenti sia pari o superiore a 3.600 euro; tale limite è riferito, distintamente, ai finanziamenti annui ed alle capitalizzazioni annue.
Inoltre, è stato escluso dall'obbligo di comunicazione qualsiasi apporto di cui l'Amministrazione finanziaria sia già in possesso (ad esempio, finanziamento effettuato per atto pubblico o scrittura privata autenticata).
I soggetti obbligati devono effettuare le comunicazioni utilizzando i servizi telematici Entratel o Fisconline, in relazione ai requisiti da essi posseduti per la trasmissione telematica delle dichiarazioni (Entratel Þ imprese con più di 20 dipendenti, amministrazioni pubbliche, intermediari; Fisconline Þ altri soggetti), e avvalendosi dei software di controllo resi gratuitamente disponibili dall'Agenzia delle Entrate.
Per la trasmissione dei dati, è possibile avvalersi degli intermediari di cui all'art. 3, terzo comma, del D.P.R. 22.7.1998, n. 322, e s.m.
Gli archivi contenenti le comunicazioni devono avere dimensioni non superiori a 3 megabyte, e la comunicazione va ordinariamente effettuata entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta in cui i beni sono concessi in godimento.
Rispetto al primo provvedimento attuativo del 2011, i due provvedimenti del 2013 hanno apportato alcune semplificazioni, prorogando anche il termine di presentazione con riferimento al 2012 al 12.12.2013.
Devono quindi essere comunicati entro la data del 12.12.2013:
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i beni concessi in godimento nel corso di tale anno;
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i finanziamenti e le capitalizzazioni ricevuti nel 2012.
Le ipotesi di esclusione
I provvedimenti direttoriali del 2013 hanno escluso dall’obbligo di comunicazione:
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i beni concessi in godimento agli amministratori;
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i beni concessi in godimento al socio dipendente o lavoratore autonomo, qualora detti beni costituiscano fringe benefit;
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i beni concessi in godimento all'imprenditore individuale;
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i beni concessi in godimento al socio o familiare dell'imprenditore, inclusi nella categoria «altro» del modello, di valore non superiore a 3.000 euro, al netto dell'IVA;
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i finanziamenti concessi ai soci o ai familiari dell'imprenditore.
Il regime sanzionatorio
La sanzione applicabile in caso di mancata – ovvero incompleta / infedele – comunicazione è pari al 30% della differenza tra valore di mercato e corrispettivo annuo, salvo che comunque si sia adempiuto agli obblighi sostanziali (dichiarazione del reddito diverso; indeducibilità dei costi), nel qual caso la sanzione dovuta in solido va da 258 a 2.065 euro.
È stato inoltre previsto il controllo sistematico di tali posizioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, la quale tiene conto, ai fini della ricostruzione sintetica del reddito, di «qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società».
3 ottobre 2013
Fabio Carrirolo