Prima casa: il mancato rispetto, per causa di forza maggiore, del trasferimento della residenza anagrafica entro il termine di diciotto mesi

uno dei requisiti per godere delle agevolazioni prima casa è quello di impegnarsi a trasferire la residenza anagrafica entro 18 mesi: cosa accade se non si può trasferire la residenza per cause di forza maggiore?

Con la sentenza n. 14399 del 7 giugno 2013 (ud. 18 aprile 2013) la Corte di Cassazione sembra cambiare orientamento in ordine all’obbligo del trasferimento della residenza per godere delle agevolazioni prima casa, in caso di forza maggiore.

 

IL PROCESSO

Con sentenza n. 47/35/06, depositata il 20 ottobre 2006, la CTR della Toscana confermando la decisione della CTP di Pisa, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il provvedimento con cui erano stati revocati i benefici c.d. prima casa, per il mancato rispetto del trasferimento della residenza anagrafica nel Comune ove era ubicato l’immobile acquistato, entro il termine di diciotto mesi.

I giudici d’appello hanno ritenuto che la sospensione dei lavori di ristrutturazione della casa, dovuta al ritrovamento di reperti archeologici, comportava l’impossibilità di stabilire la residenza nell’immobile acquistato, ricorrendo il caso di forza maggiore”.

 

IL RICORSO DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle Entrate ricorre in Cassazione, lamentando che, nel riconoscere rilievo alla sospensione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile disposto dalla Soprintendenza, quale causa esimente del mancato trasferimento della residenza da parte della contribuente nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato entro il termine di diciotto mesi, la CTR non abbia tenuto conto del fatto che l’inottemperanza al predetto obbligo comporta la decadenza dal beneficio senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale indisponibilità dell’immobile acquistato.

 

I MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte, innanzitutto, premette che l’agevolazione per l’acquisto della prima casa, in tutte le formulazioni succedutesi nel tempo, è subordinata all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione, e postula che l’acquirente abbia la residenza anagrafica (o presti attività lavorativa) nel comune in cui è ubicato l’immobile ovvero che si impegni, in seno all’atto d’acquisto, a stabilirla in detto comune entro il termine di diciotto mesi.

La pregressa giurisprudenza della Corte ha precisato che, ferma restando, quanto alla determinazione della residenza, la prevalenza del dato anagrafico sulle risultanze fattuali, il beneficio fiscale della prima casa spetta a coloro che, pur avendone fatto formale richiesta, al momento dell’acquisto dell’immobile non abbiano ancora ottenuto il trasferimento della residenza nel Comune in cui è situato l’immobile stesso (cfr. Cass. n 15412 del 2008; n. 22528 del 2007; n. 18077 del 2002).

Tale principio, espresso in riferimento al D.L. n. 12 del 1985, art. 2, convertito nella L. n. 118 del 1985, può trovare applicazione, data l’identità di ratio, anche in relazione al caso di acquisto di un immobile in altro Comune, in cui il trasferimento di residenza, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, deve intervenire entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto. La realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto – proprio perchè inerente ad un suo comportamento – della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile stesso”. Per la Suprema Corte, la giurisprudenza citata dalle Entrate (cfr. Cass. n. 2552 del 2003, che ha ritenuto irrilevante la ragione, necessità di definire i rapporti economici tra i compratori, coniugi poi separatisi, del mancato reinvestimento nell’acquisto di altra abitazione del ricavato della vendita di un immobile acquistato fruendo delle agevolazioni fiscali prima casa) “non è richiamata a proposito, in quanto in essa si disconosce la rilevanza di motivi soggettivi (e non già del caso della forza maggiore), dovendo, infine, rilevarsi che la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sè, la decadenza dall’agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.

Nel caso di specie, “i giudici del merito hanno ritenuto che il mancato trasferimento della residenza sia ascrivibile a causa di forza maggiore (in concreto, il rinvenimento di reperti archeologici impeditivo della prosecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’appartamento acquistato), e tale natura dell’impedimento (c.d. sorpresa archeologica) non è stata contestata dalla ricorrente, che non ha, neppure, riferito circa l’eventuale mancata richiesta, da parte della contribuente del trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato, id est dell’atto d’inizio del procedimento amministrativo volto al mutamento dell’iscrizione anagrafica”.

 

BREVE NOTA

Il complesso quadro normativo prevede l’applicazione di benefici fiscali per gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della piena proprietà o della nuda proprietà, abitazione, uso ed usufrutto relativi ad unità immobiliari non aventi le caratteristiche d’abitazioni di lusso, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

Il regime agevolato attualmente in vigore (cfr. art. 3 c. 131 della legge n. 549/95 e art. 7 c. 6 della legge n. 488/99) prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta (3%) o alternativamente l’Iva con aliquota ridotta 4%), e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

Per poter godere delle agevolazioni fiscali è necessario che:

  • l’abitazione oggetto di trasferimento sia un’abitazione “non di lusso ” (anche se non ultimata, purchè rimanga l’originaria destinazione) secondo quanto indicato dal già citato D.M. 2 agosto 1969 e pertanto riconducibile nelle categorie catastali comprese tra A1 e A11, esclusa l’A10;

  • l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza1 o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione; per gli italiani trasferiti all’estero per motivi di lavoro, l’immobile deve essere situato nel comune dove ha sede o esercita l’attività il datore di lavoro (che può essere anche un soggetto non imprenditore) , mentre per i cittadini emigrati l’abitazione può essere la prima casa, ovunque ubicata, nel territorio nazionale;

  • nell’atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell’aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti) l’acquirente dichiari:

  • di voler stabilire la residenza nel comune dell’acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell’attività (vedi sopra);

  • di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato (se si è già goduto dei benefici prima casa è possibile goderne nuovamente se quanto acquistato in passato non è più nella titolarità del soggetto acquirente, all’atto del nuovo acquisto);

  • di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni prima casa, a partire da quelle previste dalla legge 22.04.82 n. 168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l’acquisto agevolato).

 

Gli ultimi interventi giurisprudenziali

Ripercorriamo i diversi interventi della Corte di Cassazione, che sono tutti, sostanzialmente di diverso avviso.

  • Con l’ordinanza n. 24926 del 26 novembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009), aveva già avuto modo ancora una volta di ribadire che, ai fini della concessione dei benefici tributari perl’acquisto della prima casa, l’acquirente ha l’obbligo di stabilire laresidenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, non rilevando alcun fatto impeditivo. Per la Corte, in tema di imposta di registro, la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede, in base alla disciplina introdotta a partire dal D.L. n. 12 del 1985, art. 2 che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha, ovvero – come previsto dalle norme successivamente introdotte – stabilisca la residenza entro un determinato termine dall’acquisto (nella specie, regolata ratione temporis dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, un anno), senza che, attesa la lettera e la formulazione delle norme medesime, alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, nè all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio e trattandosi di normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cass. nn. 8377 del 2001, 26115 del 2005, 1173 e 4628 del 2008)”.

  • Con l’ordinanza n. 21730 del 4 dicembre 2012, ha affermato che non indicare il luogo di lavoro nel comune ove è ubicato l’immobile, nonostante l’atto integrativo, costa la perdita delle agevolazioni prima casa.Il requisito (nel caso di specie, il luogo in cui l’acquirente svolge l’attività lavorativa) deve essere indicato nell’atto del notaio e dimostrato con la presentazione contestuale della documentazione attestante il possesso dei requisiti e con l’atto di rettifica il contribuente, prima della notifica dell’avviso fiscale, avrebbe dovuto indicare che l’immobile era ubicato nel luogo in cui svolgeva attività lavorativa o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità.

  • Con la sentenza n. 17597 del 12 ottobre 2012 (ud. 12 luglio 2012) la Corte di Cassazione ha negato le agevolazioni prima casa, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi, pur in presenza di lungaggini burocratiche che ne hanno impedito il trasloco. La Suprema Corte richiama precedenti pronunce, in forza delle quali “è consolidato il principio secondo cui – in tema di imposta di registro e ai sensi del comma 2 bis della nota all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente (già stabilita o da trasferire, nel termine prescritto, nel comune dell’immobile acquistato), mentre nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico (cfr Cass. 1530/12, 14399/10, 4628/08, 1173/08, 22528/07, 18077/02, 8377/01); ciò anche in rapporto alle ineludibili esigenze di celerità e certezza nell’applicazione dell’agevolazione”.

  • Con l’ordinanza n. 271 dell’8 gennaio 2013 (ud. 11 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che i benefici prima casa spettano solo se il contribuente risiede o lavora nel comune ove ha acquistato l’immobile.Nel caso in questione, la Corte cassa il ragionamento operato dalla CTR che faceva riferimento ad una bolletta per lafornitura di energia elettrica e ad una dichiarazione delMaresciallo dei Carabinieri, che la stessa CTR definisceoggettivamente resa in termini generici“. Infatti, i giudici di secondo grado non danno contezzadell’iter logico seguito e dei concreti elementi utilizzati nelpercorso decisionale, per giungere ad affermare il trasferimento diresidenza, considerato, peraltro, che lo stesso Maresciallodichiarante aveva riferito di dimora giustificata dalla “paura disubire furti del materiale edile lì riposto e custodito” e non anche ditrasferimento di residenza del nucleo familiare e del relativo arredo. La Cassazione, di conseguenza, valorizza le circostanze fattuali evidenziate dall’Agenzia delle Entrate, quali le risultanze del certificato storico di residenza, nonchè che la bolletta esibita non afferiva ad utenza per l’approvvigionamento di energia elettrica di una casa per civile abitazione, bensì funzionale alla mera esecuzione dei lavori edili.

  • Con l’ordinanza n. 6834 del 19 marzo 2013 (ud. 13 febbraio 2013) la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di agevolazioni prima casa. Il mancato trasferimento della residenza anagrafica nel diverso Comune in cui l’immobile si trova, era stato dovuto a mera dimenticanza, ma la documentazione acquisita comprovava che in realtà gli acquirenti vi abitavano di fatto sin dal mese di maggio 2003.Per la Corte, il pensiero della CTR, che non considerava che il dato anagrafico è indispensabile per la fruizione del beneficio in argomento, non potendo avere rilievo alcuno la negligenza, peraltro addotta, potendo giustificare l’omissione soltanto la forza maggiore, ovvero il lavoro prestato all’estero o nello stesso Comune in cui l’unità immobiliare sia ubicata, è errato.Attesa la lettera e la formulazione della norma, nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, come nella specie, o all’eventuale successivo ottenimento della residenza, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio che deve sussistere alla data dell’acquisto, ovvero entro il termine prescritto. Semmai avrebbe potuto darsi considerazione alla dedotto dato fattuale soltanto ove i contribuenti stessi avessero dimostrato di essersi attivati tempestivamente, e che l’eventuale ritardo fosse stato dovuto unicamente all’ente territoriale, ipotesi non ricorrente nel caso in esame (cfr. anche Cass. Ordinanza n. 1530 del 02/02/2012, Sentenza n. 4628 del 22/02/2008). Nè è possibile alcuna interpretazione di tale normativa che ne amplii la sfera operativa, atteso che, com’è noto, le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (V. pure Cass. Sentenza n. 10807 del 28/06/2012)”.

  • Con la sentenza n. 11614 del 15 maggio 2013 (ud. 28 novembre 2012) la Corte di Cassazione (nel caso di specie la contribuente non aveva stabilito la sua residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile nel termine, un anno dall’atto, previsto dalla norma, pur se aveva presentato la richiesta di residenza in data 11-06-1999, quindi entro il termine di un anno dalla stipula, e che siffatta richiesta, in un primo tempo rigettata, era stata poi accolta in data 13-09-1999 – al fine di dimostrare l’effettiva residenza, in sede contenzioso, produceva varia documentazione, in particolare, copia contratto allacciamento ENEL 01-09-1998 e ITALGAS 18-11-1998 nonchè denuncia 01-10-1999 ai fini TARSU) ha affermato che “In base a consolidata giurisprudenza di questa Corte la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa, regolata da una normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cass. nn. 8377 del 2001, 26115 del 2005, 1173 e 4628 del 2008, 144389/2010), richiede, in base alla disciplina introdotta a partire dal D.L. n. 12 del 1985, art. 2, che l’immobile sia ubicato nel Comune ove l’acquirente ha, ovvero (come previsto dalle norme successivamente introdotte) stabilisca la residenza entro un determinato termine dall’acquisto (nella specie, regolata ratione temporis dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, un anno), senza che, attesa la lettera e la formulazione delle norme medesime, alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, né all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo proprio la residenza il presupposto per la concessione del beneficio; sempre in base alla lettera ed alla formulazione della norma, alcuna rilevanza può infine essere riconosciuta ad una domanda di trasferimento della residenza anteriormente (ed in termini) formulata dall’interessato, alla quale è seguita il rigetto da parte del Comune, con provvedimento immune da vizi e comunque non contestato (conf. Cass. 4628/08; 14399/2010; 1530/2012)”. Nel caso in questione, il giudice di appello, pur avendo constatato la mancata concessione della residenza nel termine di legge e pur non risultando nemmeno adombrato un qualche effetto retroattivo alla concessione della residenza in accoglimento di successiva richiesta della contribuente o un qualche vizio del precedente provvedimento di rigetto, ha affermato la spettanza del beneficio sulla sola base della stipula dei “contratti dell’energia elettrica, del gas” e della “denunzia ai fini della tassa spazzatura“, ed ha, in tal modo, contraddetto il richiamato principio di diritto, non considerando peraltro che la fornitura di energia elettrica e di gas e la denunzia della tassa concernente lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sono necessarie anche per soggetti non residenti e, quindi, non dimostrano affatto l’effettivo trasferimento della residenza, neanche nel senso di fissazione della propria “dimora abituale” (giusta la nozione desumibile dall’art. 43 c. 2c.c.), nell’immobile acquistato.

 

12 settembre 2013

Francesco Buetto

1 Cfr. R.M. n. 76/E del 26 maggio 2000.